Libia, liberi due ostaggi italiani operai della Bonatti
Nella giornata di ieri si sono inseguite diverse versioni sull’accaduto, rilanciate poi dai media italiani. Si è passati dalla prima, che li vedeva scappati da soli dalla casa in cui erano tenuti prigionieri a quella ritenuta adesso come ufficiale secondo cui sarebbero stati liberati durante un blitz della polizia locale di Sabratha. Lo stesso biglietto scritto dai due operai sequestrati per dire che stavano bene al momento della liberazione porta la data sbagliata.
Anche sulla vera identità dei rapitori c’è parecchia confusione: si parla di Isis anche se probabilmente sono stati sequestrati da una delle tante fazioni che si scontrano nello scenario libico, tra capi tribù, signori della guerra ed ex generali fedeli a Gheddafi che ai paesi Nato fa comodo mettere tutti sotto la definizione di Isis, considerato che si deve giustificare in qualche modo un intervento militare che inizierà, con ogni probabilità, a breve.
Il legale della famiglia di Failla (anch’egli operaio della Bonatti ammazzato in circostanze non chiare il giorno prima del rilascio di Pollicardo e Calcagno) fa sentire una voce critica in questo teatrino d’altri tempi. “Dopo tante reticenze, segreti e misteri, la famiglia Failla pretende delle spiegazioni. Come è stato possibile che appena 24 ore dopo la morte di Salvatore Failla e Fausto Piano siano stati liberati gli altri due connazionali? Al di là della bella notizia legata alla loro liberazione, la famiglia Failla vuole vederci chiaro in questa vicenda e qualcuno dovrà pur darle delle risposte. Sarà nominato un consulente tecnico che possa prendere parte all’accertamento medico legale disposto dalla procura di Roma quando saranno riportate in Italia le salme”.
Val la pena sottolineare come l’Italia sia uno dei pochi paesi che, quando qualche connazionale viene sequestrato, generalmente paga i riscatti rischiesti per la liberazione degli stessi; così quadagnano tutti: dai mediatori, che si intascano una parte del riscatto, al governo che non si deve accollare delicati interventi di forze speciali che possono, come molto spesso succede, finire male. Magari anche le milizie, alleate dell’Italia, che li hanno in custodia in questo momento, vorrebbero quadagnarci qualcosa e li trattengono e ritardano il rientro?
Questa storia ricorda sempre più da vicino, nel suo scopo, la storia della diga di Mosul: fumo negli occhi per giustificare un intervento militare che nessuno vuole e che potrebbe mettere duramente in difficolta Renzi e il suo governo.
A prescindere da come sia andata la vicenda in se è evidente come il governo Renzi, lanciato per l’intervento militare, con la maggior parte dei media main stream in completo delirio neocoloniale, non si potesse permettere di lasciare i due nelle mani dei sequestratori considerando che buona parte degli italiani non sta accogliendo bene questa nuova guerra.
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