Microsoft – Skype, ultima chiamata per il mobile
La mossa di Microsoft è dettata dal timore di restare ancora una volta indietro nella corsa allo sviluppo tecnologico e marginalizzata nel panorama dei nuovi terreni di valorizzazione informazionale, prima con il passaggio dalla centralità dell’esperienza desktop a quella in rete (fase che vede l’affermazione di Google ed il non casuale tentativo di risposta della grande M con l’acquisto di Bing) e poi con l’allargamento della fruizione della rete dal pc fisso ad una serie di dispositivi mobili.
Infatti, durante il recente ventennale di Linux, le dichiarazioni trionfanti dei portavoce della fondazione omonima hanno rispecchiato una realtà inequivocabile: l’egemonia di Wintel (il portmanteau che riassumeva il predominio del sistema operativo di Microsoft unito a quello dei processori e delle architetture Intel sul mercato dei personal computer) è al capolinea, e con essa un’intera forma di produzione economica informazionale. Non tanto perché la coppia non continui a godere di una considerevole base d’utenza (Windows è installato su oltre il 90% dei personal computer) quanto perché sono mutate le piattaforme di accesso al web, le loro interfacce e le finalità dei loro utenti.
Uno sciame di dispositivi che dialoga al meglio con e verso quegli stessi sistemi operativi liberi che dominano dal lato server del cloud computing (termine che indica la molteplicità di applicazioni e servizi web a cui accedere da remoto attraverso il proprio elaboratore) e che alcuni hanno cercato di ricomprendere nell’altro portmanteau Armdroid (Android ed ARM – rispettivamente il sistema operativo (made in Google) ed il processore più in auge sugli attuali dispositivi mobili).
Una conformazione che la casa di Redmond ha cercato prima di anticipare – con la fallimentare introduzione delle specifiche TabletPC nel 2002 – e poi di rincorrere – siglando accordi per portare il proprio Windows 7 anche sugli smartphone con vari produttori. Tra questi la finlandese Nokia, il cui CEO Elop vanta un passato nella divisione business di Microsoft, e che sta cercando di riprendersi dai diversi rovesci dei mesi scorsi: pur continuando a dominare in Europa il mercato dei telefonini di fascia bassa, a livello globale l’azienda di Espoo si è ritrovata offuscata dal protagonismo di altri attori come Samsung, mentre il suo sistema operativo Symbian si è dimostrato incapace di contenere l’avanzata delle controparti di Apple e Google (il cui già citato Android si sta avviando al dominio del mercato dei sistemi operativi mobili). Condizione che ricorda un po’ quella di MySpace nel 2006: allora dominante nel panorama dei social network, ma la cui mancata implementazione di applicazioni interattive come il “mi piace” ed il commento integrato con AJAX si è rivelata fatale.
Basterà quindi l’acquisizione di Skype a dare a Microsoft la spinta finale per superare questi limiti e proiettarsi stabilmente nella nuova realtà del web mobile?
Di certo, il nuovo arrivato si pone in linea con la filosofia di altre proposte targate Microsoft come Internet Explorer e MSN: da sempre un software gratuito ma chiuso, dal codice inaccessibile, sembra improbabile che l’acquisizione di Microsoft dia a Skype una sterzata in senso contrario o che ne colmi le lacune nelle implementazioni sulle piattaforme non-Windows (su tutte, lo sviluppo del client GNU/Linux che languisce tre versioni dietro agli altri e due gravi bug di sicurezza su MAC e su Android che prima di essere risolti hanno spalancato a terzi le porte degli account degli utenti e delle informazioni ad essi collegate).
L’altro grande attore del web ad uscire rafforzato da questa vicenda sembra essere Facebook (di cui, non dimentichiamolo, Microsoft detiene una piccola, ma significativa, quota azionaria), già parzialmente integrato con il client Skype (ancora, esclusivamente nella sua versione Windows).
Il che potrebbe portare altri pesi massimi come Google a potenziare applicativi alternativi propri (Google Voice), a svilupparne di nuovi o, come successo con Mozilla Firefox, a finanziare di terzi già esistenti – come Ekiga ed Asterisk, adottati dalla comunità del software libero da sempre avversa alle policies proprietarie di Microsoft. Il dato di fatto resta tuttavia quello del passaggio della web application per eccellenza, un servizio utilizzato da milioni di persone, nelle mani di una delle aziende già ai tempi della New Economy sinonimo di opacità ed insicurezza del software ed appropriazione del lavoro altrui a suon di brevetti; in quella che oggi si pone come l’ennesima concentrazione oligopolistica informazionale, in barba ad ogni apologia del web come inverazione del libero mercato ed utopia realizzata della sua mano invisibile.
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