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Prefazione di Premières Secousses, il libro di Soulèvements de la Terre

Abbiamo tradotto la prefazione del libro dei Soulèvements de la Terre dal titolo Premières Secousses, uscito ad aprile per le edizioni La Fabrique.

«Nessuno sa come andranno le cose.

Si temono molte catastrofi. Ma nessun timore cancella la gioia di vedere quelli che sempre, per definizione, chinano la testa, rialzarla. […]

Oggi, nessuno può ignorare che coloro ai quali è stato assegnato come unico ruolo su questa terra di piegarsi, sottomettersi e tacere, si piegano, si sottomettono e tacciono solo nella misura precisa in cui non possono fare altrimenti. Ci sarà qualcos’altro? […] Il futuro lo dirà; ma questo futuro, non bisogna aspettarlo, bisogna crearlo. »

Simone Weil, « La vita e lo sciopero degli operai metallurgici», 1936

Usciti dal lockdown, l’isolamento e il ripiegamento sulla vita domestica sembravano chiudere le brecce aperte dai movimenti degli anni precedenti. Come se – dopo la rivolta dei Gilet Gialli – la possibilità di ravvivare i conflitti politici fosse stata soffocata. Eppure.

Negli ultimi mesi, una battaglia accanita contro la riforma delle pensioni ha fatto risuonare ovunque l’ostilità sociale contro la «start-up nation». La regione Deux-Sèvres ha improvvisamente visto tutta la Francia scagliarsi contro l’accaparramento dell’acqua. I mega-bacini sono diventati fortezze assediate, un simbolo emblematico dell’esondazione offensiva contro il disastro ecologico. L’omicidio razzista di Nahel da parte della polizia ha infiammato molte città francesi. L’eruzione di sommosse, saccheggi e incendi ha avuto fine solo con l’incarcerazione massiccia dei giovani rivoltosi. L’anno 2024 si è aperto con i clamorosi blocchi degli agricoltori esasperati e il gioco di prestigio della FNSEA per contenere la rivolta. Questa rabbia potente non ha alcuna ragione di placarsi. Il governo, con le sue misure, crede di poter spegnere l’incendio con la benzina.

Soulèvements de la terre prende parte a questo ritorno della conflittualità. Abbiamo scelto di costruire una forza che si concentra sulla difesa delle terre e dell’acqua. Ma la nostra azione acquista tutto il suo significato solo accanto ad altri movimenti: contro le violenze della polizia e l’ascesa del fascismo, contro il caro vita e lo sfruttamento sul lavoro, contro le violenze sessiste e neocoloniali. Quando tutto va in malora – dalle conquiste sociali ai nostri ambienti vitali – la necessità di organizzarci insieme e di resistere si impone. Il futuro è troppo precario per restare soli. Forze divergenti si aggregano. Gruppi si alleano e si organizzano. Fronti si cristallizzano, a volte corporativi, a volte classe contro classe, a volte territoriali, a volte polimorfi.

Prendere posizione. Rafforzare le lotte territoriali. Assumere azioni dirette di massa. Lavorare e rielaborare i nostri legami. Non lasciarsi mai ridurre alle identità che ci vengono assegnate. Non credere mai che le nostre forze bastino a sé stesse. Queste sono le intuizioni alla base di Soulèvements de la terre.

Chi siamo?

Soulèvements de la terre nasce dall’incontro di 200 persone sulla ZAD di Notre-Dame-des-Landes nel gennaio 2021.

Siamo gruppi giovani – in particolare Extinction Rebellion e Youth For Climate – indignati dall’urgenza climatica. Siamo stati centinaia di migliaia. Il nostro movimento ha generato forme massicce di adesione e formazione. Ma le nostre modalità di azione rivendicative o spettacolari hanno prodotto solo assensi paternalistici da parte dei governanti, senza farli muovere di un millimetro.

Siamo combattuti, da un lato, dall’imperativo viscerale di continuare a colpire più forte le infrastrutture che ci lasciano senza futuro, dall’altro, dal desiderio di stabilirci da qualche parte con i nostri pari per mettere radici.

Siamo contadini che producono cibo in modo sostenibile, prendendosi cura delle terre che lavorano. Rifiutiamo di essere strangolati tra il suicidio economico e il suicidio per pesticidi. Produciamo la carne, la frutta, la verdura e i cereali che tutti vorrebbero mangiare. Le nostre fattorie restano tuttavia minoritarie in un mondo agricolo dominato dai baroni dell’industria. Senza un movimento di massa che vada oltre le nostre rivendicazioni settoriali pur abbracciando la nostra causa, siamo condannati a servire da trampolino per misure a breve termine che favoriscono l’agroindustria piuttosto che garantirci un reddito dignitoso.

Siamo persone provenienti da gruppi autonomi che hanno affinato la loro capacità di intervento nel corso degli anni. Abbiamo vissuto i movimenti CPE, le lotte liceali e studentesche, il combattimento contro la legge sul lavoro e i suoi cortei straripanti. Abbiamo sperimentato esperienze comunitarie in zone da difendere o altrove. Ci siamo integrati nelle lotte dell’epoca per infondere la dose di vitalità e combattività necessaria a certe vittorie. Ma la nostra rivolta si disperde talvolta in una conflittualità frammentata. Le nostre secessioni e le nostre diserzioni ci confinano a momenti in una controcultura abrasiva, ma priva di ogni radicamento popolare. La nostra riluttanza a formulare proposte e ad assumere le contraddizioni che ne derivano può talvolta privarci di prospettive rivoluzionarie.

Siamo collettivi locali e abitanti risoluti a fermare i cantieri che minacciano di annientare i nostri luoghi di vita, a difendere corpo e anima i nostri quartieri o i nostri villaggi, a fondersi con il paesaggio, nelle foreste o nelle montagne di fronte alle minacce di distruzione. Riuniamo, a sostegno dei territori che amiamo, una somma di conoscenze, di spazi-risorsa, di mestieri e di know-how. Abbiamo superato insieme un certo numero di tappe, organizzato riunioni e manifestazioni, ma le nostre sole forze spesso non bastano a prevalere sul campo, e la portata delle nostre vittorie territoriali è troppo limitata per fermare la devastazione.

Da tutte queste pratiche e culture politiche è nata una potenza comune. Essa non ha mai smesso di crescere man mano che il movimento si è ampliato. Da tre anni, constatiamo ciò che questo aggregato di forze suscita in termini di spostamenti e superamenti.

Cosa ci anima

Le nostre azioni si dispiegano su due campi allo stesso tempo specifici e trasversali: l’artificializzazione dei suoli e l’accaparramento delle terre e dell’acqua. Abbiamo preso parte – come altri movimenti che scuotono il paese – all’azione diretta di massa. Colpire forte e colpire nel posto giusto, in migliaia e alla luce del sole. Ogni mobilitazione di Soulèvements de la terre include almeno una di queste tre forme di intervento:

  • il blocco, ovvero la sospensione più o meno lunga di un’infrastruttura responsabile del disastro ecologico e dai flussi da cui questo dipende. Impedire l’accesso a un sito industriale, fermare un cantiere, rendere muta una rampa autostradale.
  • il disarmo, cioè la distruzione di infrastrutture o cantieri che accelerano la catastrofe in corso.
  • l’occupazione di terre, ovvero l’invasione di zone umide, prati, foreste o terre agricole minacciate. Possono prendere la forma di coltivazioni, installazioni di luoghi di vita, giochi, produzione, organizzazione, abitazioni o fattorie contadine.

Al cuore di Soulèvements c’è la volontà che questi gesti siano portati avanti da folle disparate, dove si mescolano giovani e anziani di vari orizzonti, dove si incontrano contadini, operai, salariati e disoccupati, dove si mescolano abitanti venuti da qui e da altrove. La gioia e la potenza di un’organizzazione risiedono nella diversità degli incontri che essa rende possibili, nella sua capacità di abbattere le barriere che di solito ci separano.

Portiamo avanti mobilitazioni pubbliche che si dotano dei mezzi per avere un impatto concreto. Ci impegniamo a diffondere e a rendere popolari i gesti e le pratiche che lo permettono. Contrariamente alle manifestazioni rivendicative senza risposta che aumentano la rassegnazione, vogliamo tornare da una manifestazione con il sentimento che qualcosa sia cambiato: una terra è stata protetta, un’infrastruttura tossica è stata ostruita.

Oltre al loro impatto materiale, i nostri blocchi, le nostre occupazioni e e le nostre azioni di disarmo cercano di rafforzare la nostra capacità di agire collettivamente. Poniamo questo obiettivo molto al di sopra della volontà di allertare le istituzioni o di sensibilizzare l’opinione pubblica. Se le persone vengono e tornano alle manifestazioni di Soulèvements de la terre, è senza dubbio perché vi trovano un senso comune e una presa sui nostri territori attraverso l’azione comune.

Nonostante la serietà delle questioni, i rischi legali e fisici, per noi è importante che le nostre azioni siano anche delle feste. Che includano un aspetto artistico visibile sugli striscioni, scritti con una bella calligrafia e cuciti in modo armonioso. Che in queste vengano trasportate tartarughe gonfiabili e carri sontuosi minuziosamente preparati. Che si concludano con karaoke, concerti e interventi originali. Ridicolizzare l’avversario e provare gioia insieme sono disposizioni fondamentali per mantenersi uniti nel lungo periodo.

Un atto di Soulèvements de la terre risponde al bisogno di superare una determinata soglia per una lotta radicata in un territorio. Parte sempre da un incontro, da una storia: l’aggregazione delle nostre capacità modifica le modalità d’azione, aumenta la visibilità del conflitto e la convergenza delle forze che vi partecipano. Un atto interviene generalmente quando un insieme di leve è stato azionato ma è giunto il momento di andare oltre.

Durante questi primi tre anni, abbiamo tentato di fermare insieme distruzioni imminenti. Ogni volta che ci siamo ritrovati in un luogo, ci siamo promessi di tornare a insistere se necessario. Le persone che animano resistenze locali hanno preso l’abitudine reciproca di spostarsi per supportare altre azioni di Soulèvements altrove. Cammin facendo, ci siamo posti l’obiettivo di ottenere vittorie più ampie, su scala di una filiera o di un tipo di progetto.

Prime scosse

L’obiettivo di questo libro è condividere la nostra storia, mettere parole su atti per ampliarne e precisarne la portata. Ci sforziamo di formulare e condividere le nostre scelte etiche e strategiche, di tracciare un primo bilancio per continuare meglio. Siamo in molti ad aver scritto i testi che compongono questo libro a partire da discussioni e riflessioni collettive. Decine di altre persone li hanno aspramente dibattuti, commentati, annotati per mesi. Tutti danno vita al movimento partecipando alle diverse commissioni di Soulèvements de la terre.

Scriviamo al presente, presi nella frenesia di un anno in cui le azioni si sono susseguite a ritmo sostenuto e in cui abbiamo dovuto affrontare arresti e minacce di scioglimento. Questo libro aveva tutte le probabilità di essere vietato e messo al macero nel momento in cui abbiamo iniziato a scriverlo. La sua redazione è stata molte volte disturbata dall’urgenza e dalla necessità di agire. Finalmente ci prendiamo il tempo di esplicitare le necessità e le eredità su cui si basano le nostre azioni, di riflettere sul nostro percorso di tre anni, di dire di più rispetto ai nostri appelli, volantini e comunicati stampa.

Nel marais Poitevin, i contadini sono soliti dire «nella vita, ci sono coloro che parlano e coloro che fanno». Abbiamo fatto nostra questa massima. Iniziamo sempre con il fare, a contatto con la realtà. Il libro è quindi costruito intorno a racconti che mirano a far percepire ciò che abbiamo vissuto, cercando di identificare gli effetti e i limiti delle nostre azioni, per trarre lezioni e affinare le nostre strategie e tattiche.

Da questi racconti d’azione emergono ipotesi politiche. Un’azione pone un gesto che può essere ripreso, estendersi e risuonare con altre altrove. Contiene un significato, traccia una direzione, disegna una prospettiva. Piuttosto che affermare certezze ideologiche, abbiamo scelto di formulare ipotesi e assumiamo la loro parte di fragilità e incompletezza. Di fronte all’entità del disastro e alla forza schiacciante di ciò che dobbiamo affrontare, le nostre proiezioni politiche sono in fase di abbozzo e di ricerca.

Le nostre ipotesi si scontrano con dei paradossi. A contatto con la realtà emergono difficoltà e contraddizioni. Non cerchiamo necessariamente di risolverle in fretta, ma piuttosto di individuarle e dichiararle per navigare meglio attraverso questi problemi identificati, che non devono né paralizzarci né essere negati, al rischio di incagliarsi contro di essi.

Questo libro è costellato di posizioni. Abbiamo voluto situarci lungo le linee di frontiera che dividono l’ecologia politica, intesa come un campo di battaglia e non come un campo omogeneo. Abbiamo scelto di prendere posizione quando necessario, di decidere per meglio delimitare le nostre alleanze e i nostri antagonismi, pur assumendo l’eterogeneità delle posizioni all’interno del nostro movimento.

Non contiene nulla di definitivo. Per le inevitabili sviste e gli errori di valutazione che contiene, ci scusiamo in anticipo. Non è né un breviario teorico, né un manuale militante, né un programma politico. Ciò che propone è semplice: «nient’altro che pensare ciò che facciamo». Condividere ciò che si gioca all’interno del movimento con le decine di migliaia di simpatizzanti, curiosi o scettici e i 200 comitati locali. Che passi di mano in mano, susciti discussioni, obiezioni, proposte… Che sia come una scintilla gettata per alimentare la fiamma del movimento.

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pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

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