Roma. Vietato parlare seriamente di foibe. Durante la conferenza di storia sbarca la polizia
In questi anni si sono moltiplicati le iniziative sulle foibe grazie alla cosiddetta giornata del ricordo. Di fatto la questione è diventata una sorta di passerella per i neo-fascisti, in cui gli episodi delle foibe vengono affrontati nel pressappochismo e nella malafede in un’opera di speculazione politica piuttosto squallida. Quando questo tipo di bassa operazione politica è stata contestata, vari gruppi neo-fascisti hanno sempre protestato parlando di censura e altre amenità. La verità è che in Italia sulle foibe può esistere solo il pensiero unico dei neo-fascisti. Esiste infatti una storica friulana, Alessandra Kersevan, che più di tutti negli ultimi anni si è applicata nel ricostruire l’esodo giuliano-dalmata, la realtà storica della questione foibe e la pulizia etnica effettuata dall’esercito italiano in Jugoslavia. Per questo ha subito in questi anni intimidazione dai vari partitini neo-fascisti che provano regolarmente a impedirle di parlare. A volte con l’aiuto della polizia. Ecco cosa è successo al liceo Pasteur di Roma dalle parole di alcuni docenti e membri del personale ATA.
Apprendiamo con preoccupazione che i controlli della Polizia di Stato compiuti nel Liceo “L. Pasteur” di Roma durante la conferenza di martedì 6 febbraio “Foibe: verità e revisionismo storico” sono stati richiesti dalla Dirigente scolastica.
Il referente del progetto didattico “Guerra e lavoro”, la relatrice della conferenza, i docenti, gli studenti, il personale A. T. A. non sono stati né consultati né informati di questa visita. La dirigente ha dichiarato di aver chiamato la polizia per motivi di sicurezza, viste le precedenti contestazioni neofasciste nei confronti della storica Alessandra Kersevan, relatrice della conferenza. La polizia si è presentata in borghese e armata nella scuola, era sprovvista di tesserino per visitatori, ha eseguito riprese video, ha prelevato da una parete la locandina della conferenza in questione, è entrata in aula magna durante l’incontro.
Questa presenza indecifrabile ha destato inquietudine e tensione presso vari professori, membri del personale ATA e studenti che hanno respirato un clima tutt’altro che rassicurante. Studiosi e organizzatori non si sono sentiti tutelati ma controllati e intimiditi. Un ambiente di apprendimento libero non tollera condizionamenti. Né le organizzazioni neofasciste né i controlli delle forze dell’ordine né la subcultura della par condicio devono limitare le nostre ricerche. Nella nostra scuola si sta facendo sempre più frequente il ricorso alla polizia e ai suoi metodi: cani poliziotto e perquisizioni, conferenze con polizia in cattedra e invito alla delazione per gli studenti più piccoli, controlli e intimidazioni per le conferenze non gradite. Si stanno introducendo cambiamenti di indirizzo culturale che contraddicono una tradizione di chiarezza riguardo al confine tra il ruolo dell’educatore e quello delle forze dell’ordine: una cultura repressiva che rischia di confondere lo stesso docente. Una scuola che ha paura e che scoraggia la libera ricerca, non è una scuola critica e antifascista.
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