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Tonino Miccichè, crucifissu cumu a Cristu!

Senza il libro di Filippo Falcone, Morte di un militante siciliano (1999) probabilmente si sarebbe persa quasi del tutto la memoria. Con la necessità di ricordare viene orgganizzato il festival “Memoria e Utopia per Tonino Miccichè” a Pietraperzia, il 9, 10 e 11 maggio.

di Angelo Maddalena, da La bottega del Barbieri

Rocco D’Anna poco tempo fa mi ha fatto notare che senza il libro di Filippo Falcone, Morte di un militante siciliano (1999), di Tonino Miccichè probabilmente si sarebbe persa quasi del tutto la memoria, perché la memoria è un ingranaggio che va oliato, non solo per alimentare la nostalgia, ma per rielaborare il nostro vissuto individuale e collettivo.

Diceva Rocco che di Tonino Micciché non si sapeva né si diceva più nulla (a parte gli amici e i compagni di militanza che hanno continuato a ricordarlo quasi ogni anno a Torino, il 17 aprile di ogni anno), fino a quando, appunto, Filippo Falcone, dopo 25 anni dalla morte di Tonino, non si è preso la briga di ricostruire la sua vicenda nell’ambito dei “meridionali nella Torino degli anni ‘70”. Purtroppo, parlare e raccontare di una persona o di fatti storici vicini e lontani, non sempre basta a ricostruire un mondo nella sua complessità, c’è sempre il rischio della retorica o della celebrazione o della riduzione, ma Filippo Falcone è riuscito a evitare tutti questi scogli e queste possibili derive.

Un libro, il suo, che forse meritava una più ampia diffusione e una casa editrice di più ampio respiro, e anche in questo caso, è stato Andrea Surbone con la sua piccola casa editrice Lighea a investire su un libro che non prometteva, come quando si raccontano storie vere e tragiche, che “frugano nelle ferite”, come direbbe Emil Cioran, chissà quali vendite e quali guadagni.

Adesso il libro sarà ripubblicato da una casa editrice di più ampio respiro, trovata anche grazie ai consigli e ai contatti di Andrea, che nel frattempo non pubblica più libri con la casa editrice Lighea. L’intervista alla mamma di Tonino Micciché e al fratello e alla sorella, che io per un incrocio di fattori ho visionato il 17 aprile del 2025, nel cinquantesimo anniversario della morte di Tonino, è uno spunto per ricollegarsi alla memoria e all’utopia di cui il libro di Filippo è un esempio luminoso.

La madre, tra le altre cose, dice che ha sognato, la prima notte dopo il funerale di Tonino, che Tonino veniva crocifisso e lei chiedeva di non piantare i chiodi sul corpo del figlio. Apro un piccolo spunto che è una coincidenza: mentre rileggevo il libro di Filippo, mi era venuto in mente un’idea per una sceneggiatura di un docufilm in cui volevo rappresentare Tonino Micciché come un Cristo crocifisso dei nostri giorni, insieme a Pier Paolo Pasolini e a Vittorio Arrigoni. La madre di Tonino mi conferma e restituisce questa “visione”. Un altro elemento interessante è il rifiuto di 9 milioni di lire, da parte della famiglia di Tonino, come risarcimento per la morte del figlio, “perché non me ne faccio niente dei soldi, non mi restituiscono neanche un dito di mio figlio i soldi”. É un gesto di rifiuto che accomuna la madre di Tonino a molte madri di Plaza de Mayo, che hanno rifiutato soldi dal governo argentino come compensazione per i figli desaparecidos durante la dittatura militare argentina.

Le madri dicono: “Chiediamo memoria e giustizia e non soldi per dimenticare”. La madre e la sorella di Tonino, nell’intervista pubblicata da Marco Falvella su vimeo, per l’iniziativa Urla nel silenzio, chiedono solo che la storia di Tonino non venga dimenticata e che venga rispettata la sua testimonianza come quella di tanti altri operai e militanti. Mi piace pensare che il mio monologo Tonino Micciché sarai ricordato, risponda a questa esigenza: ho voluto parafrasare la frase dei compagni di lotta di Tonino: “Tonino Micciché sarai vendicato”, mettendo “ricordato” al posto di “vendicato”. Nell’intervista si nota la richiesta di parole per raccontare e ricordare, rispettando la vicenda umana, prima che politica e militante, di Tonino.

È questo rispetto dell’umanità che spesso manca, per diversi motivi: pigrizia mentale, campagne mediatiche disumanizzanti, tentativo di dimenticare o di minimizzare le storie che richiederebbero ricerca, studio, attenzione, cura, è proprio questo forse che manca: la cura, quell’I care che don Lorenzo Milani invocava, dicendo quelle parole che ancora oggi possono costituire un riferimento forte e chiaro: «I care, a me importa, mi sta a cuore, è il contrario esatto del motto fascista “me ne frego”». Dove per fascismo non si intende necessariamente un atteggiamento partitico o politico, bensì un atteggiamento interiore: che ci diciamo cristiani o comunisti o fascisti, nel fondo delle cose, quello che ci caratterizza è la capacità, la volontà e lo sforzo di prendere a cuore qualcosa o qualcuno o meglio ancora curare, e cura è anche attinente allo studio, alla ricerca, che vuol dire sapere scavare per fare memoria e cercare verità e giustizia, accettando la sfida della cura che costa fatica mentale, sensoriale, spirituale, sociale, individuale, in una parola: integrale.

E’ con questo spirito che organizziamo il Festival Memoria e Utopia per Tonino Miccichè a Pietraperzia, il 9, 10 e 11 maggio.

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