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Carceri: il rapporto di metà anno dell’associazione Antigone

Carceri. Antigone “Emergenza penitenziaria: sovraffollamento, caldo insopportabile e diritti calpestati. Il carcere continua a essere un’emergenza ignorata”.

di Andrea Oleandri, da Osservatorio Repressione

Aumentano le persone detenute, peggiorano le condizioni di vita, si moltiplicano le proteste, i suicidi e le segnalazioni di trattamenti inumani. È questa la fotografia impietosa che offre “L’emergenza è adesso”, Rapporto di metà anno dell’Associazione Antigone (disponibile a questo link), frutto di 86 visite negli istituti penitenziari italiani effettuate negli ultimi 12 mesi dal nostro Osservatorio.

Al 30 giugno 2025 le persone detenute erano 62.728, in aumento di 1.248 unità rispetto all’anno precedente. A fronte di una capienza regolamentare di 51.276 posti, e con oltre 4.500 letti indisponibili, il tasso di affollamento reale si attesta al 134,3%. In ben 62 istituti il sovraffollamento supera il 150%, e in 8 casi addirittura il 190% – come a San Vittore, Foggia, Lodi e Roma Regina Coeli. Nel 35,3% degli istituti visitati c’erano celle in cui non erano garantiti 3mq a testa di spazio calpestabile.

Mentre il Governo annuncia piani irrealistici e promesse che si ripetono da vent’anni, i numeri smascherano l’assenza di strategie efficaci. Il tanto decantato piano di edilizia penitenziaria prevede 7.000 nuovi posti entro fine anno, ma nell’ultimo anno ne sono stati realizzati appena 42. Di contro, i posti effettivi disponibili sono diminuiti di 394.

Nel frattempo, la custodia chiusa riguarda oltre il 60% delle persone detenute, costrette a rimanere per ore in celle sovraffollate e bollenti. In piena estate, senza ventilazione adeguata e con accessi limitati all’acqua, la vita quotidiana in carcere è disumana. Le celle raggiungono i 37 gradi, con ventilatori acquistabili solo a pagamento e a numero limitato.

Gravissima anche la situazione nelle carceri minorili, dove si dorme su materassi a terra, mancano le ore d’aria, e l’utilizzo di psicofarmaci è in allarmante crescita. Dopo l’entrata in vigore del Decreto Caivano, gli Istituti Penali per Minorenni hanno visto un aumento del 50% della popolazione detenuta in meno di tre anni. Oggi più del 60% dei ragazzi presenti è ancora in attesa di giudizio. Sono 91 i minorenni trasferiti in istituti per adulti solo nella prima metà del 2025.

Tra i provvedimenti più recenti, il Governo ha approvato un disegno di legge che prevede la detenzione domiciliare in comunità terapeutica per le persone tossico o alcol-dipendenti con pena residua fino a 8 anni. Ma dietro l’apparente apertura si cela un’impostazione sbagliata: la nuova misura sostituisce l’affidamento in prova – già previsto per pene fino a 6 anni – con una forma comunque detentiva. In pratica, si sacrifica uno strumento più aperto e rieducativo in favore di un altro più restrittivo, escludendo tra l’altro le persone recidive con una pena superiore ai due anni, che rappresentano proprio la parte più fragile e bisognosa di supporto, in un sistema penitenziario dove il 62% dei detenuti è già stato almeno una volta in carcere. Una vera soluzione al problema può venire solo dalla depenalizzazione del consumo di sostanze, e da un rafforzamento delle misure comunitarie e socio-sanitarie.

La condizione sanitaria non è migliore. Il 14,2% delle persone detenute ha una diagnosi psichiatrica grave, e il 21,7% assume stabilizzanti dell’umore, antipsicotici o antidepressivi. Ma in 29 istituti il medico non è presente di notte. Manca personale, e anche se i concorsi sono stati banditi, il sovraffollamento rende ogni sforzo insufficiente.
Il disagio si manifesta con numeri allarmanti: 22,3 atti di autolesionismo e 3,2 tentati suicidi ogni 100 detenuti. I suicidi registrati da inizio anno sono 45, un dato altissimo, secondo solo al 2024, l’anno peggiore di sempre. I soggetti più fragili – giovani, persone con disagio psichico, senza fissa dimora – pagano il prezzo più alto.

A fronte di tutto ciò, le misure alternative esistono ma non vengono applicate abbastanza. Al 30 giugno erano 23.970 le persone con una pena residua sotto i 3 anni: potenzialmente idonee a scontare la pena fuori dal carcere, ma in larga parte dimenticate. Nel frattempo, più di 100.000 persone stanno scontando pene in esecuzione esterna, ma il dato non basta a frenare l’aumento in carcere.

“Antigone denuncia da anni come la detenzione debba essere extrema ratio, non una scorciatoia repressiva. L’attuale Governo, invece, risponde all’emergenza con l’inasprimento delle pene, l’introduzione di nuovi reati, l’illusione di soluzioni edilizie e l’inascolto delle proteste. Il risultato è un sistema penitenziario fuori controllo, che non solo viola i diritti fondamentali, ma tradisce ogni finalità costituzionale della pena, mettendo a dura prova la vita delle persone detenute e degli operatori penitenziari” dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone.

Serve una riforma radicale del sistema penitenziario. Antigone aveva già presentato nel 2022 una proposta per un nuovo regolamento, con interventi concreti per migliorare la vita quotidiana delle persone detenute.

Chiediamo:

  • più possibilità di contatti telefonici e video con l’esterno;
  • un maggiore utilizzo delle tecnologie digitali;
  • la drastica riduzione dell’isolamento come strumento disciplinare;
  • la prevenzione degli abusi;
  • la promozione della sorveglianza dinamica e di un sistema centrato sul rispetto della dignità umana.

“La vera emergenza è adesso – conclude Gonnella – e non si affronta con nuove carceri, ma con coraggio politico, depenalizzazione, misure alternative credibili e rispetto per la dignità umana”.

IL RAPPORTO A QUESTO LINK

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