La lettera dei detenuti dal carcere di Bancali (Sassari): “Vi raccontiamo cosa succede davvero”
Dopo la morte di Erik Masala, il 26enne trovato morto in cella a Bancali, i detenuti che si trovano reclusi nella casa circondariale di Sassari, hanno voluto far sentire la propria voce attraverso una lettera. La decisione di voler comunicare con il mondo esterno è arrivata dopo il grave episodio che ha coinvolto un loro compagno.
di Maria Verderame
I detenuti vogliono far conoscere le loro condizioni all’interno del carcere di Bancali, in particolare coloro che hanno avuto condanne inferiori a 4 anni e chi si trova ad aver scontato gran parte della pena, anche in condizione di buona condotta. I detenuti fanno sapere che sono tanti e che si sentono abbandonati e isolati dal mondo, costretti a stare in cella 18 ore e a vedere i loro affetti soltanto una volta alla settimana.
Sovraffollamento e troppi detenuti con problemi psichiatrici.
In particolare denunciano: “Ci sono persone con disabilità anche gravi, con età superiore ai 75 anni e patologie fisiche e psichiatriche. Ai detenuti, stando a quanto denunciano “non è possibile accedere ai benefici penitenziari come le misure alternative e la liberazione anticipata che, nostro malgrado, viene istituita in condizioni talmente minime che non permettono neanche ad un qualsiasi detenuto con pena in scadenza ormai prossima a pochi mesi, di uscire prima per raggiungere i nostri famigliari. Ciò nonostante la buona condotta, perché la liberazione anticipata, che per ogni semestre è di 45 giorni, non viene istruita dalla stessa area trattamentale. Parimenti si verificano le stesse condizioni su tutti i detenuti, che con i requisiti e i termini di legge raggiunti con buona condotta, ed essendo, in possesso altresì di accettazione e destinazione, nonché di lavoro con contratto e tutto il necessario, non vengono messi in condizioni di accedere al beneficio o alla misura alternativa”.
Questo, secondo i detenuti, sarebbe alla causa di sovraffollamento, rivolte e anche gesti estremi all’interno della Casa circondariale, così come la presenza al suo interno di persone con disturbi psichiatrici e tossicodipendenze. L’aumento dei detenuti con gravi disturbi psichici era stato denunciato anche dalla garante regionale per i detenuti Irene Testa, i quali non dovrebbero stare all’interno del carcere di Bancali. Anche i sindacati avevano denunciato medesime problematiche, acuite dalla carenza di personale della polizia penitenziaria.
Critica, infatti, stando alla denuncia dei detenuti, è la condizione dei più fragili all’interno del carcere di Sassari, i quali si trovano di fronte al “diniego, in quanto l’Area educativa relaziona detenuti compatibili al carcere e che non necessitano di cure territoriali, addirittura prendendosi gioco dei magistrati di sorveglianza che si affidano alle relazioni fornite dall’area trattamentale”.
La situazione di alcuni detenuti a fine pena: “A Bancali negata la liberazione anticipata”.
Sono tanti i detenuti che si trovano dentro Bancali residui di pena di pochissimi anni e addirittura mesi, più di una cinquantina di persone. Tra questi c’è un giovane straniero, che da diversi mesi attende la liberazione anticipata. “E’ stata più volte sollecitata all’area educativa, ma mai inoltrata all’apposito ufficio di sorveglianza, nonostante il fine pena sia previsto poco prima della fine dell’anno. Tutto ciò è vergognoso e ci sono numerose persone in queste condizioni”.
I detenuti che stanno scontando la pena a Sassari hanno anche messo in luce la condizione ancora più difficile degli stranieri extracomunitari. “Queste persone, che escono per permessi premio per buona condotta devono lavorare come degli schiavi per produrre economia, chissà per chi. Altro che permesso premio, questo si chiama caporalato”.
Erik Masala e gli altri.
La morte di Erik Masala non è l’unica all’interno del carcere di Bancali. Altri suicidi o morti sono avvenuti all’interno della Casa circondariale sassarese. Tra questi c’è Salvatore Usai, morto nel settembre 2022 per overdose. Su questo caso i detenuti raccontano che le motivazioni del gesto sarebbero l
egare alla sua convivenza difficile all’interno della struttura penitenziaria. “Nonostante avesse scontato 7 anni ed era oltre la metà della pena, gli è stata negata la possibilità di accedere ai permessi premio e lo stesso, facendo una riflessione e vedendosi privato di ogni speranza, si è tolto la vita. Come Erik Masala, che, considerata l’età poteva essere il figlio o il fratello di ognuno di noi”.
La raccolta fondi per il loro compagno Erik Masala.
I detenuti rinchiusi nel carcere di Bancali hanno organizzato un’importante donazione ai famigliari di Erik Masala, per consentire loro di sostenere le spese per il funerale del giovane papà 26enne. I compagni del ragazzo si sono uniti in uno spirito di grande solidarietà sostenendo che il giovane “non doveva più nemmeno essere detenuto a Bancali in quelle condizioni”.
da Sassari Oggi, ripreso da Osservatorio Repressione
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