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Torino: difendiamo la libertà collettiva, associamoci per resistere!

Il processo per associazione a delinquere che coinvolge decine di compagni e compagne del movimento No Tav, del centro sociale Askatasuna e dello spazio popolare Neruda è iniziato.

da notav.info

La prima udienza, svoltasi il 20 ottobre scorso, ha visto l’entrata in scena di un’ulteriore novità all’interno di questo castello di carte dalle proporzioni enormi e dalle fondamenta di argilla, ossia la costituzione a parte civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli Interni. Il tutto giustificato dall’ennesima forzatura per la serie “giustizia creativa”: l’uso massiccio di lacrimogeni in Val Susa che avrebbero sottoposto le forze dell’ordine ad armi nocive.

Sui presupposti sui quali si basa l’indagine iniziata nel 2009 abbiamo già detto molto, ma non sarà mai sufficiente a rendere l’idea dell’assurdità di tale operazione. Si parla di uno spreco di soldi pubblici senza precedenti, durante un particolare periodo storico come quello del lockdown, per portare avanti migliaia di intercettazioni, pedinamenti, intrusioni violente nelle vite intime di compagni e compagne. Si parla di possibili condanne a decine di anni di carcere per aver scelto di fare dell’autonomia e della lotta la propria vita. Ma l’assurdità non finisce qui.

A seguito della prima bocciatura da parte del GIP a riguardo dell’accusa di associazione sovversiva la Procura ha intentato un ricorso sulle misure cautelari relative all’operazione, questo significa che per la Procura di Torino il carcere, i domiciliari, i divieti di dimora e gli obblighi di firma non erano sufficienti. Iniziare a pagare sulla base di un’accusa tutta sulla carta, generata nei reconditi interstizi dell’immaginazione deviata dei pm e della digos torinese quindi non basta, seppur il processo sia appena iniziato e i compagni e le compagne siano ancora privati della loro libertà. Infatti, l’obiettivo di questo ricorso era aggiungere misure cautelari come il carcere e i domiciliari a compagni e compagne che in questo momento sono liberi, oltre ad aggravvare alcune situazioni già ristrette.

Nonostante la consapevolezza che della giustizia in questo Paese si faccia un tanto al chilo applicando sistematicamente due pesi e due misure, è stato fatto appello in Cassazione per mettere un freno a questa eventualità.

Il 24 novembre ci sarà l’esito della Cassazione in merito alle misure cautelari. Questo significa che occorrerà tenere alta l’attenzione perché, se la Cassazione dovesse riconfermare l’azzardo, ci saranno ulteriori arresti.

In questo arzigogolato gioco in cui in palio c’è la libertà di tutti e tutte il processo per associazione a delinquere prosegue su un binario parallelo, indipendentemente da questo passaggio.

Infatti, giovedì 1 dicembre ci sarà la seconda udienza che, nell’eventualità di una conferma da parte della Cassazione di nuove misure cautelari, sarà una prima occasione importante per far percepire forte e chiaro che la nostra è un’associazione sì, ma a resistere.

Segnaliamo inoltre un interessante dibattito che si terrà all’Università di Torino:

Decreto anti-rave e repressione del dissenso giovanile

Di Collettivo Universitario Autonomo Torino

Il cosiddetto “decreto anti-rave” è esemplificativo di un clima generale che negli ultimi anni si è andato consolidando di restringimento degli spazi per le forme di espressione giovanile e di attacco al dissenso sociale.

Questo infatti non riguarda solo i rave-party, ma tra le casistiche che potrebbero rientrare al suo interno vi sono anche molte pratiche che fanno parte della storia della protesta e del dissenso sociale nel nostro paese, dalle occupazioni delle università e delle scuole, ai picchetti davanti alle fabbriche, alle manifestazioni non autorizzate.

Ma questo decreto non è altro che l’epifenomeno di un lungo processo di criminalizzazione dei comportamenti giovanili, degli ultimi e degli indesiderabili, delle lotte sociali.

Come dimenticare le legislazioni anti-degrado che regolano in maniera sempre più escludente la vita nelle grandi città? Per non parlare dei Daspo urbani e di tutta un’altra serie di normative volte ad affrontare problemi sociali come problemi di ordine pubblico.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una pioggia di inchieste per associazione a delinquere o sovversiva nei confronti di lotte, movimenti sociali e sindacati. A Torino ne sono state messe in campo ben due nel giro di brevissimo tempo. Anche le lotte studentesche, ad esempio l’opposizione all’alternanza scuola-lavoro, sono state represse con carcerazioni preventive e misure cautelari a giovani liceali e universitari*.
Ma non solo, abbiamo visto una crescente applicazione degli strumenti della legislazione antimafia nei confronti di movimenti sociali e militanti politici. E’ evidente che si vuole trattare il conflitto ed il dissenso sociale come un fenomeno criminale con delle logiche che evidenziano una progressiva deriva autoritaria.

Crediamo dunque che sia necessario non fare passare sotto silenzio quanto sta succedendo e comprendere a fondo quali siano i meccanismi e le tendenze che abbiamo di fronte. Abbiamo deciso di costruire questo momento di incontro con un taglio multidisciplinare per discutere insieme delle forme di gestione degli spazi di dissenso all’interno della società, delle prospettive che si aprono di fronte a questi scenari e delle possibili forme di opposizioni.
Vi aspettiamo martedì 22 novembre alle 17.30 al Campus Luigi Einaudi in aula A2!

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