Sconvolgente rivelazione: i concorsi nelle università italiane sono truccati!
Sui fatti di cronaca delle ultime ore.
Chi l’avrebbe mai detto. Una solerte indagine della Guardia di Finanza ha portato oggi ad una sconvolgente rivelazione: i concorsi per l’esercizio della docenza sono truccati e manovrati sulla base di scambi di favori tra docenti.
Quello che si configura è un vero e proprio sistema di controllo dei concorsi, peraltro noto a chiunque abbia provato a tentare l’ammissione ad una qualunque posizione nel campo della ricerca. Sette arresti su un totale di 59 indagati, tra cui Augusto Fantozzi, ex ministro del governo Prodi e commissario straordinario di Alitalia (che curriculum!). L’operazione dei finanzieri ha coinvolto docenti e membri di commissioni giudicanti che esercitano in facoltà di tutta Italia, da Bologna a Roma, da Varese a Cassino.
Origine dell’inchiesta è stata la denuncia di un aspirante ricercatore fiorentino che ha raccontato agli inquirenti di come fosse stato “invitato” a farsi da parte, aspettando una nuova tornata concorsuale, per favorire la vittoria di un candidato evidentemente già individuato oltre ogni tipo di formale “meritocrazia”.
Oltre la mera cronaca, un paio di ragionamenti sono d’obbligo per riuscire ad ottenere alcune indicazioni da quanto avvenuto.
Il primo è quello che fa notare come questa sensazionale scoperta non avrà alcun effetto reale sul funzionamento del reclutamento degli Atenei.
La strutturale deficienza nello stanziamento di risorse è e rimarrà la prima causa di quanto avvenuto, facendo dell’università un ambiente competitivo dove le mani strette al momento giusto e l’appoggio politico necessario a ottenere i fondi contano ben oltre la qualità e le competenze.
La dismissione strategia dell’università è così il primo fattore di corruzione, finalizzata all’ottenimento delle scarse risorse disponibili.
Ma non c’è solo questo: c’è anche la realtà di una università dove si sceglie per cooptazione, che riproduce dinamiche feudali e corporative, e che sopratutto mira a blindare i saperi “accettabili” all’interno dell’ambito accademico. Tutti questi meccanismi in fondo, sono solo orientati a mantenere dritta la barra, a costruire il regime di verità adeguato ad una società in crisi.
Ed è proprio questo obiettivo strategico della controparte che combinandosi alla carenza strutturale di risorse, rende impossibili o quantomeno difficili le espressioni di autonomia e indipendenza, anche di intervento sul reale, da parte di chi è corpo vivo dell’università.
Sono riflessioni da porsi con forza anche oggi, quando lo sciopero della docenza non ha oggettivamente svolto alcun ruolo di acceleratore del conflitto sui saperi, non riuscendo ad andare oltre la pur legittima rivendicazione stipendiale. E’ il sistema universitario in toto che deve essere ribaltato, rovesciandone le logiche di potere e affermando la rottura al suo interno, anche talvolta rischiando qualcosina e riuscendo ad avere un approccio complessivo capace di scavalcare l’anugsto spazio del proprio orticello.
Per non dover poi assistere a lamentele di facciata, buone sull’istante immediato, ma che senza una pratica reale di contrapposizione diventano soltanto una registrazione della propria inerzia.
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