Navi Ong: il nuovo decreto Meloni
Meloni ed il ministro dell’interno Piantedosi si muovono sul solco di quanto costruito dai loro predecessori per rendere sempre più difficile il soccorso in mare da parte delle navi delle ONG impegnate nelle attività di ricerca e soccorso di naufraghi lungo le rotte del Mediterraneo meridionale.
Dopo il testa a testa con la Francia hanno deciso una tattica più cauta ma altrettanto micidiale, che ha condotto ancora una volta ad un decreto legge motivato con “l’urgenza”.
Si tratta di un decreto il cui contenuto è prevalentemente demagogico, volto ad accreditare l’immagine di chi si mostra più rigido dei precessori nell’allargare le vittime della guerra all’immigrazione.
Questo decreto prova ad ostacolare i salvataggi mettendo dei paletti.
In primis il divieto di effettuare soccorsi multipli, sottostando all’obbligo di dirigersi immediatamente verso il porto indicato dalle autorità. Porti che, nei fatti sono sempre più lontani dai luoghi dove vengono effettuati i soccorsi. In tal modo le navi e il loro carico umano sono obbligati a numerosi giorni di navigazione. In tal modo meno persone possono essere soccorse, i costi aumentano.
Chi contravvenisse a questi obblighi incorrerebbe in multe tra i 10.000 e i 50.000 euro e fermo per due mesi dell’imbarcazione, che in caso di recidiva potrebbe essere sequestrata.
Non solo, alle navi che battono bandiera diversa da quella italiana è imposto l’obbligo di far fare richiesta di asilo direttamente sull’imbarcazione, considerata territorio di un’altra nazione, con l’obbligo di prendersene carico.
Va da se che queste norme sono contrarie a numerose leggi, prima tra tutte quella dell’obbligo del soccorso a chi è in difficoltà e a rischio della vita.
Resta il fatto che questi paletti, tra ricorsi e fermi delle imbarcazioni, raggiungeranno comunque l’obiettivo di mettere i bastoni tra le eliche delle navi delle Ong.
Ne abbiamo parlato con Eugenio Losco, avvocato del foro di Milano, che da sempre si occupa di immigrazione
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