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Pinkwashing Assad?

Pinkwashing Assad?

Ho sempre temuto che questo momento sarebbe arrivato, il momento in cui mi sarei trovata usata come prova vivente della mancanza di libertà e diritti in un paese. Infatti è successo: ho ricevuto una richiesta da un giornalista di CNN che stava preparando un articolo su gay e primavera araba. Ero stata avvisata di essere prudente, perchè con tutta probabilità non sarebbe andata bene, ma ho comunque deciso di farlo. L’articolo pubblicato si trova qui.

Fortunatamente il mio messaggio non è stato manipolato, ma gli altri… sono esattamente la descrizione di cosa significa il paradigma del pinkwashing impiegato sempre più spesso dai nemici della libertà araba. Ci siamo abituati ormai ad essere utilizzati in maniera retorica da chi sostiene i discorsi che legittimano guerra, occupazione, esproprio ed apartheid; come riprova del fatto che i primitivi “beduini” non meritano altro che essere ammazzati dagli illuminati occidentali progrediti. Abbiamo ascoltato questa storia per spiegarci il perchè dei morti ammazzati in Afghanistan e in Irak, dei rifugiati palestinesi, e così via. E’ la giustificazione del genocidio argomentata dal buffone biondo posticcio che siede al parlamento olandese, e la motivazione sostenuta dal neofascismo che vorrebbe reinstituire il peggior Terzo Reich in Europa e in America. Ora serve anche come argomento contro la democrazia nei paesi arabi.
Questi musulmani ed arabi primitivi e malvagi sono OMOFOBI! A differenza di chi brilla per democrazia e tolleranza, ovvero chi bombarderebbe indiscriminatamente ogni musulmano… perchè non ci sono gay pride in stile San Francisco a Teheran o a Damasco. E poichè in quei paesi ci sono conservatori religiosi che pregano contro i matrimoni fra persone dello stesso sesso (mentre ovviamente nessuno si oppone a questo ad Antrim o “Alabama save for Moozlims”!) l’intera regione deve essere dannata; bombardateli, avvelenateli, non ha importanza.
Questo è il messaggio; la realtà naturalmente è diversa.
Avendo vissuto in entrambi i mondi posso dire in tutta onestà che in Siria non ho mai vissuto alcun problema relativo alla mia sessualità che non avrei incontrato se fossi stata etero. Non sono mai stata aggredita, insultata o picchiata per essere una lesbica in un paese arabo. D’altra parte invece mi è capitato in America che mi tirassero dello sterco perchè porto il velo, o che mi aggredissero degli stranieri per il mio essere araba.

Quindi qual’è la ragione del pinkwashing? Qualcuno ha opportunamente evidenziato come questa retorica venga utilizzata per trasformare i diritti glbtq in arma dell’imperialismo, specialmente in Palestina. (Per gli/le interessat@, alcuni link interessanti: http://www.pinkwatchingisrael.com o http://www.sfbg.com/politics/2011/02/16/queer-palestinian-activists-discuss-pinkwashing-and-more; ma ci sono molti ottimi materiali pubblicati su questo tema). Dunque i liberali occidentali non possono criticare le guerre imperialiste di apartheid, perchè le persone oppresse non sono gay friendly come i loro oppressori!
Ovviamente è una follia. E come ogni strumento di oppressione deve essere combattuto.
Ora ascoltiamo la retorica che la democrazia sarebbe cattiva: quest’anno John McCain ha affermato che la democrazia è un virus e come tale va arrestato, perchè ovviamente sarebbe terribile se “quelle persone” dovessero cominciare a determinare il proprio futuro. Oggi assistiamo alla diffusione di questo messaggio da parte dei liberal-gay friendly: se le persone saranno autorizzate a decidere per il proprio paese sceglieranno la Fratellanza Musulmana oppure gli sceicchi di al-Islam: in entrambi i casi, il male assoluto. E poi i ragazzi del Cairo non saranno più liberi di andare a fare festa in crociera sul Nilo…
Naturalmente queste politiche mostrano un’avversione di base per la democrazia, almeno per quanto riguarda NOI. (Come affermò giustamente un amico: “noi non vi odiamo per la vostra libertà, vi odiamo perchè voi odiate la nostra libertà”). Le popolazioni arabe dovrebbero poter decidere in maniera autonoma sulle loro vite, facendo qualsiasi cosa per smettere di vivere in ginocchio.
Questi pinkwasher amavano Assad così come hanno amato Mubarak. Non li hanno amati per ciò che hanno fatto per le persone glbtq egiziane o siriane; li hanno amati per l’aiuto che hanno fornito agli stati che si fondano su apartheid e imperialismo. Sanno che, una volta che il governo che si fece espropriare il Jaulan sarà sconfitto, la Siria democratica non sarà morbida con i furti compiuti sulla propria terra. Sanno che un Egitto più democratico significherà la fine dell’assedio a Gaza.
Vorrebbero che come omosessuali e queer ci dimentichiamo di avere padri e madri, fratelli e sorelle, e così via. Dovremmo dimenticarci che siamo stati oppressi non solo o in primo luogo come froci e lesbiche, ma anche come arab*, come musulman*, come mediorientali, come palestinesi, irachen*, sirian* e così via. Vorrebbero che ci dimenticassimo di tutti questi aspetti che fanno parte di noi per andare incontro all’oppressore, purchè ci permetta di andare a ballare in discoteca o di incontrarci liberamente in un caffè.
Ma non è così. Non posso parlare per nessun@ all’infuori di me, ma io non voglio essere utilizzata come scusa per giustificare l’oppressione. Non verrò utilizzata come articolo di una propaganda che vuole minare la democrazia. Credo nella mia gente, e più che condannarla voglio che sia libera. Qualcuno mi odierà per questo, qualcuno crederà che mi siano necessarie delle aspersioni per purificarmi. Qualcun’altro – forse molti di più – mi ignorerà. Ma alla fine saranno liberi: non più dittatori, non più occupanti. Liberi e libere.
Non ho paura dell’Ikhwaan; sono stata a bere tè e caffè con i suoi sceicchi, e non li temo più di quanto io non possa temere chiunque altro in questo paese. Se, una volta che i dittatori siano sconfitti e le elezioni si siano tenute, costoro vinceranno io lavorerò per sconfiggerli la prossima volta. O forse no. Mi impegnerò per cambiare questa società dall’interno, ma non lavorerò per portare la cosìddetta “libertà” che viene imposta dall’alto con le armi, o circondata da filo spinato o da mine antiuomo per difenderla. Perchè quella non è libertà.
E neppure permetterò ai nemici della democrazia di utilizzarmi per la loro propaganda. Non voglio la mia libertà personale se il suo prezzo è l’oppressione di milioni di persone.  La libertà non è altro che un privilegio allargato se non è condivisa da tutt*.

 

Note

[1] Studiosa di teoria queer e docente di Women e Gender studies alla Rutgers University, nei suoi studi ha coniato il termine “omonazionalismo”. Autrice dell’importante testo Terrorist Assamblage nel 2007, segnaliamo qui la traduzione di un suo articolo sulla campagna israeliana di pinkwashing: http://www.senzasoste.it/le-nostre-traduzioni/israele-i-gay-come-guerra-propagandistica

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[2] http://nohomonationalism.blogspot.com/2010/06/judith-butler-rifiuta-il-premio-al.html
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[3] http://www.facciamobreccia.org/content/view/522/1/
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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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