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Punire le vittime

Do you remember war? Mentre gli aerei con i colori italiani continuano a bombardare Tripoli, pare che tutti si fossero dimenticati che siamo in guerra. Finché ieri Maroni ha annunciato una nuova legge per contrastare l’immigrazione e Frattini ha firmato l’accordo sul respingimento con il Consiglio provvisorio di Bengasi. E, non pago di questi due “successi”, Maroni ha pure ventilato l’ipotesi che le navi Nato blocchino quelle dei migranti.

E allora perché non mitragliarle, come tempo fa avevano proposto quel fine giurista di Castelli e il redivivo Speroni?

Ma non c’è nulla da ridere. Le truculenze della Lega in materia d’immigrazione saranno pure il colpo di coda di un governo che ha i mesi contati, tra intemperanze verbali dei suoi ministri folcloristici e inchieste sull’affarismo di stato che non risparmiano nessuno. Ma sia la legge Maroni, sia l’accordo con il “rivoluzionario” Jabril scaricano sui migranti, e quindi sulle vere vittime della guerra civile in Libia, il peso di un intervento armato opportunistico, guidato da generali nascosti dietro l’anonimato Nato – una guerra su cui si esercita una disinformazione costante e, oltretutto, su cui gran parte della sinistra tace e acconsente.

Riassumiamo. Portare a diciotto mesi la permanenza nei centri di identificazione ed espulsione significa condannare a una lunga galera di fatto, in strutture feroci e senza garanzie giuridiche, gente in fuga da una guerra a cui Italia, Francia, Regno unito ecc. stanno contribuendo ampiamente. Significa cioè punire le vittime. Quanto all’accordo con Jabril, questo la dice lunga almeno sul gruppo dirigente di Bengasi, esattamente come gli accordi con Gheddafi la dicevano lunga sul governo di Tripoli. In entrambi i casi, scambiare petrolio e migliaia di esseri umani con quattrini e armi, ieri e oggi.

Abbiamo un’idea della fine che faranno i migranti espulsi in Libia, liberata o no che sia, e cioè in una zona di guerra, monitorata non già dalle evanescenti istituzioni umanitarie internazionali, ma da bombardieri ed elicotteri Apache? Con ciò, magari, si spera che qualche riflessione sulla natura politica della rivoluzione in Libia cominci a farsi strada in quei settori dell’opposizione italiana incantata dal bagliore dei bombardamenti.

Per quanto riguarda il nostro paese, è plausibile che questa focaccia gettata da Berlusconi nelle fauci del popolo di destra sia avvelenata per il governo, esattamente quanto le grottesche sparate sulla “zingaropoli” a Milano in campagna elettorale. Berlusconi, Maroni, il garrulo Frattini e compagnia cantante non si rendono conto che il loro discredito, anche nella base di destra, è ben più radicale e diffuso della paura degli stranieri. Peggio per la destra.

Ma intanto i migranti annegano e quelli che sopravvivono finiscono nei centri. I minori scappano dalle comunità alloggio, accoglienti quanto un reclusorio per poveri ai tempi di Dickens. Invece di alimentare la micro-criminalità urbana, come recita lo stucchevole mantra dell’insicurezza, ingrosseranno le fila del lavoro nero. Qualche giornalista di buona volontà, magari, ne troverà le tracce nei campi in cui si raccolgono pomodori e meloni. E così il cerchio di bombardamenti umanitari, isteria xenofoba e sfruttamento si chiuderà una volta di più. Che cosa si aspetta, a sinistra, non dico a spezzarlo oggi, ma almeno a prenderne consapevolezza, a stendere un abbozzo di idea, uno straccio di alternativa, se mai questa destra finirà a casa?

Da Il Manifesto

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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