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Sui morti di Lampedusa: eliminare le frontiere!

Il naufragio di una nave proveniente dalla Libia la scorsa notte è l’ennesimo spunto per parlare di tragedie toccanti e militari che si affannano per evitarle, il tutto in un braccio di mare sempre più da controllare con incrociatori e navi da guerra e in cui far drenare una quantità di euro crescente.

Si va in scena circa una settimana fa, quando “l’allarme migranti” torna ad affollare tg e giornali dopo mesi di assordante silenzio. Come se ci si rendesse conto da un giorno all’altro del sovraffollamento dei centri di detenzione per migranti –ai nostri giorni denominati C.i.e.- iniziano gli spostamenti di massa dei detenuti verso il porto di Trapani. Solo nella giornata di ieri i migranti scendono dalla nave su cui sono rimasti quasi una settimana per essere condotti in altri C.i.e. Una tragedia come quella accaduta a largo di Lampedusa sembra quindi cadere a pennello per i macabri piani delle governance, italiane e europee, nella gestione e controllo non solo dei flussi migratori, ma anche di un mar Mediterraneo su cui si affacciano contesti geopolitici, dal medio oriente alle sponde africane, in continua evoluzione.

Il messaggio è infatti chiaro e semplice: Frontex e l’operazione Mare Nostrum sono un baluardo di salvezza per chi è costretto a salpare in cerca di una vita migliore, e per questo vanno foraggiati con denaro pubblico richiesto all’unione europea (peraltro con il solito squallido appello “l’europa ci lascia soli”). Da un lato, ci dice Alfano, vanno rinforzati i dispositivi militari di respingimento in mare trasferendo innanzitutto la sede centrale del Frontex in Italia; dall’altro il commissario europeo M. suggerisce una nuova tratta degli schiavi con cui “smistare un paio di migliaia di migranti” nei paesi membri.

A questo vengono accavallati ulteriori messaggi indirizzati, allo stesso tempo, a generare terrore e a fornire un ansiolitico, sempre lo stesso: marina militare e centri di detenzione. Sì perché “l’invasione è già in corso” e per giunta portatrice di “malattie rare”.
Discorsi ovviamente infondati ma che, ripetuti pedissequamente da più parti, puntano a diventare realistici a prescindere dal fatto che la stragrande maggioranza di immigrati entri in Italia per canali diversi da quello del Mar Mediterraneo, o che il tempo degli untori portatori di malattie sia roba da romanzo ormai. Un ulteriore dato, che smaschera come attraverso l’emergenzialità  supportata da un’adeguata mediaticità si sfruttino le tragedie per limitare ulteriormente la mobilità umana e militarizzare i mari, è quello per cui le richieste di asilo politico nel nostro paese (circa ventotto mila) siano nettamente inferiori a quelle di paesi come Germania (centoventicinque mila) o Francia (cinquantamila).

Ma non ci interessa qui, parlare troppo di numeri, la conta la lasciamo ai tg; piuttosto porre l’attenzione su come l’Italia soprattutto per la posizione geografica di Lampedusa, abbia il ruolo (tutto europeo!) di prima frontiera di respingimento della fortezza-europa. Ci addentriamo qui, su un terreno socialmente scivoloso, ma su cui dobbiamo essere chiarissimi: perché non esistono mediazioni possibili sul diritto alla mobilità o su quello alla libertà, migrare non può e non deve essere un reato; perché i flussi migratori non possono rappresentare un esercito di riserva a cui imporre il peggiore sfruttamento lavorativo umano possibile; perché le frontiere non vanno ulteriormente militarizzate, ma abbattute e cancellate.

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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