Ventimiglia: a Ponte San Luigi continuano le danze
I poliziotti sono più tesi del solito, stringono in mano i manganelli e impediscono fisicamente agli attivisti di avvicinarsi ai container. Non lasciano spazio a nessuna forma di dialogo, vogliono impedire che si parli con i migranti. Tutto succede in pochi minuti, i quattro ragazzi vengono fatti arretrare con la forza, cacciati verso l’Italia a spintoni, sotto la minaccia costante di manganelli e spray urticanti. Fouad, che da qualche metro dalle transenne sta riuscendo a comunicare coi migranti, viene violentemente sbattuto a terra e trascinato all’interno della stazione di polizia di frontiera. I gesti che Fouad sta rivolgendo ai ragazzi al di là delle transenne sono il ridicolo pretesto per il nevrotico e brutale intervento della police.
Sotto gli occhi degli altri attivisti, Fouad viene picchiato, il volto sbattuto con forza sul pavimento, poi viene caricato su una volante all’interno della quale, nonostante uno degli agenti tenti di impedirglielo stringendogli una mano alla gola, riesce a rivolgersi ai compagni, affermando di esser stato ripetutamente colpito. L’attivista francese ha quindi chiesto assistenza legale e sanitaria, venendo trasportato all’ospedale di Menton dove tuttavia non ha ricevuto alcuna cura specifica, contrariamente all’agente che ha denunciato l’inesistente aggressione. Da quanto si è appreso ieri dalle parole del suo legale, durante lo stato di fermo Fouad non ha neppure avuto modo di mangiare.
Lunedì presso il tribunale di Nizza, alla presenza dei testimoni della vicenda, si è tenuta l’udienza di convalida del fermo. Questa, in virtù di una presunta pericolosità sociale, si è conclusa con la convalida cautelare dell’arresto e la fissazione della prima udienza per il 30 settembre. Tre sono gli assurdi capi di accusa imputatigli secondo il diritto francese: oltraggio, resistenza e aggressione a pubblico ufficiale. Assurdità incrementata dal fatto che l’intera udienza si sia basata non su quanto avvenuto in frontiera, dove è stato Fouad ad essere aggredito senza ragione dalla polizia francese, bensì sulla strumentalizzazione del suo passato di militante.
Questi sono i fatti.
Nonostantele numerose testimonianze e le prove documentali inequivocabili che saremo in grado di addurre, nonostante la certezza dell’assoluzione in un futuro processo, Fouad trascorrerà almeno trenta giorni in una cella, in attesa dell’esito del ricorso. E’ questo il modo in cui la giustizia francese, così come quella italiana mediante i fogli di via, persegue i nostri attivisti in assenza dei presupposti per emettere una condanna. Una strategia intimidatoria, che colpisce chi si è macchiato della sola colpa di aver sollevato la testa contro un sistema deviato. Un sistema che mortifica, svilisce ed umilia chiunque vi si opponga in nome di una sete di libertà e giustiziache né gli arresti, né le minacce, né le violenze della polizia,saranno mai in grado di sedare. Oggi più che mai siamo al fianco di Fouad. Oggi più che mai lottiamo in nome di ciò che ci rende umani, contro ogni discriminazione, contro ogni repressione, contro ogni frontiera.
WE ARE NOT GOING BACK – FOUAD LIBERO!
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