Ventimiglia: Via da qui. Il tempo della repressione
A giugno 2015, il ministero degli interni, con la collaborazione del prefetto delle Alpi-Marittime, ha deciso di ristabilire una frontiera fisica tra Mentone-Ventimiglia. Ogni giorno tra le ottanta e le cento persone vengono fermate arbitrariamente, de-portate successivamente alla Paf (Posto di polizia di frontiera) riaperto nei vecchi locali delle dogane francesi prima di essere consegnati agli uffici della polizia italiana. Nella pratica, questa procedura rappresenta un’espulsione forzata dal territorio francese, senza che le persone fermate possano beneficiare di garanzie minime, come ad esempio la presenza di interpreti durante l’interrogatorio che viene loro rivolto, l’assistenza di un avvocato o la presenza di un agente dell’Ofpra (Ufficio francese di protezione dei rifugiati e apolidi). Ogni giorno, le persone che non possono essere riammesse in Italia vengono rilasciate in Francia, fino al prossimo arresto.
Di fronte queste dinamiche razziste, ingiuste e indegne, i migranti hanno opposto resistenza occupando la scogliera situata nei pressi della frontiera. Una volta raggiunti da numerosi sostenitori francesi, italiani e di altri paesi d’Europa, il Presidio Permanente No Border di Ventimiglia ha preso vita. Ogni giorno, numerosi migranti raggiungono il Presidio all’interno del quale trovano un luogo libero dalla presenza della polizia, un luogo di riposo, nonché un luogo d’organizzazione della lotta contro la chiusura delle frontiere.
Quest’estate l’intensità della repressione è salita
Il 10 agosto, più di un centinaio di migranti hanno preso il treno che li avrebbe portati in Francia, rifiutandosi di cedere alle pressioni da parte della polizia, la quale li ha costretti ad uscire per poi portarli nei container della Paf ed espellerli nelle differenti città italiane, da Ventimiglia a Bari. I sostenitori presenti sul posto sono stati portati rispettivamente nei commissariati francese e italiano e per sei compagne e compagni italiani è stato ordinato un foglio di via da Ventimiglia.
Il 23 agosto è stato il turno di un compagno francese; arrestato e malmenato dalla Paf ha in seguito passato dieci giorni nella prigione di Nizza in attesa del processo che lo coinvolge. Liberato il 2 Settembre, dovrà essere processato per le false accuse di oltraggio, violenza contro un funzionario di polizia, resistenza e per essersi sottratto a identificazione fotodattiloscopica. Intanto, gli è stata indicata la residenza a Besançon, con l’obbligo di firma due volte a settimana al commissariato e il divieto di transito nel dipartimento delle Alpi-Marittime.
Il 28 agosto un compagno italiano è stato fermato in piena strada dalla polizia italiana la quale gli ha notificato il foglio di via da Ventimiglia e delle denunce per riunione pubblica non autorizzata e invasione di terreni ed edifici.
Il 30 agosto, un altro compagno italiano è stato arrestato in Francia con falsa accusa di violenza e oltraggio nei confronti di un funzionario della polizia di frontiera. Inviato anche lui di fronte il tribunale di Nizza, è stato emanato nei suoi confronti il foglio di via dalla città di Mentone e la diffida di entrare in contatto con un agente della Paf fino al processo che avrà luogo il 12 ottobre.
Nelle due settimane che hanno avuto seguito altri quattro compagne e compagni italiani sono stati soggetti alle medesime denunce per riunione pubblica non autorizzata e invasione di terreni ed edifici e ad uno di essi è stato notificato l’ennesimo foglio di via da Ventimiglia. Nell’arco di un mese sono stati emessi in tutto otto fogli di via da Ventimiglia, uno da Mentone e uno dall’intero dipartimento delle Alpi-Marittime.
Atti di solidarietà
Il crescente aumento della repressione non è affatto da sottovalutare. Questa è volta a sfiancare la solidarietà nei confronti dei migranti e a spaventare tutti coloro che ne sostengono la lotta. In tutte queste situazioni ciò che ci viene rimproverato sono gli atti di solidarietà reale nei confronti di coloro che ogni giorno subiscono la «deportazione». Gli arresti di fronte la Paf sono conseguenza del sostegno portato avanti dagli attivisti e militanti ai migranti rinchiusi nei container, e dal fatto che ci si rivolga loro in una lingua che comprendono, l’arabo, ma che i poliziotti non possono capire. Di fronte questa incapacità i poliziotti si innervosiscono facilmente e la loro immaginazione li porta a pensare che noi incitiamo i migranti in stato di fermo alla rivolta, spinti da ideali di «estrema sinistra» o da un «patriottismo africano». In realtà quando parliamo con le persone ferme ai container, lo facciamo per conoscere il loro stato di salute, informandoli del loro diritto a richiedere un interprete, un avvocato o degli agenti dell’Ofpra. Per fare un esempio, il nostro compagno francese è stato privato di cibo, del suo trattamento sanitario e della possibilità di richiedere un medico durante tutto il periodo dello stato di fermo. Questo trattamento è riservato allo stesso modo ai fermati che vanno incontro ad una sistematizzazione speculativa della repressione razzista presente nel sud della Francia. Tra coloro che passano per gli uffici della Paf, vi sono anche minori. È a causa dell’importante numero di persone fermate quotidianamente che essei vengono privati di cibo, dell’accesso alle cure mediche, di un interprete e della difesa da parte di un avvocato.
Il 30 settembre e il 12 ottobre, due compagni si troveranno di fronte al tribunale di Nizza riunito in sezione penale per rispondere alle false accuse dello Stato francese, e saranno parte di un gioco mediatico portato avanti dagli ufficiali, dai magistrati, dai sindacati di polizia e dal front nationale che intonano menzogne in merito ai fatti accaduti cercando di fare dei processi un esempio di repressione per intimidire l’avvenire del movimento e screditarne l’immagine. Questa situazione non si limita a Ventimiglia. Il nostro pensiero è rivolto ai compagni di Parigi che per aver sostenuto i migranti in sciopero della fame, sono perseguiti di fronte al tribunale di Parigi con l’accusa di sequestro di persona.
Tutti questi processi comportano numerose spese e il gratuito patrocinio non può coprirle tutte.
Ci appelliamo dunque a dei fondi utili per la copertura delle spese legali, alla diffusione di questa richiesta presso le associazioni e presso casse di autodifesa giuridica, nonché di organizzare una cassa antirepressione e di solidarietà ovunque in Francia e in Italia per sostenere tutti i perseguitati dalla giustizia in ragione della loro solidarietà verso i migranti fermati e arrestati sistematicamente e arbitrariamente, privati di tutte le garanzie legali e procedurali e deportati in Italia sotto lo sguardo di tutti e, in primo luogo, dei magistrati per legge garanti delle libertà individuali.
Ci stiamo organizzando nel creare una cassa di resistenza e nei prossimi giorni potremmo comunicare le coordinate dove inviare le donazioni. Nel frattempo, potrete inviarcele sul nostro conto bancario (le coordinate presenti sono nella nostra pagina facebook “Presidio permanente Ventimiglia”) modificando la causale in : SUPPORTO LEGALE Noborder o visitare direttamente il luogo in cui questi fatti vengono perpetrati per rendervi conto e in prima persona di ciò che migranti e i militanti rivendicano.
Di fronte alla repressione delle persone in transito, di fronte alla loro criminalizzazione e quelle dei loro sostenitori, solidarizziamo e organizziamoci per lottare insieme senza frontiere.
We are not going back, We need to go!
PRESIDIO PERMANENTE NO BORDER VENTIMIGLIA
noborders@anche.no
Sito internet: noborders20miglia.noblogs.org
Facebook: Presidio Permanente Ventimiglia
da Comune-Info
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