Strage di Brandizzo: in duemila in corteo a Vercelli. I familiari rifiutano i funerali di Stato
In duemila ieri hanno attraversato silenziosamente Vercelli per rivendicare sicurezza sul lavoro dopo la strage di Brandizzo che ha portato alla morte di cinque operai. Il corteo dei sindacati è partito dalla stazione ferroviaria e si è concluso davanti alla prefettura, dove dai manifestanti si è alzato l’urlo «Basta!».
Alla manifestazione hanno preso parte anche i parenti delle vittime con le fotografie in mano degli operai Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà. Quando i giornalisti hanno ventilato l’ipotesi di funerali di Stato, è arrivata la risposta secca e sdegnata di un familiare: «Fanno schifo». “Vogliamo giustizia. Il governo si deve svegliare perché queste cose non possono più capitare” dicono i familiari di Michael Zanera.
‘Non abbiamo più parole’ dice lo striscione di apertura. Altri hanno le scritte: ‘basta privatizzazioni, mai più treni in transito e lavori in corso’, ‘non sono incidenti sono omicidi’.
In coda al corteo, poco dietro ai familiari delle vittime, c’è un gruppo di operai della Sigifer.
Al momento sarebbero indagati per la morte dei cinque operai i due sopravvissuti alla strage: il caposquadra della Sigifer ed il tecnico di Rfi che, secondo quanto emerso al momento, avrebbe ignorato gli avvertimenti della sala controllo di Chivasso sul pasaggio del treno. Ma pare che quanto accaduto fosse una prassi consolidata nei lavori ferroviari: le aziende appaltatrici tendono ad anticipare i lavori il più possibile per evitare di incorrere in costose penali.
Le manutenzioni infatti si possono effettuare soltanto quando non si creano disagi ai passeggeri. Quindi dopo le 22 e nei fine settimana. Mentre il contratto degli operai prevede soltanto due notturni a settimana. Ma la norma viene aggirata sistematicamente con la formula della chiamata volontaria.
Secondo la testimonianza di un ex operaio Sigifer: «È già capitato molte volte di iniziare i lavori in anticipo. In molte occasioni in cui ho lavorato lì (alla Si.gi.fer), quando sapevamo che un treno era in ritardo ci portavamo avanti con il lavoro». «C’era una regolazione, cioè il restringimento del binario, da fare con un convoglio atteso fuori dall’orario corretto di passaggio? Iniziavamo a lavorare, svitavamo i chiavardini (sistemi di fissaggio delle rotaie alle traversine in legno, ndr). Dopodiché, prima del passaggio dei convogli ci buttavano fuori dai binari. Eravamo in sei-sette per ogni gruppo ma in quei casi c’era chi guardava le spalle. L’altra notte non è andata così, erano tutti sulla massicciata».
Si tratta dell’ennesima dimostrazione di come il sistema degli appalti al ribasso generi insicurezza sul lavoro: tagli sui costi, orari di lavoro massacranti ed aggiramento delle procedure. Nonostante queste evidenze il nuovo codice degli appalti di Salvini ha cancellato il divieto dei subappalti a cascata. La sicurezza sul lavoro evidentemente, nonostante le lacrime di coccodrillo versate ad ogni morte, è in fondo all’agenda della politica tutta. Fanno schifo, sicuramente.
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