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L’occupazione di Palazzo Campana

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L’occupazione di Palazzo Campana avviene il 27 novembre del 1967.

Gli studenti e i professori che aderiscono chiedono una riforma dei programmi.

La decisione è presa contro «l’assenteismo delle autorità che non si curano dei problemi dell’istruzione superiore e l’autoritarismo dei docenti»; si riescono a sospendere le lezioni, le biblioteche vengono chiuse.

L’istituto, in cui al tempo si svolgevano le lezioni di lettere e filosofia, giurisprudenza e alcuni corsi scientifici, è completamente sigillato.

Durante l’occupazione, il Rettore Allara tenta comunque di tenere la sua lezione, pur essendo in atto il blocco della didattica.

Il gesto, che non tiene minimamente in considerazione il dissenso degli studenti, viene accolto con grida di rabbia dagli occupanti.

Anche il sindaco Grosso, professore di Diritto romano, tenta di continuare lo svolgimento delle lezioni.

Gli studenti portano avanti la loro ferma opposizione, l’unica soluzione che rimane al docente è di cercare un’auletta in altre sedi universitarie per far lezione ad uno sparuto gruppo di giovani.

Per tutta la giornata del 27 a Palazzo Campana proseguono le riunioni di facoltà e le assemblee, molto partecipate, che decidono per continuare l’occupazione.

Nel corso dei giorni seguenti avviene qualche tafferuglio tra gli studenti occupanti e quelli favorevoli alla continuazione dello svolgimento delle lezioni; questi ultimi si introducono di soppiatto all’interno dell’università, e trovano gli occupanti a difendere le loro posizioni e ad accusarli di aver ceduto alle pressioni dei professori.

Si trova infine un accordo: chi vuole la ripresa delle lezioni può discuterne con gli altri in un dibattito; l’assemblea venne aggiornata al giorno seguente.

L’occupazione di Palazzo Campana è uno dei momenti che daranno il via al movimento del Sessantotto italiano.

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