Como – E’ questo un fiore..che appassisce in neanche un’ora
Riceviamo e pubblichiamo una cronaca e alcune considerazioni politiche di un nostro collaboratore, presente in piazza, sulla manifestazione targata PD “E’ questo il fiore” di sabato 9 dicembre a Como
“E questo è il fiore” era lo slogan scelto dal PD per targare la manifestazione convocata a Como per le 11 di sabato 9 dicembre. Ma un’ora dopo, a mezzogiorno in punto, il fiore è già appassito. Delle due o tre migliaia di militanti radunatisi sotto al palco allestito per l’occasione nei giardini del Tempio Voltiano, sul lungolago cittadino, non ne resta più nemmeno uno, solo una struttura già spogliata persino delle insegne arancioni e tricolori dello sponsor partitico dell’evento.
Un’immagine che sintetizza perfettamente lo spirito della manifestazione, paracadutata dall’alto della direzione nazionale del PD su una città che si dimena ancora tra la gestione securitaria degli strascichi dell'”emergenza migranti” dello scorso anno, l’ultimo capitolo di una storia pluridecennale di incursioni neofasciste, e la totale assenza di qualunque realtà capace di agire politicamente sulla questione.
Le premesse, infatti, sono ormai note: da oltre un anno, e in particolare dall’estate del 2016, Como si è aggiunta come nuova tessera del puzzle europeo fatto di barriere alle rotte migratorie. Impreparata ad accogliere i migranti respinti al confine svizzero, l’amministrazione cittadina si è assestata su una soluzione perennemente emergenziale che alle porte dell’inverno di quest’anno vede ancora decine di migranti dormire in un accampamento improvvisato nel pianterreno aperto dell’autosilo deserto di via Valmulini, nella periferia nord della città.
Il cambio di colore dell’amministrazione nel giugno di quest’anno – da centrosinistra a centrodestra – ha rivelato un’identica e speculare impotenza di fronte alla necessità di individuare strutture più stabili e accoglienti in cui trasferire i migranti onde evacuare il parcheggio. Uno stallo che ha, naturalmente, galvanizzato le destre cittadine, e che è culminata nell’azione dimostrativa dei neonazisti auto-identificatisi come “Veneto Fronte Skinheads”.
Vale la pena però sottolineare che bersaglio dell’incursione è stata la rete “Como Senza Frontiere”, un’aggregazione di varie realtà – dalle sezioni dei partiti a sinistra del PD, a CGIL, ANPI, Arci, alle associazioni di solidarietà – la cui debolezza strutturale aggravata dal quadro politico cittadino non può che risolverne l’azione principalmente nell’assistenza ai migranti svolta al fianco di altre associazioni e alla sensibilizzazione culturale alla crisi umanitaria dei migranti e al razzismo.
Non poteva quindi stupire che a fronte dell’altissima esposizione mediatica dell’azione dimostrativa del “Veneto Fronte Skinhead” sia mancata la preparazione politica a qualsiasi risposta di piazza, e che la direzione nazionale di un PD che si prepara alla campagna elettorale 2018 abbia intravisto e colto l’occasione di intestarsi la battaglia.
È storia vecchia: agitare la minaccia del terrore nero per scatenare l’effetto “rally round the flag” e sperare di capitalizzare voti presentandosi come unico argine possibile, per quanto sgradevole, alla possibile ascesa del nuovo fascismo. In questo modo gli apprendisti stregoni democratici giocano col fuoco, avendo tutto l’interesse a esagerare la portata reale e l’unitarietà di un fenomeno che in realtà ha un andamento molto più frammentario, episodico, e molto meno ideologizzato di quanto si vorrebbe, ma i cui agitatori beneficiano della propaganda gratuita.
Il caso “Veneto Fronte Skinheads” a Como lo dimostra: i militanti sono stati identificati come provenienti da diverse città lombarde ed emiliane, senza una presenza stabile e condivisa in città e prendendo a prestito la denominazione veneta come brand d’occasione. Ma che al PD l’antifascismo – e, in misura ancora minore, l’accoglienza – interessino cinicamente come mero strumento elettorale lo dimostra il suo essersi fatto promotore di una manifestazione antifascista in una città in cui è visibilmente assente sul tema.
E come potrebbe essere diversamente? La marcata svolta populista a destra della segreteria Renzi per inseguire i consensi della rabbia sociale e, soprattutto, le politiche attivamente anti-migranti del governo a maggioranza PD difficilmente possono ispirare un impegno politico antirazzista a livello cittadino.
Non siamo ingenui: la foglia di fico del progressismo del PD, foss’anche moderato, è caduta da tempo anche allo sguardo più ingenuo. Ma quello che si è visto a Como è un antifascismo di plastica che ai neofascisti offre addirittura una stampella. Nessun migrante invitato alla manifestazione, anzitutto. È la prima cosa che colpisce chi fosse convenuto ieri al presidio comasco.
Un presidio che, almeno secondo le dichiarazioni di propaganda, era stato occasionato dall’attacco del presunto Veneto Fronte Skinhead contro i migranti e, solo in secondo luogo, contro la rete di Como Senza Frontiere. Eppure, i migranti presenti si contavano sulle dita di una mano, tutti convocati comunque da Como Senza Frontiere e rimasti ai margini della manifestazione, sotto al palco. A loro, uniche soggettività che avrebbero ogni titolo ad esprimersi, non è stata data alcuna voce.
Ma chi temeva un whitewashing, con il PD a parlare per propria bocca in nome dei soggetti migranti che invece è impegnato a reprimere a giorni alterni, è stato costretto a rivedere le proprie aspettative al ribasso: di migranti non si parlerà mai per tutta la mattinata, né tantomeno degli episodi di neofascismo.
Ad aprire l’incontro, inevitabile, l’intervento della giovane portavoce di Como Senza Frontiere Annamaria Francescato, che per il suo pur timido invito a un “radicale cambiamento della politica del governo italiano e dell’Unione Europea a proposito delle migrazioni” verrà pure ripresa personalmente dal segretario regionale del PD dietro le quinte della manifestazione. Sarà l’unico accenno all’attualità in una manifestazione dominata da letture di brani della Resistenza da parte di giovanissimi cooptati dal partito e amministratori locali.
L’antifascismo viene storicizzato, e dunque disinnescato rispetto all’attualità; l’unico collante possibile tra le forze politiche istituzionali che ieri hanno voluto unirsi. Un’atmosfera da rituale laico del 25 aprile, partecipato e sentitissimo quasi solo da tesserati del PD – e dunque, mediamente, di età avanzata – e che un minuto dopo la sfilata dei ministri e funzionari accorsi a Como a favore di telecamere non lascerà nessuna traccia.
Ma non la lascerà nemmeno, se non in negativo, nel serbatoio di consenso del PD. Periodicamente assistiamo alle esternazioni dei custodi istituzionali dell’antifascismo, generalmente politici di professione che invitano a spiegare alla gente comune – bontà loro – che alle sirene ingannevoli del populismo di destra non bisogna cedere.
Chiunque abbia una visuale ribassata rispetto a questo piedistallo, invece, vedrà come di fronte a queste vuote passerelle elettorali di un partito di governo corresponsabile dell’impoverimento e della precarizzazione delle condizioni di vita dei cittadini, e di fronte all’assenza di qualunque piattaforma politica che declini insieme antifascismo, affermazione della soggettività politica dei migranti, e opposizione alle politiche economiche del governo, le incursioni neofasciste in città siano prevedibili tanto quanto la loro capacità di raccogliere quote di consenso dal generale disorientamento politico.
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