
Rexhino “Gino” Abazaj di nuovo arrestato a Parigi: il rischio di una nuova estradizione verso l’Ungheria
Nonostante il rifiuto della giustizia francese all’estradizione verso l’Ungheria di Orbán, il militante antifascista italo-albanese è stato arrestato su mandato tedesco. Il rischio è che il procedimento riparta da capo.
Rexhino «Gino» Abazaj, militante antifascista italo-albanese di 33 anni, è stato nuovamente arrestato a Parigi nella serata del 16 dicembre. A darne notizia è stato il Comitato di solidarietà per gli arrestati di Budapest, secondo cui Abazaj è stato fermato e trattenuto dalla Sdat, la sottodirezione antiterrorismo della polizia francese. L’arresto riapre un caso che sembrava chiuso appena pochi mesi fa, quando la giustizia francese aveva respinto in via definitiva la sua estradizione verso l’Ungheria di Viktor Orbán.
Secondo il Comitato, Abazaj rischia ora «di essere estradato verso l’Ungheria», in violazione della decisione presa lo scorso aprile dalla Corte d’appello di Parigi. Nella mattinata del 17 dicembre l’attivista è stato ascoltato dai giudici della stessa corte, mentre all’esterno del tribunale si è svolto un presidio di solidarietà.
Il precedente rifiuto dell’estradizione
Abazaj è coinvolto nello stesso procedimento che ha portato all’arresto e alla lunga detenzione dell’attuale europarlamentare Ilaria Salis. I fatti contestati risalgono al febbraio 2023, quando a Budapest si svolsero le manifestazioni antifasciste contro il cosiddetto Giorno dell’onore, un raduno annuale neonazista che celebra soldati tedeschi e ungheresi sconfitti dall’Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale. Per quegli eventi la giustizia ungherese ha colpito almeno 17 militanti antifascisti in tutta Europa, tra cui Salis e la cittadina tedesca Maja T.
Abazaj era stato arrestato una prima volta nel novembre 2024 a Parigi, dopo essere fuggito dalla Finlandia, dove viveva dal 2015. In precedenza, infatti, Helsinki aveva accolto una richiesta di estradizione avanzata da Budapest e l’attivista si era trovato agli arresti domiciliari. «Mi sono trovato davanti a un dilemma: o spezzare l’anello elettronico e trovare rifugio altrove, o aspettare che la polizia di Orbán bussasse alla mia porta», aveva raccontato in un’intervista concessa a il manifesto mentre era detenuto nel carcere di Fresnes, nella banlieue parigina.
Dopo l’arresto in Francia, Abazaj aveva trascorso quattro mesi in carcere prima di essere liberato e posto ai domiciliari. L’8 aprile 2025 la Corte d’appello di Parigi aveva infine respinto definitivamente la richiesta di estradizione ungherese, ordinandone la liberazione e la revoca di tutte le misure cautelari. Nella sentenza, i giudici avevano riconosciuto il rischio concreto di «trattamenti disumani e degradanti» nelle carceri ungheresi e denunciato «défaillances sistemiche» riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario in Ungheria.
Per motivare il rifiuto, la Corte aveva citato esplicitamente il caso di Ilaria Salis e le «misure di sicurezza estreme» applicate nei suoi confronti, giudicate «sproporzionate rispetto all’entità dei fatti contestati». Una decisione accolta come una vittoria politica e giuridica dagli avvocati di Abazaj, dagli ambienti antifascisti e da numerosi osservatori internazionali, alla luce delle ripetute denunce mosse contro il sistema giudiziario ungherese da ong e dallo stesso Parlamento europeo.
Il nuovo mandato d’arresto tedesco
Il nuovo arresto di dicembre avviene però in un contesto diverso. Come spiegato a Domani dal suo avvocato francese, Youri Krassoulia, questa volta il fermo è stato eseguito sulla base di un mandato d’arresto europeo emesso dalla Germania, sempre in relazione ai fatti di Budapest del 2023. «È un arresto molto sorprendente», ha dichiarato il legale, «soprattutto alla luce della pronuncia della Corte d’Appello dello scorso aprile».
Nei prossimi giorni il tribunale dovrà decidere se mantenere Abazaj in custodia cautelare o rilasciarlo. Il 24 dicembre è invece prevista l’udienza decisiva sulla possibile estradizione in Germania. Un’eventuale consegna alle autorità tedesche, spiega l’avvocato, farebbe ripartire da capo il procedimento di estradizione verso l’Ungheria, aggirando di fatto la precedente decisione della giustizia francese.
Un clima repressivo sempre più ampio
Il caso di Abazaj non è isolato. Negli ultimi mesi le autorità francesi hanno intensificato i controlli e i provvedimenti nei confronti di militanti antifascisti, in particolare italiani. A novembre la disegnatrice Elena Mistrello è stata espulsa dalla Francia mentre si recava a Tolosa per un festival di fumetti, ritenuta un pericolo per l’ordine pubblico per aver partecipato nel 2023 a una commemorazione parigina di Clément Méric, giovane antifascista ucciso da estremisti di destra.
Episodi simili hanno riguardato anche altri attivisti, sottoposti a controlli prolungati alle frontiere, interrogatori e minacce di espulsione pur in assenza di procedimenti giudiziari a loro carico.
In questo contesto, reti e collettivi come Free All Antifà hanno annunciato l’avvio di una mobilitazione permanente per chiedere la liberazione di Abazaj e di tutti gli antifascisti colpiti dalla repressione giudiziaria in Ungheria e in Europa. «Deportazione e segregazione sembrano essere le caratteristiche irrinunciabili della nuova Europa di guerra», si legge in uno dei comunicati. «Se l’Europa chiede la mobilitazione, mobilitazione avrà».
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