Il problema dell’acconciatura dei fascisti
Lo scoop campeggia sulle prime pagine di Repubblica e Stampa: è tornato il fascismo!
Sui quotidiani oggi si racconta di un episodio odioso avvenuto martedì sera a Como, quando durante una riunione del gruppo Como Senza Frontiere alcuni membri di Veneto Fronte Skinheads sono entrati nel locale dove si trovavano i volontari per leggere un proclama a base di invasione, sostituzione etnica e difesa della patria contro il “turbocapitalismo alienante”. Ossia esattamente i contenuti che ci propinano ogni giorno La 7. La Rai. Mediaset.
Perché è proprio questo il punto. Quel proclama che diventa un “abominio”, una “farneticazione”, un discorso “delirante” negli allarmati commenti giornalistici di oggi, rappresenta esattamente ciò che fino a ieri rientrava nella normale dialettica democratica (e che ci rientrerà senz’altro anche domani). Sono le stesse parole presentate come fine analisi del capitalismo contemporaneo da pseudo-filosofi habitués dei salottini TV, gli stessi contenuti che guidano la stesura dei programmi di governo di blasonati politici a cui viene fornita poltroncina e campo libero ogni sera in prima visione, la stessa cantilena ripetuta all’infinito da pseudo-servizi scandalistici confezionati ad arte per rinfocolare senza tregua l’idea che tutti i mali di questo paese li causano gli immigrati.
Un’aggressione, certo. Una violenza, sicuro. Ma cos’è l’episodio avvenuto a Como rispetto all’intimidazione sistematica da parte delle istituzioni contro ogni solidarietà portata ai migrant? Rispetto agli sgomberi delle persone accampate, alle fontane chiuse e ai parchi recintati nel tentativo continuo di rimuovere i migranti dalla vista dello spazio pubblico, ai ricatti quotidiani e ai rimpatri forzati? Ieri, mentre Repubblica strillava contro il nazismo a Como, melliflui funzionari italiani interloquivano con gli “amici libici”, quelli dei campi schiavistici, per concretizzare i dettagli di una partnership che affidi loro la gestione, lautamente retribuita, dei flussi migratori in direzione dell’Europa.
Qualcuno dirà: ma qui non solo ciò che è detto è fascista, ma anche chi lo dice! Ma da quando professarsi fascisti è un problema nel nostro paese? Quegli stessi fascisti vengono continuamente legittimati nel dibattito politico, bastano giacca e cravatta e qualche capello in più sulla testa. In nome del “confronto democratico” gli si assegna il patentino di rispettabili interlocutori da portare sotto i riflettori, gli si dedica fiumi di inchiostro incensandone l’impegno profuso nel sociale (sic…). La comparsata in crani rasati e bomber nero solletica invece un immaginario fascista esplicito, utilissimo in periodo elettorale ad agitare lo stanco spauracchio del montare delle destre e convincere che la diga sia rappresentata dal Partito democratico: bisogna evocare il fantasma e dargli un corpo che corrisponda al suo immaginario macchiettistico perché i ciarlatani possano prodursi nello spettacolo dell’esorcismo. Ecco allora che dalle colonne di Repubblica si grida allo scandalo e all’emergenza, regalando comunque un’inattesa visibilità nazionale ai neonazi responsabili della calata di qualche giorno fa.
Perché, in fondo, nel megafono catodico italiano c’è posto per tutti: fascisti in doppiopetto, fascisti del terzo millennio, fascisti col cranio rasato. Purché siano fatte salve le apparenze. C’è da giurare, poi, che archiviata la questione elettorale la questione delle aggressioni fasciste varrà relegata nel dimenticatoio mediatico. Di chi è attualmente responsabile delle politiche razziste nel nostro paese, invece, non si parli mai.
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