L’antifa-washing del PD è disgustoso e pericoloso
L’irruzione dei militanti del Veneto Fronte Skinhead alla riunione di Como Senza Frontiere. L’esposizione della bandiera del Secondo Reich nella caserma di Firenze. L’aggressione di Roberto Spada al giornalista di Nemo ad Ostia. A leggere i giornali e a guardare la tv, sembra esserci un’onda nera nel paese, che a colpi di raid e pestaggi impone la violenza littoria su tutta la penisola. Ma è davvero così?
Tra i membri di polizia e carabinieri è dilagante la simpatia verso l’estrema destra. Ma dai! Nelle periferie romane ci sono fascisti spesso conniventi con la malavita locale. Incredibile! Nella zona tra Milano, Como, Varese e in generale tra Lombardia e Veneto esistono gruppi neofascisti organizzati. Stupefacente!
A noi sinceramente pare la scoperta dell’acqua calda. Da sempre nel nostro paese è un dato la presenza di organizzazioni e mentalità di questo genere, specialmente in alcune aree e contesti. Eppure, mantenendo una lucidità che molti sembrano perdere gridando e starnazzando all’impazzata sul ritorno al Ventennio, non ci sembra di scorgere un aumento insostenibile del numero dei militanti politici fascisti o neofascisti. Senza dubbio registriamo un processo di sdoganamento politico condotto da media e da alcune forze partitiche istituzionali, una maggiore capacità di finanziamento dei gruppi, ma non ci pare che a questo si accoppi una crescita inarrestabile nell’azione politica dei fascisti organizzati.
Piuttosto, questo sì, è un vento generale di destra quello che registriamo in termini di discorso, il quale si esprime a livello sociale più attraverso commenti rancorosi che attraverso il sostegno a forze organizzate. E al quale la risposta non può essere che l’intensificazione delle lotte sociali, ovvero la capacità di radicarsi in ogni modo nei territori dove più è forte il disagio abitativo, dove più si sentono la precarietà e lo sfruttamento sul lavoro, dove si agisce il disciplinamento della società del futuro (scuola, università), dove sempre più le istituzioni si ritirano dalla fornitura di benefit welfaristici, con il diritto di riservarsi la bastonata quando aprono nuove sedi e circoli di associazioni direttamente o indirettamente legate alla destra più nera.
Non sembra così per altri per cui le risposte appena elencate sono anatema. Il risorgere del fascismo in Italia è tema di discussione privilegiato degli esponenti del Partito Democratico negli ultimi giorni. Nel costruire un frame unico intorno ai fatti citati sopra, il PD si sta però rendendo protagonista di un’operazione molto pericolosa, quello di elevare a suo soggetto concorrente una galassia in realtà frammentata, compattandola e motivandola in maniera enorme rispetto al suo peso reale. Con il rischio di fomentare qualche singolo nostalgico a prendere coraggio e sì, di rendersi pericoloso davvero.
E’ un vero e proprio antifa-washing quello del PD. Lo spettro di un ritorno al fascismo viene strumentalizzato per rifare una verginità ad un partito che è il primo responsabile del clima di destra che si respira nel paese. Ma non basta a dimenticare le infami colpe di chi ha partorito progetto di sterminio contro i migranti nei lager libici strenuamente tuttora difesi da Minniti, e che solo qualche mese riprendeva lo slogan dell'”aiutiamoli a casa loro” per giustificare la caccia al migrante nelle stazioni e nelle strade.
E no, non si può proprio essere antifascisti in patria e torturatori all’estero. Non si può devastare i tessuti sociali del paese e poi ergersi a difensori dell’onda nera montante. Non si può legiferare unicamente nel senso della punizione e dell’attacco alle fasce più povere della società e poi sconvolgersi nell’apprendere la crescita del rancore nelle periferie. Non si possono avallare le peggiori narrazioni sui migranti, non si può ridurre a semplici atti di teppismo omicidi e agguati di stampo fascista e poi lamentarsene cancellando le proprie responsabilità.
Tornando sui fatti di Como. Il meccanismo utile al PD si è innescato a partire da quella che non a caso è stata definita da personaggi miserevoli come Gramellini “la forza gentile” di chi non ha risposto in alcun modo alle provocazioni. Intendiamoci, è normale che la paura possa inibire una risposta violenta da parte di chi ha subito il blitz neofascista; ma l’immagine di quel soggetto docile che invoca protezione allo Stato è quella utile al PD per riaffermare la sua legittimità di argine democratico alla barbarie.
E non a caso i membri di Como Senza Frontiere sono stati invitati dal solito zerbinesco Fazio in tv per parlare dell’argomento. Pensate che se qualcuno avesse giustamente menato uno degli arditi camerati che hanno interrotto la riunione quello spazio sarebbe stato ugualmente concesso? Molto probabilmente, la narrazione mediatica avrebbe riproposto lo scontro “antiquato” tra “rossi e neri”, come fatto in tutte le occasioni in cui non si è porto l’altra guancia ma si è risposto, andando all’attacco.
Chi va all’attacco, spesso, sono uomini e donne attivi negli stessi movimenti sociali che il PD attacca quando provano a insediarsi nelle periferie e ad arginare la guerra tra poveri promossa dalle organizzazioni neofasciste. Compagni che non sono “gente da capire” come gli abitanti di Goro che facevano barricate contro i rifugiati aizzati dal leghistello di turno, ma gente da combattere perchè insidiano la costruzione di un giochino perfetto.
Casa Pound, Forza Nuova, il Veneto Fronte Skinheads, lo stesso Salvini fascisteggiante di questi tempi non sono infatti per il PD nemici da combattere sul piano delle politiche sociali, che infatti sono completamente assenti da questo dibattito. Sono piuttosto utili alleati nella costruzione di un effetto-specchio, che attraverso l’immagine insopportabile dell'”Altro” rende migliore il “Noi”. In questo, sottolineare la brutalità dei fascisti cerca di rendere accettabili i democratici.
Una ripulitura e una costruzione positiva del sè che arriva guardacaso in tempi elettorali. Per quanto ci riguarda, il vero tranello in tutto ciò è legittimare questa operazione, accodandosi nella costruzione di un frontismo democratico utile solo a rinsaldare ulteriormente la legittimità dell’arco istituzionale e del PD in primis, che ripetiamo essere il primo responsabile della fase di egemonia culturale reazionaria che stiamo vivendo.
Diciamolo chiaro e tondo. La manifestazione convocata da Martina e ripresa da Renzi a Como per sabato 9 dicembre è un grosso problema. La probabile ampia affluenza di ogni singola soggettività antirazzista andrà a legittimare, volente o nolente, l’operazione del partito che ha promosso le peggiori politiche in senso razzista degli ultimi decenni. Basti pensare a cosa è stato il piano Casa e allo scaricamento effettuato principalmente su base etnica dei tagli al welfare, se non si vuole tornare agli accordi con le milizie libiche. E il PD sarebbe ora di colpo antifascista e antirazzista? Non scherziamo.
Il ricorso alla storia ci fa notare come la democrazia liberale abbia come orizzonte una possibile sua trasformazione in senso ultra reazionario in particolari contesti finanziari e sociali. Detto ciò, il governo Renzi-Minniti-Gentiloni, ansioso di non lasciare il monopolio della reazione ai fascisti; ci pare in realtà ancora perfettamente in grado di assicurare la stabilità ai ceti garantiti che rappresenta. Non c’è quindi un fronte democratico da rinsaldare, un arco istituzionale da sostenere contro un pericolo inesistente. Seppure in una fase ahinoi di stanca per le lotte sociali, dove forte è la necessità anche di ripensare l’intervento nei territori e il modo di relazionarsi ai soggetti che li vivono, noi diciamo: no, grazie. Quando il nemico marcia alla nostra testa noi non partecipiamo al corteo.
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