Strage Piazza Loggia: 435 pagine per giustificare l’autoassoluzione
In uno dei passaggi si legge: “I risultati, in termine di ricostruzione del fatto, appaiono potenzialmente schizofrenici. Ed, infatti, in base alle regole oggi vigenti, potrebbe giungersi a ricostruire un fatto differente (sebbene naturalisticamente identico) per ogni imputato, a seconda degli elementi utilizzabili nei suoi confronti e per alcuni potrebbe giungersi, in astratto, a negare la stessa sussistenza del fatto”.
In sostanza il processo penale non serve a stabilire la verità su un accadimento (costituente evidentemente reato), ma solo a stabilire se nei confronti di un determinato soggetto, in base alle regole processuali vigenti all’epoca del procedimento, quell’avvenimento si sia realizzato e lo abbia visto coinvolto al punto da potersene attribuire la responsabilità”. “Si tratta – hanno scritto i giudici – di una scelta di civiltà che questo collegio non può che tener presente e da cui va prestata osservanza pur non esimendosi, nei limiti del possibile, di ricercare una unitarietà della vicenda processuale che riguarda una pluralità di soggetti chiamati a rispondere del medesimo reato”.
Le prime valutazioni a caldo di Saverio Ferrari, dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre.
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Il commento invece di Manlio Milani, presidente dell’Associazione delle Vittime di piazza Loggia, che contesta invece la decontestualizzazione storica che emergerebbe da una prima lettura delle motivazioni.
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