Possiamo dire che quanto accaduto si muove nella traiettoria segnata dalle scorse giornate di piazza e che, seppur ancora su questioni che colgono parzialmente l’ampiezza del fronte sociale potenzialmente ricomponibile, danno una chiara indicazione di come affrontare la produzione di movimento e di conflitto nei prossimi mesi contro le politiche di austerità.
In questi giorni abbiamo subito l’esecuzione o il tentativo di rendere eseguibili sfratti in tutta la penisola, da Palermo a Roma, dove ieri 30 ottobre decine di agenti sono stati mobilitati per uno sfratto in zona Centocelle. Un vero e proprio attacco ai movimenti che rivendicano da tempo il blocco immediato degli sfratti. La chiusura del ministro Lupi e degli enti locali ad una soluzione radicale del problema è, oltre che l’ennesima dimostrazione del vuoto di legittimità che separa la governance italiana dai problemi di un paese quotidianamente in lotta con disoccupazione, la precarietà e l’emergenza abitativa, la riprova che la stessa governance sceglie di sostenere il mercato immobiliare privato, con parziali e sterili interventi sugli affitti e sulle morosità “incolpevoli” (escamotage linguistico che punta ad ulteriore frammentazione nel mare magnum dell’emergenza abitativa).
In primo luogo la scelta delle istituzioni locali e del governo di continuare a trincerarsi dietro i reparti della celere, con i manganelli e i lacrimogeni per proseguire le scellerate politiche di austerity.
In secondo luogo, questa stessa scelta rappresenta una sfida lanciata dai soggetti in movimento in questo autunno 2013 dall’universo della precarietà che nella ricomposizione delle lotte sta tracciando un percorso antagonista e indipendente. Sempre più di rado si scappa, sempre più spesso sono loro a dover contenere l’eccedenza che attraversa le piazze.
Infine e, soprattutto, continuiamo a costatare che nella frammentazione sociale, l’unico efficace processo di ricomposizione è quello in grado di riconoscere ed agitare quegli elementi comuni: precarietà, diritti, al reddito, all’abitare, alla città. Proprio a partire da una lotta e da un contrasto radicale alle condizioni strutturali interne allo stesso sistema di accumulazione neoliberista, rendita, finanziarizzazione del welfare, dei beni comuni, privatizzazione, ricatto del debito, dispositivi di assoggettamento e controllo sociale. Le nuove pratiche di movimento come l’#assedio ai palazzi del potere, oltre ad aver dimostrato essere la modalità di conflitto necessaria nell’attuale fase di crisi verticale della rappresentanza in grado di creare non solo consenso ma soggettivazione sociale, rompono anche il piano di sola testimonianza resistenziale delle vertenze proprio perché nella condizione di precarietà ormai esistenziale e di vita non c’è più nessuna mediazione possibile.
Nonostante questa sia stata un’ulteriore giornata di accumulazione sociale, dobbiamo essere tutti consapevoli che è necessario percorrere ancora una lunga strada ed un ingente sforzo per rilanciare parole d’ordine che sappiano parlare e praticare una reale alternativa a questo modello di sviluppo e rivendicare una definitiva redistribuzione della ricchezza e delle risorse sottratte alla collettività. Questa è stata una prima utile occasione per dare seguito al programma di lotta costruito con l’acampada del 19 e 20 ottobre, assediando i dispositivi della governance nazionale e locale oggi riuniti nella conferenza Stato-regioni-province e comuni. Un architrave inter-istituzionale che avrebbe potuto e dovuto affrontare non solo l’emergenza casa e il diritto all’abitare negato come da programma, ma inserire questi due aspetti in una generale riforma strutturale del welfare nel nostro paese. La battaglia per un nuovo spazio di democrazia radicale a tempi dell’austerity deve diventare il perno fondamentale su cui costruire dispositivi di movimento cominciando a denunciare la mancanza di volontà politica e non di risorse, basti pensare ai 24 miliardi investiti per realizzare un’opera inutile come il Tav in val Susa oppure gli onerosi interessi sul debito sovrano che la Troika impone all’Italia, robetta come ottanta miliardi l’anno. Ed e proprio dalle rivendicazioni di casa e reddito di esistenza e incondizionato per tutti che ripartiamo, in connessione con tutte le manifestazioni che dal 19O stanno attraversando l’intero paese. Vamos lento porque vamos lejos, dicono gli zapatisti.
A fianco dei e delle compagne identificati oggi in piazza.
Laboratorio Acrobax
Fonte: indipendenti.eu