5 stelle, Muraro: chi di legalità ferisce di legalità perisce
La vicenda legata all’emergenza rifiuti che imperversa sulle pagine di tutti i giornali ormai da circa due settimane anticipa il futuro prossimo delle politiche di Palazzo della Capitale. Come prevedibile, uno scontro infinito tra M5S e Pd. Riguardo la gestione dei rifiuti capire cosa è successo, gli interessi in campo, i rapporti esistenti, chi ha parlato con chi e perchè è veramente complicato, ma c’è un dato certo: l’assessore all’ambiente, Paola Muraro è parte integrante di quel passato di cui il Movimento 5 stelle ha dichiarato di voler combattere per aprire una nuova era nella politica romana. Una contraddizione che il Partito Democratico ha cavalcato immediatamente dopo la nomina degli assessori della nuova giunta Raggi. Il Pd sta attaccando duro ed è quello che si doveva aspettare il direttorio romano pentastellato. Sui servizi per l’ambiente, annoso problema di Roma, da un lato si sta verificando uno scontro tutto politico ma dall’altro, chiaramente, tra gruppi imprenditoriali. I due tipi di scontri sono tutt’altro che separati ma spesso non sono del tutto chiari: gli intrecci sono così fitti che sembra essere di fronte ad un dramma tutto interno ad una sola grande famiglia dirigenziale e il Movimento 5 stelle romano sembra stia facendo una corsa a volerne far parte. Sono passati due mesi dalle elezioni e la scelta di alcuni assessori, non solo quella di Muraro, sembra voler ripondere ad un desiderio di governo più che ad un’idea precisa di come vuol essere amministrata Roma.
Lo scontro politico di queste settimane riguarda principalmente il modo di concepire la gestione dei rifiuti a Roma adottato dall’ex sindaco Marino con il dimissionario presidente dell’Ama, Fortini e un cambiamento di direzione che sembra invece stia intraprendendo la giunta Raggi con l’assessore Muraro per l’appunto. Ma prima una precisazione sulla gestione dei rifiuti nella Capitale che non protende di essere esaustiva e/o precisa dato le numerose inchieste, vicende ed intrecci legati agli impianti comunali e privati.1
L’Ama, l’azienda municipalizzata che si occupa dei servizi ambientali di Roma capitale insieme ad Acea e Atac rappresenta una delle aziende più grosse della Capitale, conta 8.000 dipendenti, coinvolge diverse società esterne e gestisce milioni di euro. Ragion per cui l’amministrazione delle municipalizzate di Roma sono sempre state la prova del 9 delle giunte comunali e quindi nel mirino della stampa. Inoltre, attorno a queste aziende ruotano parecchi parecchi interessi che hanno rappresentato l’ago della bilancia di diverse campagne elettorali. Come è noto, durante la campagna elettorale che ha portato Alemanno al Campidoglio, i voti in cambio di posti di lavoro e appalti in Ama hanno fatto la differenza. A farne in parte luce è stata l’inchiesta Mafia Capitale. Tra i tanti, l’ex presidente di Ama, Panzironi che è stato condannato a 5 anni e 3 mesi per abuso d’ufficio e falso. Secondo l’accusa aveva assunto circa 800 persone su chiamata diretta, mentre il direttore di Ama, Fiscon è stato accusato di corruzione.
Sempre come è emerso nell’inchiesta Mafia Capitale ma di cui tutti i romani erano a conoscenza, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti è stato gestito negli anni in maniera emergenziale da tutta la classe dirigente che si è alternata alla guida della capitale. Non c’è infatti un piano strutturato e strutturale del servizio e l’Ama non è dotata di impianti che possano contribuire all’intero ciclo dei rifiuti. Ogni anno, infatti, si presenta il “problema rifiuti” e questo spesso coincide con l’estate come sta avvenendo in queste settimane. La malagestione del ciclo dei rifiuti è creata appositamente. Non c’è la volontà di creare un piano industriale efficiente per poter risolvere le emergenze una volta per tutte. Come abbiamo avuto modo di osservare in questi anni l’emergenza è strumentale alla creazione di profitto attraverso l’accaparramento di risorse publiche. Un nodo su cui si basano tutti gli affari e i legami tra politica e malavita, tra il mondo delle cooperative, gli appalti pubblici e gli amministratori locali. Organizzare un ciclo dei rifiuti efficiente e nel rispetto dell’ambiente non va d’accordo con la possibilità di intervenire sulle possibili emergenze che si creano o che si procurano. Se c’è una buona organizzazione del ciclo dei rifiuti non c’è emergenza e quindi non c’è chi ne trae guadagno. Questo meccanismo riguarda tutti i servizi pubblici della Capitale: il sistema dell’accoglienza dei migranti, la gestione dei campi rom, i trasporti e anche i rifiuti urbani.
Ma oltre a non aver mai previsto tra Comune e Ama un vero piano industriale dei rifiuti, altri elementi contribuiscono a creare l’emergenza rifiuti a Roma che sono legati, come accennavamo prima, inevitabilmente al mantenimento dell’emergenza stessa. Gli impianti Tmb (Trattamento Meccanico Biologico) che sono a diposizione di Ama sono, secondo il dimissionario Fortini in audizione alla Commissione Ecomafie2, impianti vecchi che non riescono a soddisfare lo smaltimento dei rifiuti della Capitale e per questo motivo si è fatto uso nel tempo dei trivagliatori della ditta Calari di Cerroni. L’impianto di Cerroni che sta a Rocca Cencia è un trivagliatore ovvero un impianto che trita i rifiuti che poi saranno destinati alla discarica o all’inceneritore, quindi come sottolinea Fortini “impianti che generano rifiuti da rifiuti” e lo stesso vale per gli impianti Tmb dell’Ama. Ma l’impianto di Cerroni nel progetto iniziale doveva essere costruito a Malagrotta e “magicamente” è stato spostato a Rocca Cencia. A Malagrotta, infatti, Cerroni avrebbe dovuto rispettare la tariffazione della Regione per la trivagliatura posta a 104 euro a tonnellata mentre spostandolo a Rocca Cencia non rientreva nel “pubblico” e perciò per anni il comune di Roma ha pagato a Cerroni ben 174 euro a tonnellata invece che 104. Marino insieme a Fortini, nominato dallo stesso ex sindaco amministratore delegato di Ama dopo la vicenda di mafia capitale, hanno messo in campo la delibera “Rifiuti Zero”3 in cui si prevedevano i cosiddetti ecodistretti. Gli ecodistretti a differenza del passato e come richiama lo stesso nome della delibera, secondo Fortini, avevano come obiettivo quello di non creare altri tipi di rifiuti, come avveniva con gli impianti tmb e i trivagliatori, ma prevdeva l’uso di impianti più moderni ed ecocompatibili. In sostanza si voleva eliminare il trattamento intermedio e dispendioso dei tmb e dei trivagliatori per superare anche lo smaltimento tramite inceneritori e discariche. Questo comportava anche l’incremento della raccolta differenziata al 65% entro il 2016, per altro obiettivo mai raggiunto. In questo progetto quindi l’ex sindaco Marino aveva tagliato dal ciclo dei rifiuti gli impianti di Cerroni per due motivi: il primo perchè la tariffa era troppo alta, il secondo perchè il trivagliatore voleva essere sostituito dagli ecodistretti che prevedevano impianti più moderni e con un minore impatto ambientale come quello del compostaggio. Nel momento in cui il comune di Roma con Marino ha smesso di usufruire dell’impianto di Cerroni si sono verificati due incendi, di cui ancora si devono accertare le cause (!), negli impianti tmb di proprietà dell’ama, quello a via salaria e quello a Roncigliano creando ulteriore emergenza. Inoltre, non usufruendo più degli impianti di Cerroni i rifiuti venivano portati negli impianti di compostaggio di alcune aziende del Lazio e a Pordenone alla ditta Bioman. Durante questa estate, spiega Fortini alla Commissione, i rifiuti si sono accumulati nelle strade di Roma perchè nei mesi estivi gli impianti che ricevono i rifiuti romani al nord e nel lazio vanno in manutenzione e ricoprono solamente il fabbisogno locale. Per ovviare a questo problema, Fortini aveva bandito un bando europeo per dare il tempo al Comune di costruire gli ecodistretti a Roma, idea più volte contestata da comitati di quartiere e collettivi per la difesa dell’ambiente, con l’obiettivo di fornire la Capitale di un piano che potesse coprire l’intero ciclo dei rifiuti senza dover usufruire di impianti esterni del Lazio o del Nord Italia. Il bando offriva 660 tonnellate di rifiuti per 4 anni a 360 milioni di euro. Il bando ha ricevuto una sola offerta quella della tedesca Enki che ancora deve avere le autorizzazioni necessarie. Secondo Fortini le imprese italiane non hanno partecipato per paura delle contestazioni e delle proteste all’arrivo dei rifiuti della Capitale in altri territori del paese!
Cosa c’entra Muraro in tutto questo? Il neo assessore Muraro è andata qualche giorno fa all’Ama imponendo con tanto di telecamere a Fortini di risolvere l’emergenza rifiuti di questi mesi riaprendo l’impianto di Cerroni. Questa richiesta ha quindi scatenato il Pd romano in aula e la stampa che hanno denunciato un conflitto d’interessi. E’ emerso quindi che la Muraro è stata consulente in Ama per 12 anni, di Bioman e di numerose altre aziende che hanno vinto appalti per Ama4. La stampa sostiene che il neo assessore non si può dire fosse solo una semplice consulente. Il peso che aveva dentro Ama, secondo i giornali, si evince dal fatto che ci siano delle intercettazioni di Buzzi con la Muraro stessa e in più che gli era stato proposto dall’Ad Fortini di diventare dirigente dell’Ama attraverso concorso pubblico. Come se non bastasse ricordiamo che Muraro ha un passato lavorativo nelle ditte di gestione dei rifiuti di Impregilo noto imprenditore italiano immischiato e anche indagato in affari simili in Campania. Muraro in Ama era responsabile dell’Autorizzazione integrata ambientale ovvero del controllo e della certificazione di quanto entrava e usciva dagli impianti. In un’indagine aperta dalla Procura di Velletri, dove sono stati inquisiti alcuni funzionari di Ama, è emerso che i rifiuti di un certo tipo che sarebbero dovuti andare in discarica, ad un certo punto erano stati bruciati negli inceneritori. L’assessore Muraro era proprio la responsalibile del controllo dell’attribuzione dei codici di smistamento dei rifiuti e in questi giorni si difende dichiarando di aver mandato decine di mail alla dirigenza Ama in cui avvisava le irregolarità che sono state ignorate e che ora sono in mano alla procura.
Bisogna tenere bene a mente, infatti, che il ciclo dei rifiuti è un vero e propiro ciclo produttivo. Come produrre automobili ma un po’ più complicato. I rifiuti sono materia prima prodotta dall’uomo da trasformare in merce da vendere. Raccolta, smistamento, lavorazione, trasporto, vendita. La merce-rifiuto ha anche un prezzo/costo compresa di tasse o agevolazioni statali a seconda della tipologia, se è riciclabile se non lo è, se è destinata alle discariche o agli inceneritori. Insomma, la spazzatura è oro che cola. Spesso i termini cambiano ma smaltire i rifiuti vuol dire lavorarli, trasformarli in prodotti finiti. Vuol dire vendere la spazzatura ad un tot al peso, lavorarla per farla diventare un prodotto differente da quello iniziale per poi rivenderla ancora. Ecco perchè Cerroni aveva interesse ad entrare in questo ciclo produttivo, perchè c’è spesso la malavita organizzata dietro la gestione degli impianti5 e perchè cambiare i codici per lo smistamento della spazzatura sarebbe come cambiare destinazione ad un vagone pieno di lingotti d’oro.
L’assessore Muraro insieme al deputato Vignaroli e Cerroni si sono incontrati per ricostruire un patto “emergenza” e riaprire l’impianto di Cerroni di Rocca Cencia. Tutto questo come è ovvio scavalca il progetto di Marino e di Fortini e la delibera “Rifiuti Zero”. Marino infatti ha denunciato sul suo blog6 che tutto tornerà come prima e i suoi sforzi per ripulire Roma dal malaffare “non sono serviti a niente”. Ma qui parliamoci chiaro “il più pulito c’ha la rogna”. Tanto è vero che un altro dei punti degno di nota su cui sta attaccando il Pd, è proprio il ruolo di Vignaroli in questa vicenda. Il deputato 5 stelle ha partecipato all’incontro di Murano con Cerroni ed è vicepresidente della Commissione Ecomafie che nei giorni scorsi ha sentito Fortini e che a settembre sentirà anche Muraro e Raggi. Un conflitto di interessi che il Partito Democratico ha denunciato chiedendo, inoltre, le dimissioni di Vignaroli perchè incopatibile con l’inchiesta parlamentare.
Molte delle notizie, delle indiscrezioni, delle indagini sono riportate dalla stampa e come è avvenuto per i sindaci precedenti alla Raggi, come per esempio Marino, gli “scandali” portati fuori dalla stampa sono strumentali a un potere che li guida. Ma anche se potessimo dare per certo solo la metà delle notizie che appaiono sui giornali il grosso punto interrogativo riguarda quali interessi o per quali ragioni l’assessore Muraro e quindi la giunta Raggi, contrari alla riapertura di Malagrotta, vogliono riaprire il trivagliatore di Cerroni senza cercare soluzioni alternative. Nonostante, le ipotesi, le illazioni della stampa sono tutte domande a cui per il momento non è stata data risposta. Oltre le inchieste della magistratura in corso, le condanne ai danni della ditta Calari, tutti quanti sanno qual è stato il ruolo di Cerroni sulla gestione dei rifiuti a Roma. Perchè voler riaprire una strada che sembrava essere stata chiusa? Le ipotesi potrebbero essere due: la prima riguarda la necessità del movimento 5 stelle di voler dimostrare di poter risolvere alcuni problemi atavici della città nel minor tempo possibile; la seconda, riguarda il fatto che la Regione Lazio ha ricordato alla Raggi che ad Ottobre la Commissione europea verrà a Roma per verificare se sui rifiuti vengono rispettati gli standard europei. Ragioni, però, che non possono di certo bastare.
Il movimento 5 stelle alla prova del 9 del governo di una città o di un territorio non passa proprio a pieni voti. Il grido Onestà! Onesta! che ha fatto seguito alla investitura di Virginia Raggi è il monito di un giudice di fronte alla casta corrotta senza avere nessuna idea complessiva di come si può gestire una città come Roma. Ogni assessore ne ha una e questa corrisponde al suo passato da tecnico e politico. E se all’urbanistica possiamo trovare Berdni all’ambiente ci troviamo Muraro. La morale legalitaria del movimento cinque stelle onnipresente nelle campagne elettorali e trait d’union di tutto il movimento è servita a far destabilizzare il partito democratico e farlo perdere su tutta la linea alle ultime elezioni ma è debole di fronte alla mancanza di una prospettiva compiuta. Il problema, infatti, non è se i politici che rappresentano i cittadini stanno all’interno dei dettami delle leggi ma da un lato che tipo di modello si vuole applicare alla società e dall’altro il concetto stesso di democrazia rappresentativa.
Nuovi scenari infatti si aprono a Roma e nei territori sul solco di questo modello inesistente. Di fronte al Pd sappiamo bene dove colpire perché ha un’idea definita di quello che vuol fare del nostro paese e delle vite di tutti noi. Ma di fronte al 5 stelle nostro compito probabilmente è quello di allargare questo solco passo dopo passo. Il rischio di Roma sarà di nuovo l’ingovernabilità e nostro compito coglierne l’occasione. Tendere sempre di più l’elastico che faccia cadere le inequivocabili contraddizioni del Movimento 5 stelle e far spostare quella insufficiente ma genuina insoddisfazione anti-casta di una parte del paese verso un processo reale di cambiamento. Il 5 stelle ha sferrato i suoi colpi contro il Pd al grido onestà e legalità e sarà con lo stesso scatto moralistico che verrà liquidato da una casta che tutto sembra essere tranne che morta. Anzi, pronta a coptare qualsiasi possibilità altra.
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