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A Goro e Gorino è razzismo di Stato

La decisione delle forze dell’ordine di non intervenire, ponendo fine al blocco, rende bene l’idea di come la tanto decantata legalità sia solo una maschera da mettere o meno a seconda della convenienza politica. Gli italianissimi abitanti di Goro e Gorino scesi in piazza sono potenziali elettori, le centinaia e centinaia di migranti che occupano casa, che vengono sfruttati nei magazzini, che scappano dalle guerre e che non hanno il diritto al voto possono invece essere sgomberati, picchiati, respinti senza pietà. La protesta di Goro e Gorino è utile per spostare ulteriormente l’attenzione sulla “minaccia dell’invasione“, le lotte sociali che si concentrano su politiche sempre più all’attacco di diritti e dignità sono invece un pericolo mortale: è su questo che si misura la legittimità delle proteste, e il conseguente intervento repressivo.

Goro e Gorino sono territori con un’economia prevalentemente basata su agricoltura e pesca, luoghi un tempo contraddistinti da alti tassi di emigrazione, divenuti agiati negli ultimi decenni ma dove la crisi ha colpito molto forte, abbassando drasticamente gli standard di vita faticosamente conquistati: e proprio su questa congiuntura si è installato forte il discorso leghista, che vede nella zona del ferrarese tantissimi altri comuni dove proliferano piccoli Salvini (come ad esempio Alan Fabbri a Bondeno, candidato alla guida della Regione nel 2014), abili a spargere sempre più ostilità verso il migrante.

E’ il caso in questo episodio di Nicola “Naomo” Lodi (foto a destra), leghista di lungo corso, particolarmente attivo al megafono durante le ore di blocco, che ha approfittato della situazione per manipolarla a suo vantaggio. Non sono “semplici cittadini” quelli che hanno messo in campo questa pessima iniziativa, bensì uomini e donne che appoggiano e promuovono il messaggio leghista e forzanovista e che non rappresentano in toto le comunità in esame. Fare questo distinguo è necessario per evitare una narrazione, sbagliata, di rivolta spontanea di cittadini esasperati: a Gorino non c’è alcun centro d’accoglienza, non c’erano prima di oggi altri migranti. La questione è tutta politica.

Esprime rammarico il prefetto e capo del dipartimento immigrazione del Ministero degli Interni, Mario Morcone, affermando che i cittadini che hanno eretto i blocchi dovrebbero vergognarsi. Morcone è lo sttesso che qualche settimana fa però affermava che i migranti dovessero essere inseriti (a costo zero, of course) in attività utili alla collettività, facendo sottilmente passare il discorso per il quale l’accoglienza andasse in qualche modo meritata, contribuendo così a rinforzare lo stereotipo del migrante “che ruba il lavoro e delinque” ed essendo così corresponsabile di quanto accaduto.

Quanto avvenuto a Gorino e Goro non è casuale, non è da ascrivere ad un razzismo innato degli abitanti dei due paesini, non libera dalle proprie responsabilità chi si straccia le vesti rispetto a quanto accaduto. E’ invece il prodotto di anni e anni di bombardamento mediatico e di conseguente attività legislativa tesa a creare un solco tra l’italiano da tutelare e il migrante brutto e cattivo, capro espiatorio su cui addossare ogni tipo di risentimento e rancore. E’ il risultato di trasmissioni televisive come “Dalla vostra parte”, “Quinta colonna” et similia, che ogni sera scaricano l’odio e il rancore dovuti alle conseguenze della crisi su presunte colpe dei più deboli.

E’ conseguenza logica del “prima degli italiani” salviniano, vero competitor nelle periferie sociali del nostro paese di chi lotta per rompere ogni confine e ogni steccato. E’ conseguenza logica di un Movimento 5 Stelle, sia locale che nazionale, che sulla questione migratoria ha posizioni indifendibili e vicine alla peggiore Lega. E’ conseguenza, soprattutto, di un PD sempre più arroccato a difesa dei suoi privilegi e dei centri ricchi del paese, che si riempie la bocca di parole come “intervento umanitario” e “migration compact” per poi procedere a devastare a suon di bombe l’Africa e il Medio Oriente, creando la miseria sulla quale dare il via alla speculazione politica.

Razzismo di Stato insomma, come siamo abituati purtroppo da troppo tempo, e contro il quale l’unica risposta è la costruzione di percorsi di radicamento nei territori, nelle periferie, all’insegna del meticciato e della solidarietà.

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