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Angelino e Silvio: così vicini ma così lontani

Un commento della redazione di Senza Soste sulle attuali incrinature nel centro-destra italico di marca berlusoconiana.

La scissione a destra, tra Forza Italia e Nuovo Centrodestra, è sicuramente rivestita di caratteri di satira sfrenata ma rivela anche utili indicazioni sull’ennesimo periodo di convulsioni nella vita politica istituzionale. Il lato farsa della vicenda è sicuramente divertente. Il nuovo centrodestra di Alfano, benedetto da un risorto Ruini e con il ramo affari di CL in prima fila (Lupi, Formigoni), si è lasciato libere le mani in modo così sfacciato da fare l’alleato oggi del centrosinistra ma da non escludere affatto l’alleanza con Berlusconi domani. Contemporaneamente Forza Italia di Berlusconi, leader che ormai rattrappisce fisicamente ad ogni intervento più faticoso del solito, da una parte ha espulso la corrente di Alfano-Formigoni mentre dall’altra proclama la possibile alleanza con il nuovo centrodestra alle prossime elezioni.

Le opzioni politiche, proprio perché la politica isitutuzionale ha ridotto di molto il proprio campo di azione, si somigliano ormai così tanto che scissioni e alleanze si fanno con la stessa naturalezza che c’è nell’alzarsi o sedersi in un posto libero sull’autobus o in metropolitana. Anche perché la politica istituzionale, ingabbiata da una governance multilivello europea ormai particolarmente aggressiva, è solo questione numerica della disponibilità o meno del pacchetto di voti necessario per approvare soprattutto la legge di stabilità. Quella suggerita, semplifichiamo perché lo scenario reale è molto più complesso, tramite il two pack, la procedura di sorveglianza dei paesi membri, dell’eurozona che è particolarmente occhiuto nei confronti del nostro paese.

È evidente che il pacchetto di voti parlamentari garantiti dagli alfaniani serve all’ “Europa”, leggi tagli strutturali alla spesa pubblica, oltre che agli interessi nelle infrastrutture e nell’edilizia di CL. Mentre Forza Italia, costretta a fare opposizione per garantire copertura al patriarca del partito-azienda che la finanzia, deve giocare all’instabilità fino a quando la situazione di Berlusconi non sarà, in un modo o in un altro, stabilizzata. Al momento quindi i voti di Berlusconi non sono validi per l’ “Europa” mentre quelli alfaniani sì.

C’è poi la situazione di Mediaset, ragione reale della vita del Pdl prima e della nuova Forza Italia poi. Balza subito agli occhi un dato: il 2008 e il 2012 Mediaset ha visto calare il giro d’affari del 12,3% e, di conseguenza, ha subìto una flessione delle risorse per l’azionda del 14,5%, eppure nello stesso periodo l’azienda del Biscione ha corrisposto agli azionisti dividendi per 1,19 miliardi di euro, un dato superiore di circa 100 milioni agli utili accumulati nello stesso periodo. Ci sono diverse interpretazioni del fenomeno ma una è incontrovertibile: la finanziarizzazione di Mediaset, il gioco della sua collocazione in borsa, ha pagato più della stessa ragione sociale della holding della comunicazione fondata da Berlusconi.
Infatti non solo negli ultimi giorni il titolo è salito, non di poco (dell’1,6), ma dal pre elezioni in poi Mediaset ha guadagnato oltre il 130 per cento in borsa. È evidente il gioco del rapporto tra Mediaset e il Berlusconi “politico”: più è chiara la collocazione di Berlusconi in politica, libero e carismatico capo di qualcosa anche all’opposizione, più il titolo Mediaset offre quella chiarezza di rapporto all’investitore. Poi, con un partito politicamente in armi a difesa del leader, l’azienda offre all’investitore estero un profilo di solidità istituzionale, a parte dettagli come la multa per la vicenda Cir che non intacca però il business.

Ci sarebbero poi da analizzare le tipologie di investimento legate al titolo Mediaset, vero produttore di profitto degli ultimi 4 anni. Non è da trascurare infatti che, con le masse di liquidità liberate dalle banche centrali, la comunicazione è sempre un terreno appetibile. Tutto bene quindi per Berlusconi nonostante la scissione? Evidentemente no. Prima di tutto perché il gruppo Mediaset, con la scissione di Alfano, celebra anche il divorzio politico dal potente gruppo di affari di CL. E quindi da tutta la finanza, nonché la Chiesa, collegata da questo mondo propriamente lombardo nonché siciliano, altro bastione di affari economico-finanziari per Berlusconi, dove la scissione tocca l’ex superfidato di Berlusconi Renato Schifani.

Questa scissione può quindi avere conseguenze economiche per Mediaset. Nella perdita di alleanze che possono anche essere diventate superflue ma solo se regge la finanziarizzazione, e quindi l’autonomia dal mercato reale, di Mediaset dell’ultimo quadriennio. Altrimenti, con la crisi che durerà, trovarsi senza alleato politico e senza alleato economico per Berlusconi, anzi per il futuro di Mediaset, potrà essere un problema serio. Anche perché la sopravvivenza politica del nuovo centrodestra di Alfano è legata al declino di Forza Italia. Altrimenti, o la condizione di alleato prigioniero o il ripetersi dell’esperienza Fini sono dietro l’angolo. Alfano e Berlusconi fanno quindi dichiarazioni sia di divorzio che di possibile alleanza. È una comica ambiguità che non può durare a lungo.

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