Elezioni Europee: tra voto di protesta ed astensione l’europeismo liberista e belligerante è sempre più in crisi
Debacle totale per il falco Macron che ha passato gli ultimi mesi di campagna elettorale a spingere sul terreno del conflitto aperto con la Russia. Alexandre De Croo, primo ministro liberale del Belgio è dimissionario e in Germania, il grande malato d’Europa, l’ultradestra di AfD sorpassa i socialisti di Sholz.
Bad news? La destra sovranista avanza in alcuni dei paesi più importanti d’Europa ed anche se giornali e politici liberisti si consolano con la tenuta complessiva della maggioranza Ursula il segnale è quello di un consolidarsi della crisi di un certo progetto europeista ed il rifarsi avanti degli interessi nazionali “particolari”. L’avanzata delle destre è uno scenario tanto oscuro quanto prevedibile: se a contare sono spesso dinamiche interne ai singoli paesi ciò che ha offerto l’Unione Europea negli ultimi anni è stata guerra, transizione ecologica dall’alto e inflazione. Un terreno di coltura ideale per una disaffezione sempre più significativa nei confronti della politica istituzionale e per la saldatura di interessi di ceti in affanno con un marasma interclassista attratto dalla sirena del momento.
La guerra in Ucraina e le sue conseguenze economico-sociali, l’incondizionata sudditanza agli Stati Uniti hanno influenzato non poco il voto. La destra-destra ha sfondato dove si è collocata contro l’intervento diretto nel conflitto, con un anti-interventismo di facciata, ma pur sempre efficace a fronte di governi sempre più avvitati nella dinamica dell’escalation.
Un ruolo non secondario devono averlo giocato anche le proteste degli agricoltori contro la nuova PAC, cavalcate dalla destra in quasi tutta Europa in un contesto in cui la transizione ecologica imposta dall’alto viene recepita come l’ennesima gabella per alcuni, un tentativo di accentramento dei capitali per altri. La dimostrazione pratica che nessuna transizione è possibile senza una redistribuzione delle risorse.
Dunque sì, l’avanzata delle destre in alcuni dei paesi cardine del progetto europeista non è di certo una buona notizia, ma la sonora bocciatura delle politiche liberiste e guerrafondaie portate avanti fino ad oggi (ricordiamoci il recente spot di Von der Leyen, che dice molto di più di chiacchiere e programmi politici) è un dato che è destinato ad incidere sullo scenario complessivo.
Non bisogna illudersi però che l’ascesa delle destre sia contingente, anzi, è più probabile, come stiamo vedendo in Italia, che queste forze diventino garanti degli interessi dominanti esercitando delle forme più o meno rigide di inclusione differenziale e gestione della miseria.
In Italia. Cambia poco, Fratelli d’Italia si conferma il primo partito e guadagna qualche punto percentuale anche se i voti in termini assoluti continuano a diminuire (7milioni e 300 mila alle politiche del 2022, 6milioni e 550 mila alle Europee). Nel campo del centro-sinistra il PD drena una quantità di voti significativi ai 5Stelle e AVS spinta dalle candidature di Ilaria Salis e Mimmo Lucano fa un risultato decisamente superiore alle aspettative dei sondaggi. Nel centrodestra la Lega in salsa “colonnelli” con Vannacci come capofila non sfonda e rimane dietro a Forza Italia. Le liste che fanno dell’europeismo-atlantista il loro marchio di fabbrica (Stati Uniti d’Europa e Azione di Calenda) prendono una sonora sberla (anche qui a differenza di quanto previsto dagli ultimi sondaggi) e non superano lo sbarramento, indice di quanto detto sopra.
A caldo gli aspetti particolarmente interessanti da considerare sono due: uno è il voto nella circoscrizione sud, infatti qui il PD supera Fratelli d’Italia di pochi decimali diventando il primo partito, terzo il Movimento 5 Stelle che perde di meno che nel resto d’Italia con quasi il 17% confermandosi una forza significativa al Sud. Il governo Meloni, tra autonomia differenziata, Ponte sullo Stretto e giochetti sul PNRR viene percepito sempre più come lontano dai bisogni e dalla realtà di chi vive nel meridione (seppure in un clima di disaffezione generale per la politica) al netto degli spot ordine e sicurezza a Caivano. Questo è un brutto segno per FDI e FI che hanno sempre avuto un significativo bacino elettorale al Sud.
L’altro segnale interessante in termini di dinamiche elettorali è il voto dei giovani under trenta dove i primi tre partiti sono il PD con il 18%, il M5S con il 17% ed AVS con il 16%. Fratelli d’Italia è il primo partito del centrodestra con un misero 14%. E’ sempre più evidente che questo non è un paese (ed un governo soprattutto) per giovani, con una frattura generazionale sempre più marcata. Il dato è ancora più significativo che alle politiche con i partiti europeisti (Stati Uniti d’Europa e Azione) che fanno leggermente meglio (rispettivamente il 7 ed il 6%) che nella media generale, ma non riescono nell’effetto sfondamento sperato. Evidentemente tra i giovani che sono andati alle urne i temi sono altri. La Lega in questo range d’età supera appena la soglia di sbarramento con il 5%.
A condire il tutto i dati sull’astensione che continua ad essere in ascesa nonostante il bombardamento di appelli al voto.
Ilaria. E’ evidente che la mobilitazione elettorale per la sua liberazione ha inciso e non poco nei risultati elettorali di questa tornata trascinando AVS a delle cifre che neanche le previsioni più ottimistiche potevano ipotizzare. Un fatto a suo modo importante, anche se avvenuto dentro un’urna elettorale. Non bisogna però tirare respiri di sollievo, la campagna per la sua liberazione è ancora lunga e deve tornare ad occupare le piazze e le strade. Esiste diffuso in questo paese un sentimento frammentato e spesso sottovalutato che può diventare una forza per la trasformazione, che può pesare soprattutto al di fuori delle urne: ricostruire un contesto di possibilità per cui si esprima è imperativo, fare in maniera che esso si connetta con i tanti che scelgono il non voto o il voto di protesta per testimoniare l’insostenibilità nei confronti di questo presente è fondamentale.
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