InfoAut
Immagine di copertina per il post

Per sempre un nemico, pur sempre un nemico

Silvio Berlusconi è morto questa mattina e sono iniziate le celebrazioni a reti congiunte, coccodrilli pronti da mesi, cordoglio bipartisan e il solito carrozzone mediatico che ci affligge ad ogni morte eccellente.

Ed è vero che la sua scomparsa è in qualche modo un fatto storico, più che altro per il suo portato simbolico: la definitiva sanzione della fine di una stagione storica e politica, il cui tramonto è iniziato con la crisi finanziaria del 2008, guarda caso momento fatale che innescherà il suo declino, e sta consegnando i suoi ultimi lasciti oggi sull’orlo di una guerra totale.

La biografia politica di molti/e militanti/e è intrecciata in maniera diretta ed indiretta con questa stagione politica. Il movimento No Global, le lotte contro le riforme dell’istruzione, contro le grandi opere inutili, i nuovi conflitti nel mondo del lavoro e la confusa, convulsa stagione di mobilitazione che ha seguito la crisi del 2008 hanno visto spesso nella persona di Berlusconi uno dei nemici da combattere tentando di non finire nel campo dell’antiberlusconismo pedante.

Un nemico perchè questo è stato, e nonostante di fronte alle miserie del presente si possa rimpiangere persino un nemico come lui, non bisogna indulgere nella nostalgia dei brutti tempi andati e misurarsi con il terribile adesso.

Di questo vogliamo parlare, di come questa fase di transizione storica, dalla caduta del muro di Berlino alla crisi del 2008, i giorni della fulminea globalizzazione ascendente abbiano trovato il proprio interprete ambiguo e multiforme nel nostro paese in un impreditore della Milano da bere.

La spoliticizzazione di massa

Berlusconi è stato attore e fautore di quel processo che potremmo definire spoliticizzazione di massa, un fenomeno che si era già aperto negli anni ’80 del novecento e che ha trovato il suo culmine negli anni ’90 e nei primi 2000. La sua seconda vita, dopo quella da immobiliarista, cioè quella di editore e ancor di più di creatore compiuto della televisione privata in Italia si è mossa con continuità in questo senso. La comunicazione berlusconiana, per certi versi anticipatrice di paradigmi che a breve sarebbero diventati egemonici, si è inserita dentro un brodo di coltura prolifico, quello del riflusso dei movimenti sociali, del compromesso storico e dei ruggenti anni ’80. La sua proposta editoriale è riuscita a recuperare in chiave contraddittoria, edonistica e paternalista allo stesso tempo, individualista e familista, alcune delle pulsioni del lungo ’68 tanto che certi protagonisti ed attori di quella stagione hanno trovato un comodo approdo nei suoi giornali o nelle sue televisioni. Qui forse una delle sue operazioni più argute, cioè proporre una strada per la realizzazione di quella “fantasia al potere” declinata in una sorta di “paese della cuccagna” inesistente e fantastico, per l’appunto, per l’italiano medio, ma come modello a cui aspirare dentro l’orizzonte unico del libero mercato. Doveva da lì a poco concludersi, secondo alcuni, l’epoca delle ideologie, e Berlusconi, di cui si può dire tutto ma non che mancasse di intuito, ha compreso che si stava aprendo una nuova epoca della politica, dove una proposta interclassista basata sul presunto successo della globalizzazione e declinata maccheronicamente all’italiana poteva funzionare. La potenzialità della cattura della riproduzione sociale, del debito, del compromesso tra lavoro e capitale trovava una sua contraddittoria sintesi con l’Italia delle piccole-medie imprese, dell’ipocrita puritanesimo borghese, del familismo e della sconfitta proletaria.

Rivoluzione liberale?

Oggi giornalisti e tv parlano di una voluta e “mancata” rivoluzione liberale di Berlusconi, almeno nella sua prima fase politica. Agli occhi di chi ne parla questo dovrebbe nobilitare in qualche modo l’uomo politico e proporlo a padre putativo “bi-partisan” di chi vorrebbe farsi sposor di questa “rivoluzione” oggi. Una agiografia che non solo corrisponde ben poco alla realtà se si scorrono trent’anni di berlusconismo, ma a dirla tutta non ne rendono nel profondo neanche le vere intuizioni, se così possiamo definirle. Probabilmente Berlusconi aspirava idealmente a leggittimare il suo progetto in questo quadro, ma al netto della fine del sistema dei partiti (condizione che ne ha permesso la discesa in campo, ma frutto di Tangentopoli e non della sua entrata in politica), la politica di Berlusconi, molto più pragmaticamente, proponeva un nuovo compromesso sociale che aveva i suoi perni sul ceto medio prodotto dalla prosperità del decennio precedente (fatto di piccoli imprenditori, commercianti, lavoratori autonomi e piccoloborghesi vari) e su una parte di classe operaia integrata che era in uscita in varie forme dalla fabbrica.

Un compromesso atipico, dato dall’incontro tra la globalizzazione ascendente e la geografia storica e sociale del nostro paese, ma che sarebbe durato relativamente poco, proprio perchè figlio di una transizione.

Se adiamo a ben vedere fu soprattutto il centro-sinistra a provare, nei suoi brevi periodi di governo, a imporre dei tentativi di ristrutturazione in senso neoliberale dello Stato e dell’economia tra liberalizzazioni e precarizzazione del lavoro. Non è che Berlusconi fosse un conservatore, né tanto meno che odiasse il capitalismo sfrenato, semplicemente si rendeva conto che la particolare collocazione dell’Italia nella catena del valore internazionale in quel dato momento sorreggeva questa sua idea di compromesso sociale e che una sua rottura avrebbe comportato anche la sua fine politica. L’apertura alla destra e alla Lega Nord va inserita in questo quadro. Puro pragmatismo, che lo portava in parte ad essere recalcitrante verso i dettami dell’Unione Europea. Ma si trattava di un’illusione, determinata da una fase transitoria, e questa illusione di poter mantere in piedi il proprio compromesso sociale mentre la coperta si faceva sempre più corta, di fronte a forze sempre più soverchianti è stato ciò che lo ha portato alla sconfitta. Il 2008 è stato il punto di rottura.

Ciò che rimane compiutamente liberale di Berlusconi è stata la battaglia pro domo sua contro una magistratura che a tutti gli effetti, ben prima della sua salita al potere, si è fatta soggetto politico spesso con fini propri da perseguire. A contraltare di ciò è superfluo ricordare la sua postura da caudillo, gli “editti bulgari”, le complicità con le forme più parassitarie del capitalismo italiano che oggi i commentatori tv si dimenticano di menzionare.

La politica estera

Quello che ne viene fuori è un’opportunista non privo di intuito o di una visione a suo modo strategica che va in crisi quando si manifesta il cambiamento di un’epoca.

Anche in politica estera questa sua postura è stata evidente: da un certo punto di vista ha tentato di conservare la posizione dell’Italia prima della caduta del muro di Berlino. Cioè quella di un fedele membro della Nato che però poteva permettersi qualche marachella nel Mediterraneo allargato per i propri interessi. Dall’altro ha tentato anche qui di essere un interprete dei tempi, della globalizzazione senza confini portatrice di una presunta pace perpetua (almeno tra i bianchi occidentali) in cui la fine delle ideologie avrebbe portato tutti, ma proprio tutti a fare affari insieme. L’incontro di Pratica di Mare con Bush e Putin che viene ricordato spesso in queste ore andava in questa direzione. Ma d’altronde il suo governo non si è mai tirato indietro quando si è trattato di “prendersi la propria parte di bottino” in Afghanistan ed Iraq. Per non parlare del G8 di Genova, della Diaz, di Carlo, e delle conseguenze internazionali di quelle giornate a livello dei movimenti sociali.

Anche qui il progressivo sgretolamento dell’illusione berlusconiana si è manifestato in maniera definitiva dopo la sua caduta con l’intervento militare internazionale in Libia del 2011.

Probabilmente oltre alle simpatie umane con Putin, i suoi senescenti borbottii sulla guerra in Ucraina, a tratti non privi di lucidità, sono anche il frutto di una consapevolezza maturata da tempo che la sudditanza totale agli interessi USA e la sempre minore autonomia politica italiana ed europea sono destinati, persino da un certo punto di vista borghese, a condurci verso il disastro sociale ed economico, se non peggio…

Dunque che dire… non ci interessa qui disquisire sul fatto che Berlusconi fosse un fine statista od un giullare, per noi è stato un nemico e come tale va preso sul serio. La sua ascesa e caduta hanno definito un arco ben preciso ed entrambe hanno posto le premesse del presente. Se oggi ci troviamo con il governo più a destra della storia repubblicana, che è allineato completamente con la NATO nella direzione di una guerra globale, è anche per via del compimento della sua vittoria, che ha sdoganato l’idea di una società senza classi, che ha permesso ai post-fascisti di trovare la strada per il governo, ma anche della sua sconfitta, che ha consegnato l’Italia ad un susseguirsi di governi tecnici e di austerità rapace.

Dunque per noi rimane un nemico, per sempre un nemico, ma anche pur sempre un nemico.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

berlusconiglobalizzazioneguerrano gelminiNo global

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

American way of death

Pochi giorni dopo la sparatoria di Butler che ha causato una ferita all’orecchio di Trump, un morto, due feriti e uno scossone nell’andamento della campagna elettorale più folkloristica di sempre, Trump torna alla carica alla vigilia della convention repubblicana di Milwaukee che lo incoronerà ufficialmente candidato, dicendo “Non mi arrenderò mai, vi amo tutti”. Il […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Un sospiro di sollievo, nient’altro

Più che la vittoria dimezzata, per quanto in parte sorprendente, della sinistra in Francia ciò che c’è possiamo festeggiare è la sconfitta del Rassemblement National. Una sconfitta chiara, ed una buona notizia nel breve termine, ma che, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ci costringe a porci diverse domande.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Elezioni in Francia: a che punto è la notte

Le elezioni francesi hanno confermato l’ascesa della destra del Rassemblement National e la fine del regno incontrastato della Macronie.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Elezioni Europee: tra voto di protesta ed astensione l’europeismo liberista e belligerante è sempre più in crisi

Debacle totale per il falco Macron che ha passato gli ultimi mesi di campagna elettorale a spingere sul terreno del conflitto aperto con la Russia. Alexandre De Croo, primo ministro liberale del Belgio è dimissionario e in Germania, il grande malato d’Europa, l’ultradestra di AfD sorpassa i socialisti di Sholz.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ilaria Salis: un voto che (per una volta) serve

Se la campagna per la sua liberazione passa attraverso le urne andremo a cercare dove diavolo è finita la tessera elettorale e faremo la nostra parte.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Tamburini di guerra

Mentre gli stati continuano ad ammassare armamenti il tentativo di condizionamento dell’opinione pubblica sull’inevitabilità della guerra raggiunge nuove vette, tra giornalisti che lodano i benefici per l’economia dell’industria delle armi, propaganda nelle scuole e proposte politiche scellerate.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa vuol dire un’università libera?

In TV e sui giornali si è scatenata la canea mediatica nei confronti degli studenti e delle studentesse universitarie che richiedono la fine degli accordi di ricerca militari o di dual use con le università israeliane.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Macron, à la guerre!

Il presidente francese si lancia in dichiarazioni apparentemente scomposte sulla guerra russo-ucraina, palesando lo “spirito dei tempi” di una parte delle elites europee. Il tronfio militarismo da prima guerra mondiale ci avvicina al disastro.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Agricoltura: la fabbrica impossibile

Non possiamo comprendere queste mobilitazioni senza cercare un nuovo modo di vedere le cose.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

“Difendiamo la nostra terra!” Reportage dalle proteste degli agricoltori Piemontesi

Si tratta di un racconto situato e parziale, a metà strada tra la cronaca e l’analisi, che speriamo possa servire da spunto tanto per una riflessione più ampia quanto per la scrittura di altre analisi situate.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Eni: basta finanziare guerre

ENI e Ithaca Energy si uniscono per produrre oltre 100mila barili di petrolio al giorno nel Mare del Nord. Peccato che la britannica Ithaca Energy sia controllata per l’89% dalla israeliana Delek Group, nella lista nera dell’ONU per operazioni nei Territori Palestinesi occupati illegalmente.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Italia: l’aeronautica militare e la marina nell’Indo-Pacifico. Continua l’investimento nell’ambito bellico

L’Aeronautica Militare va nell’Indo-Pacifico con un consistente numero di aeromobili e personale per partecipare all’esercitazione Pitch Black 2024 in Australia, alla Rising Sun 24 in Giappone, nonché per addestrarsi insieme alla Marina Militare in mare aperto.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Lettera di Luigi dal carcere: “Lottare per un mondo senza colonizzatori e sfruttatori”

Vi scrivo queste righe sull’onda del disgusto provocato dallo star seguendo la campagna mediatica delle ultime settimane sulle elezioni europee.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Cosa è andato storto nel capitalismo?

Questa è una brutta notizia per Sharma, forte sostenitore del capitalismo. Cosa è andato storto?

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Israele affonda lentamente nella crisi istituzionale

In pochi giorni abbiamo assistito ad un botta e risposta tra esercito e governo israeliano sulle pause tattiche. Oggi Netanyahu ha annunciato lo scioglimento del gabinetto di guerra.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dentro e fuori il G7. Il bilancio del contro-vertice e l’esito (debole) del documento finale

Si è chiuso il meeting in Puglia del G7 presso il resort di lusso di Borgo Ignazia, alla presenza delle elitè mondiali: al tavolo i leader di Italia (che l’ha presieduto), Francia, Germania, Stati Uniti, Giappone, Canada e Gran Bretagna.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Fasciarsi la testa. Appunti sulle elezioni europee

Tutte e tutti a fasciarsi la testa, adesso. Però siamo ancora vivi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Libano: sale la tensione al confine. Israele vuole allargare il fronte

“Siamo pronti ad un’azione molto forte nel nord”, ha detto il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, che questa mattina ha visitato Kiryat Shmona, dove ieri sono divampati gli incendi dopo il lancio di droni di Hezbollah dal Libano.