Chi non fa inchiesta non ha diritto di parola!
CHI NON HA FATTO INCHIESTE, NON HA DIRITTO DI PAROLA
Se non avete indagato su una determinata questione, vi si toglie il diritto di parola su quella questione. È troppo brutale? Niente affatto. Se non avete indagato sulle condizioni reali e storiche di quel problema e ne ignorate i termini di fondo, prendendo la parola su quel problema certamente direte un mucchio di sciocchezze. A tutti è chiaro che dicendo un mucchio di sciocchezze non si può risolvere il problema. Allora perché sarebbe ingiusto togliervi la parola? Molti compagni stanno lì tutto il giorno a dire sciocchezze a occhi chiusi.
Questa è una vergogna per dei comunisti. Dove s’è mai visto che un comunista possa dire sciocchezze a occhi chiusi?
È inammissibile!
È inammissibile!
Bisogna dar peso alle inchieste! Bisogna opporsi a chi dice sciocchezze!
Andate fra le masse a indagare sui fatti!
Devono essere persone che conoscono a fondo la situazione economica e sociale. Per quanto riguarda l’età, i migliori sono gli anziani, perché sono ricchi di esperienza e non solo conoscono la situazione presente, ma ne hanno chiare le cause e gli effetti. Vanno bene anche i giovani con esperienze di lotta, perché hanno idee progressiste e acume nell’osservazione.
FARE INCHIESTE SIGNIFICA RISOLVERE I PROBLEMI
Non riuscite a risolvere qualche problema? Ebbene, andate a indagare sul suo stato attuale e sui precedenti. Quando un’indagine esauriente vi avrà fatto capire come stanno le cose, avrete anche i mezzi per risolvere quel problema. Ogni conclusione scaturisce alla fine dell’indagine, non si trova all’inizio di quella. Solo gli idioti “escogitano sistemi” e “prendono decisioni” da soli o convocando un piccolo gruppo di persone, senza fare inchieste, accontentandosi delle loro ardue elucubrazioni.
Dovete sapere che così non è possibile escogitare nessun buon sistema né prendere buone decisioni. In altre parole, ne deriveranno certamente sistemi sbagliati e decisioni sbagliate.
Molti ispettori, molti dirigenti partigiani e molti quadri di nomina recente amano, appena arrivati, proclamare il loro parere; dopo un’occhiata in superficie o a qualche dettaglio si mettono a gesticolare dicendo che questo non va, che quello pure è sbagliato, ecc. Questo modo puramente soggettivo di “dire un mucchio di scioc- chezze” è veramente il più detestabile, rovina tutto, ci fa perdere l’appoggio delle masse e non può di certo risolvere i problemi. Molti di quelli che svolgono un lavoro direttivo, come si imbattono in un problema difficile non fanno che sospirare, non sanno risolverlo. Vanno su tutte le furie, chiedono di cambiare lavoro adducendo il motivo che “le capacità sono scarse, non ce la faccio”. Questo è un parlare da pusillanimi. Muovetevi, andate in ogni zona e settore di vostra competenza, imparate da Confucio che “si informava di ogni cosa”1 e, per quanto limitate siano le vostre capacità, riuscirete lo stesso a risolvere il problema; questo perché prima di andare a fare inchiesta la vostra testa è vuota, ma al ritorno non lo è più, è piena di tutto il materiale necessario per risolvere il problema: così il problema è bell’e risolto. Bisogna senz’altro “andare” a fare inchiesta? Non è assolutamente indispensabile; si possono convocare in una riunione di indagine le persone che conoscono la situazione. Quando avrete a disposizione “le origini” del vostro problema difficile e ne avrete chiarito “lo stato attuale”, anche il vostro problema difficile sarà facile a risolversi. Fare indagine è un po’ come “portare il feto per dieci lune” e la soluzione del problema “in un giorno si partorisce”. Fare indagini significa risolvere i problemi.
CONTRO LA MENTALITÀ LIBRESCA
Ritenere che tutto quello che sta nei libri è giusto, è una mentalità tutt’ora esistente tra i contadini cinesi culturalmente arretrati. È sorprendente che, anche quando si discute una questione all’interno del partito, ci sia ancora chi parla a ogni piè sospinto di “prendere i testi”. Noi diciamo che le direttive degli organi dirigenti superiori sono giuste non solo perché provengono da “organi dirigenti superiori”, ma perché i loro contenuti sono conformi alle situazioni oggettive e soggettive della lotta, sono quelli che la lotta richiede. L’atteggiamento formalistico, basato sul mero concetto di “superiore”, di quelli che eseguono gli ordini alla cieca, senza discutere e giudicare in base alla situazione reale, è completamente sbagliato. L’indirizzo tattico del partito non riesce a penetrare in profondità nelle masse proprio per l’azione nefasta di questo formalismo. Eseguire le direttive dei superiori alla cieca, superficialmente, senza la minima indipendenza di vedute, non significa eseguirle veramente, è anzi il sistema più ingegnoso per opporvisi e sabotarle.
Anche nello studio delle scienze sociali il metodo di ricerca libresco è uno dei più pericolosi, può addirittura portare sulla via della controrivoluzione. In Cina diversi comunisti che si dedicavano allo studio delle scienze sociali basandosi solo sui libri non sono forse diventati, un gruppo dopo l’altro, dei controrivoluzionari? Questa è una prova lampante. Noi diciamo che il marxismo è giusto non perché Marx sia qualcosa come un “sapiente del tempo antico”, ma perché le sue teorie si sono rivelate giuste nella nostra prassi e nelle nostre lotte. Nella nostra lotta abbiamo bisogno del marxismo. Nella nostra adesione a questa teoria non c’è niente di formalistico o addirittura di mistico, come nel concetto di “sapiente del tempo antico”. Molti che hanno letto i “testi” del marxismo sono diventati dei rinnegati della rivoluzione, mentre spesso operai che non sanno leggere, sanno però impadronirsi ottimamente del marxismo. I “testi” del marxismo vanno studiati, ma debbono essere integrati con la conoscenza della nostra situazione reale. Abbiamo bisogno dei libri, ma dobbiamo senz’altro correggere la mentalità libresca che prescinde dalla situazione reale.
Come si può correggere questa mentalità libresca? Solo svolgendo indagini sulla situazione reale.
DALLA MANCANZA DI INCHIESTE SUI FATTI DERIVANO UNA VALUTAZIONE DELLE CLASSI E DIRETTIVE DI LAVORO DI TIPO IDEALISTA. IL RISULTATO SARÀ L’OPPORTUNISMO O L’AVVENTURISMO
Non credete a questa conclusione? I fatti vi costringeranno a crederci. Provate a valutare la situazione politica o a dirigere azioni di lotta senza aver indagato sulla realtà. Non è vuoto idealismo? Valutazioni politiche e direttive di lavoro di questo tipo non provocheranno forse errori di opportunismo o di avventurismo? Senza dubbio provocheranno errori. Questo non perché prima dell’azione non si è fatto un piano scrupoloso, bensì perché prima di fare il piano non ci si è preoccupati di comprendere la situazione reale della società. È una cosa che succede di frequente fra i partigiani e nell’Esercito rosso.
Gli ufficiali alla maniera di Li Kui2, quando i loro fratelli commettono infrazioni, affibbiano punizioni a casaccio, senza capire di che si tratta. Risultato: il colpevole non si sottomette, ne nascono controversie e il prestigio dei dirigenti è definitivamente perduto. Non è frequente questa cosa nell’Esercito rosso? Occorre spazzar via lo spirito idealista, prevenire tutti gli errori di opportunismo e di avventurismo: solo così saremo in grado di adempiere al compito di conquistare le masse e vincere il nemico. Si può spazzar via lo spirito idealista solo impegnandosi a svolgere indagini sui fatti.
LE INCHIESTE ECONOMICO-SOCIALI HANNO LO SCOPO DI OTTENERE UNA CORRETTA VALUTAZIONE DELLE CLASSI, QUINDI DI STABILIRE UNA CORRETTA TATTICA DI LOTTA
Perché fare inchieste economico-sociali? Noi rispondiamo appunto in questo modo: le inchieste economico-sociali hanno lo scopo di ottenere una corretta valutazione delle classi, quindi di stabilire una corretta tattica di lotta. Quindi, obiettivi delle nostre indagini economico-sociali sono le diverse classi della società e non i singoli fenomeni sociali presi separatamente. In questi ultimi tempi i membri del 4° corpo d’armata dell’Esercito rosso, generalmente, hanno fatto attenzione al lavoro d’inchiesta3, ma molti hanno un metodo d’inchiesta sbagliato. I risultati delle loro inchieste sembrano i conti di un droghiere, quelle storie nuove e curiose che i contadini sentono quando vanno alla fiera o l’osservazione di una città e dei suoi abitanti dalla cima di una montagna. Queste indagini non sono di grande utilità e non possono raggiungere il nostro obiettivo principale.
Il nostro principale obiettivo è di capire la situazione economica e politica delle diverse classi sociali. Le conclusioni a cui vogliamo arrivare con le nostre indagini sono le condizioni della vittoria e della decadenza, della gloria e del disonore delle varie classi, nel presente e nel passato. Facciamo alcuni esempi.
Quando svolgiamo un’inchiesta sugli appartenenti alla categoria dei contadini, non dobbiamo sapere soltanto qual è il numero dei contadini possidenti, dei semipossidenti, dei fittavoli, ossia dei contadini di diverse categorie differenziate in base alla proprietà della terra, ma anche il numero dei contadini ricchi, dei contadini medi e di quelli poveri, ossia di quei contadini che si differenziano in classi o ceti.
Quando facciamo un’inchiesta sugli appartenenti alla categoria dei commer- cianti, non dobbiamo sapere soltanto il numero degli appartenenti ai vari settori del commercio (cereali, vestiario, medicinali, ecc). Dobbiamo soprattutto indagare sul numero dei piccoli, dei medi e dei grossi commercianti.
Non dobbiamo indagare solo sulla condizione dei vari settori produttivi, ma soprattutto sulla situazione delle classi all’interno dei vari settori. Non dobbiamo solo indagare sui rapporti reciproci tra i vari settori, ma soprattutto sui rapporti reciproci tra le varie classi. Il metodo essenziale del nostro lavoro d’inchiesta è quello di anatomizzare le varie classi sociali. Lo scopo ultimo è quello di far luce sui rapporti tra le varie classi e di ottenere un’esatta valutazione di esse, quindi fissare una corretta tattica di lotta, stabilendo quali classi sono la forza principale della rivoluzione, di quali dobbiamo cercare l’alleanza e quali invece vanno rovesciate. Il nostro obiettivo è tutto qui.
A quali classi sociali dobbiamo prestare attenzione nelle nostre inchieste? A queste: il proletariato industriale, gli operai delle manifatture artigianali, i contadini poveri, i poveri delle città, i vagabondi, gli artigiani, i piccoli commer- cianti, i contadini medi, i contadini ricchi, i proprietari terrieri, la borghesia commerciale, la borghesia industriale.
Nelle nostre inchieste dobbiamo prestare attenzione alla situazione di queste classi (alcune sono ceti). Nella nostra attuale zona di lavoro mancano soltanto il proletariato industriale e la borghesia industriale, le altre classi normalmente sono ovunque presenti. La nostra tattica di lotta è appunto la tattica nei confronti di queste diverse classi e ceti.
LA VITTORIA DELLA LOTTA RIVOLUZIONARIA IN CINA DEVE POGGIARE SULLA COMPRENSIONE DELLA SITUAZIONE CINESE DA PARTE DEI COMPAGNI CINESI
Scopo della nostra lotta è il passaggio dalla democrazia al socialismo. Prima tappa del nostro compito è quella di conquistare la maggioranza della classe operaia, mobilitare le masse contadine e i poveri delle città, rovesciare la classe dei proprietari terrieri, gli imperialisti e il potere del Kuomintang, portare a compimento la rivoluzione democratica. Al successo di queste lotte seguirà l’obiettivo di realizzare la rivoluzione socialista.
L’adempimento di questi grandi compiti rivoluzionari non è né semplice né facile e dovrà far leva su una giusta e decisa tattica di lotta del partito del proletariato. Se la tattica del partito è sbagliata o incerta e oscillante, la rivoluzione andrà inevitabilmente incontro a sconfitte temporanee.
Dovete sapere che anche i partiti della borghesia discutono quotidianamente la tattica di lotta. I problemi che essi si pongono sono: come diffondere il riformismo per influenzare la classe operaia, farla cadere nella trappola da essi preparata e staccarla dalla direzione del partito comunista; come conquistare l’appoggio dei contadini ricchi per annientare le sommosse dei contadini poveri; come organizzare i vagabondi per schiacciare la rivoluzione; ecc.
In una situazione di questo tipo, che vede la lotta di classe farsi ogni giorno più acuta e serrata, se il proletariato vuole conquistare la vittoria deve poter fare completo affidamento su una giusta e decisa tattica di lotta del suo partito: il partito comunista.
La giusta e decisa tattica di lotta del partito non può assolutamente essere opera di una minoranza di uomini seduti in una stanza; essa non può che scaturire dal corso delle lotte di massa, vale a dire dall’esperienza pratica. Per questo dobbiamo avere una costante comprensione della situazione sociale, svolgere costantemente delle inchieste sui fatti. Quei compagni che hanno un cervello pieno di vuoto ottimismo, di formalismo e di un immutabile conservatorismo, credono che l’attuale tattica di lotta sia la migliore possibile, che i “testi” del sesto Congresso del partito5 abbiano garantito per sempre la vittoria, che basti attenersi ai sistemi già stabiliti per vincere qualunque battaglia. Questi punti di vista sono completamente sbagliati, non corrispondono all’indirizzo ideologico dei comunisti di creare nuove situazioni nel corso della lotta, sono in tutto e per tutto una linea conservatrice. Se questo indirizzo non viene eliminato dalle radici, potrà arrecare gravi perdite alla rivoluzione e nuocere a quegli stessi compagni. Nell’Esercito rosso ci sono evidentemente dei compagni che sono soddisfatti della situazione attuale, non cercano di approfondire; con vuoto ottimismo vanno predicando l’idea sbagliata secondo la quale “il proletariato è fatto così”. Sazi dalla mattina alla sera, se ne stanno seduti in ufficio a sonnecchiare e non fanno volentieri neanche un passo per andare a fare inchiesta in mezzo alle masse. Quando parlano alla gente ripetono sempre gli stessi luoghi comuni: così che la gente è stanca di ascoltarli.
Dobbiamo svegliare questi compagni e gridar loro forte: cambiate in fretta le vostre idee conservatrici!
Cambiatele con idee combattive, progressiste, da comunisti! Partecipate alle lotte!
TECNICA DELLE INCHIESTE
1. Bisogna convocare riunioni d’inchiesta e fare inchieste sotto forma di discussione. Solo così ci si può avvicinare a un quadro esatto della situazione reale e tirare delle conclusioni. Con il metodo di affidarsi a una sola persona che parla delle proprie esperienze senza convocare riunioni d’inchiesta e senza fare inchieste sotto forma di discussione, si può cadere facilmente in errore. Se ci si limita a fare qualche domanda così come capita, senza porre delle questioni centrali da sottoporre a dibattito nel corso della riunione, non si sarà in grado di trarre conclusioni che si avvicinino a un quadro esatto della situazione reale.
2. Chi deve intervenire alle riunioni d’inchiesta?
Per quanto riguarda le professioni, vanno bene gli operai, i contadini, i commercianti, gli intellettuali, qualche volta anche i militari e i vagabondi.
Naturalmente, quando si fa un’inchiesta su un determinato problema, non è necessario che intervengano le persone che non hanno nulla a che fare con quel problema: quando si fa un’inchiesta sul commercio, è inutile che siano presenti operai, contadini e studenti.
3. Alle riunioni d’inchiesta è meglio che ci siano molte persone o poche?
Dipende dalla capacità di dirigere di chi svolge l’inchiesta. Chi sa dirigere può convocare riunioni di una decina o di alcune decine di persone. Il fatto di essere in molti ha i suoi vantaggi, infatti si possono ottenere risposte più precise al momento di fare statistiche (per esempio quando si cerca di conoscere la percentuale dei contadini poveri sul numero complessivo dei contadini) o di tirare conclusioni (per esempio quando si cerca di sapere se sia meglio distribuire la terra in parti uguali o in misure differenti).
Naturalmente il fatto di essere in molti presenta anche degli inconvenienti: chi manca di capacità direttiva può trovarsi nell’impossibilità di ottenere il silenzio dall’assemblea.
In fin dei conti, che le persone siano molte o poche va deciso in riferimento a chi dirige. Ci vogliono tuttavia come minimo tre persone, altrimenti la riunione si risolve in uno scambio di vedute senza attinenza con la situazione effettiva.
4. Bisogna stabilire un programma d’inchiesta.
Il programma va stabilito in precedenza; chi svolge l’inchiesta pone le domande in conformità al programma, gli intervenuti rispondono oralmente. Se ci sono punti poco chiari o dubbi si dà avvio al dibattito. Il cosiddetto programma d’inchiesta deve contenere un quadro generale e voci analitiche: per esempio, “commercio”, “stoffe”, “cereali”, “merci varie”, “medicinali”. La voce “stoffe” si suddivide in “stoffe straniere”, “stoffe locali”, “sete”, ecc.
5. Bisogna assumersi l’incarico personalmente.
Tutti coloro che hanno un compito direttivo, dal presidente del governo di villaggio al presidente del governo nazionale centrale, dal capobrigata al comandante supremo, dal segretario di cellula al segretario generale del partito, devono senz’altro effettuare personalmente inchieste sulla realtà economico- sociale; non si può fare affidamento solo sui rapporti scritti, perché non sono la stessa cosa.
6. Bisogna andare a fondo.
Chi svolge inchieste per la prima volta deve fare un lavoro di indagine approfondito per una o due volte, in modo da comprendere i dati essenziali di un problema (per esempio il problema dei cereali, quello della moneta) o di una località (un villaggio, una città). Quando si è capita a fondo una questione o una località, indagando in seguito su un’altra questione o un’altra località sarà più facile trovare la strada giusta.
7. Bisogna compilare da sé i verbali.
Non basta presiedere personalmente alle indagini e dirigere in maniera adeguata i partecipanti alle riunioni, occorre anche compilare da sé i verbali, annotando il risultato dell’inchiesta; servirsi di altri non va bene.
NOTE
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Da Analecta di Confucio, lib. III.
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Li Kui è un personaggio eroico della guerra contadina dell’ultimo periodo della dinastia dei Sung settentrionali, descritto nel famoso romanzo cinese La leggenda della riva. Semplice e schietto, devoto alla causa rivoluzionaria dei contadini, agiva però in maniera grossolana.
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Mao Tse-tung ha sempre attribuito grande importanza al lavoro d’inchiesta, conside- rando le indagini economico-sociali il compito principale dell’attività direttiva e la base per le decisioni politiche. Per iniziativa di Mao Tse-tung il lavoro d’inchiesta si diffuse progressivamente nel 4° corpo d’armata dell’Esercito rosso. Lo stesso Mao Tse-tung fissò delle regole per lo svolgimento delle inchieste economico-sociali; il comitato politico dell’Esercito rosso formulò un piano d’inchiesta dettagliato che comprendeva: situazione delle lotte di massa, situazione dei reazionari, condizioni di vita ed economiche, percentuali di terra in possesso delle diverse classi nelle campagne, ecc. Ogni volta che l’Esercito rosso arrivava in una località, doveva innanzi tutto chiarire lo stato dei rapporti di classe del luogo, quindi formulare parole d’ordine aderenti alle esigenze delle masse.
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La montagna sono i monti Chingkang ai confini tra il Kiangsi e lo Hunan; la pianura è la parte sud-occidentale del Kiangsi e quella occidentale del Fukien. Nel gennaio del 1929, guidato da Mao Tse-tung, il grosso dell’Esercito rosso, muovendo dalla zona dei monti Chingkang, avanzò verso il Kiangsi sud-occidentale e il Fukien occidentale, costituendo in questa zona due grandi basi rivoluzionarie.
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Mao Tse-tung si riferisce alla risoluzione approvata dal sesto Congresso del Partito comunista cinese nel 1928; essa comprendeva: una risoluzione politica, una risoluzione sul problema contadino, una sulla questione agraria, una sull’organizzazione del potere, ecc. Agli inizi del 1929 il Comitato del fronte del 4° corpo d’armata raccolse queste risoluzioni in un volume unico che distribuì all’Esercito rosso e alle organizza- zioni locali del partito.
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