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Ciarlatani pericolosi: Eugenio Scalfari

, Ian St. John_Il mondo giornalistico ufficiale italiano si può suddividere in quattro grandi categorie: macchiette, apprendisti stregoni, ciarlatani innocui e pericolosi. Alla categoria delle macchiette appartengono i giornalisti del Tg1 e del Tg3, il Tg2 si suppone sia visto solo da chi lo trasmette, per i quali gli ultimi sei mesi di vita politica sono stati una serie di successi di Mario Monti intervallati da decisioni epocali e risolutive dei vertici europei. Chissà se ogni tanto si riguardano i tg di repertorio e se, nel guardarli, prevale l’ilarità o la vergogna. Gli apprendisti stregoni sono quella categoria che ha preso sul serio il compito della dissoluzione del paese. Ogni cosa che accade sanno già cosa dire: che ci vogliono più privatizzazioni, ulteriori tagli alla spesa pubblica, maggiore  libertà di licenziamento. Per i banchieri che promuovono queste politiche Roubini ha predetto il rischio di essere impiccati agli angoli delle strade. Ma i nostri apprendisti stregoni non battono ciglio. Eventualmente, ben protetti dalla polizia, i nostri apprendisti stregoni commenteranno che i banchieri sono stati impiccati per non aver avuto il “coraggio delle riforme” (che consiste nel privatizzare, smantellare e licenziare ulteriormente). Fino a quando la folla non entrerà negli studi televisivi, si intende.

Poi ci sono i ciarlatani innocui. Quelli che non ascolta più nessuno anche se continuano ad esercitare, e ben pagati, la professione. I Sallusti, i Belpietro, i Ferrara (anche quelli dell’Unità, seppur pagati meno) che dureranno fino a quando l’editore, si spera presto, non chiuderà i battenti. Sono i residui di un’epoca di rara, crassa cialtroneria del giornalismo italiano, di una involuzione linguistica e lessicale inversamente proporzionale a quanto accumulato in banca. Perchè tra fare il servo e il servo del potere l’abisso esistenziale è lo stesso ma la differenza di ingaggio, in effetti, è sempre stata considerevole.

Infine ci sono i ciarlatani pericolosi. Quelli che, per trascorsi passati o per mitologie mal trasmesse, hanno influenza e fama di serietà nell’opinione pubblica. Promuovono le stesse politiche degli apprendisti stregoni ma con apparente minor zelo, parlando come avvolti da un’aura di rigore e riservatezza. Sono quelli che, in caso di crollo, sanno che si salveranno comunque. A preservargli da ogni colpa mondana sarà proprio l’aura di cui sono avvolti: responsabilità sarà, nel caso, di chi non ha saputo ascoltare i loro olimpici consigli. Il decano di questa categoria è Eugenio Scalfari. Sul personaggio è inutile scavare in un passato denso di capitoli. E’ semplicemente tra i responsabili morali di quello che stiamo vivendo. Visto che trasuda moralità ad ogni sintagma perlomeno questo primato in materia gli va attribuito. Detto questo bisogna dire che il giornale di cui è fondatore e padre spirituale ha cominciato, nel tentativo di fare propaganda al governo Monti come i residui dell’istituto Luce la facevano alla repubblica di Salò (cioè oltre ogni evidenza e a sconfitta storica conclamata), a dare notizie palesemente false.

Un esempio? Nel fine settimana si trattava di costruire un coro entusiasta alle dichiarazioni di Mario Draghi sull’euro. Poco importa se gli analisti degli hedge fund, i fondi che fanno il gioco grosso in borsa, non ci credono o se le dichiarazioni di Draghi sono così generiche, e anche ambigue, da rischiare l’effetto boomerang. Va creata comunque una cornice positiva, specie per il lettore di oggi che dovrebbe essere anche l’elettore di centrosinistra di domani. E allora cosa meglio di mettere sul sito di Repubblica, assieme alle dichiarazioni di Monti, la notizia che gli Stati Uniti sono in ripresa economica? In effetti fa tanto quadro globale di ripresa economica, da Draghi ad Obama. Peccato che la notizia sia falsa. Gli Stati Uniti hanno rallentato la crescita almeno di mezzo punto dall’ultimo trimestre, e la notizia è commentata con preoccupazione ovunque (dal Financial Times all’Handelsblatt) salvo che nel magico mondo di Repubblica. Quello costellato di successi di Monti e Draghi. E la notizia ha destato tale preoccupazione negli Usa, che il presidente della Federal Reserve si è detto pronto, nel caso, a fare una nuova immissione di moneta nei mercati e nell’economia. Mossa disperata perchè genera inflazione in Cina, alimentando  un altro problema dell’economia globale, e prezzi altissimi per i generi alimentari nei paesi più deboli (come in Tunisia, Libia ed Egitto e sappiamo come è andata) e aumento dei costi delle materie prime, affievolendo la mitica ripresa. Come si capisce la notizia del rallentamento dell’economia americana getta  una luce sinistra sulle frasi di Draghi sull’euro. Una cosa è dire “sono disposto a tutto per l’euro”, come ha fatto il presidente della Bce, in un contesto di ripresa americana. Un altro è dirlo con gli Usa disposti, come stanno ipotizzando, a fare una nuova iniezione di liquidità per far ripartire la loro economia rischiando di sinistrare seriamente assetti globali (già perchè se la Cina ne risente come è già accaduto, addio “crescita” europea e hai voglia di Draghi). Ma nel magico mondo di Repubblica la realtà non può proprio essere di casa. Va tenuto in piedi, ad ogni costo, quel campo di forza di illusioni in forma di notizia che garantisce la sopravvivenza di quel quarto di elettorato che vota Pd, le cui avanguardie acquistano i prodotti del quotidiano fondato da Scalfari. E così nel domenicale Eugenio Scalfari ha scritto un corsivo del genere “solo Mario Draghi ci può salvare”. Una mitologia, quella di Scalfari, che tenta di alimentarne un’altra: quella di Draghi. Nella cultura liberale funziona così: è una procedura di costruzione dell’aura del personaggio, che affonda nella cultura medioevale altro che modernità.

Ma, a parte il marketing, cosa dice Eugenio Scalfari?
Il fondatore di Repubblica afferma, semplificando sul funzionamento dei meccanismi decisionali della Bce, che Draghi può salvarci aggirando il divieto statutario della Banca centrale europea di acquistare direttamente titoli pubblici (facendo così scendere il loro valore e quindi il debito pubblico). Questo passaggio, a parte che non funziona da due anni, sarebbe propedeutico prima ad un successivo “salvataggio” dell’Italia grazie allo Sme e poi ad una compita unione politica europea (a partire dal 2018, prevede la profezia scalfariana). Ora finchè si tratta di vendere saghe, fole e leggende a lettori ed elettori del centrosinistra, pace. Poi ci sono anche i fatti. Lo Sme non è affatto propedeutico ad una unione politica continentale è l’esatto contrario. Lo Sme è una procedura coatta di commissariamento, sia sul piano finanziario che economico, del paese che chiede gli “aiuti”, in assoluta autonomia (giuridica e anche di trasparenza degli atti) dal paese commissariato. Addirittura i responsabili dello Sme per un paese, mettiamo l’Italia, possono acquistare e vendere pezzi di economia pubblica come e a chi vogliono senza essere sottoposti a sequestro o ad azioni giudiziarie da parte del paese aiutato. E questo sarebbe un passo verso un’unione politica continentale? Si, ma solo se l’annessione coatta, a scopo di trasferimento di ricchezze da un paese all’altro, è considerata un’unione politica.

Erasmo pardon, Eugenio Scalfari si spinge invece a promuovere il celeste futuro di questo scenario, usando la parola “unione politica” con i modi ispirati di un procuratore che deve vendere un esterno destro azzoppato, addirittura invitando i giovani a farsi valere per promuovere un contesto simile.  E’ la prima chiamata ad una generazione di giovani perché si mobilitino per la cessione di diritti e sovranità alla governance liberista europea e alla banca centrale. Ciarlatano ma con un certo senso dell’ingegno. Sulla vera situazione europea basta leggere quello che pensano gli analisti americani, quelli che lavorando per il governo federale mostrano di aver bisogno della ripresa europea: la situazione dell’eurozona è tale per chi l’unico paese al comando, la Germania, guadagna in questa situazione di debolezza di un continente (infatti i capitali affluiscono in Germania e c’è margine per l’export) ma non si può permettere un crollo. Ragione per cui da Berlino, via governo e Bundesbank, in Europa arrivano sempre risposte contradditorie (anche non concertate) con l’esito di mantenere un incerto status quo. Ma un risultato è certo: non c’è alcuna politica di integrazione politica ed economica in vista. Nonostante quello che pensi Scalfari ispirato da Draghi, la Germania sfugge a qualsiasi ipotesi di integrazione politica ed economica, che contrasta con un atteggiamento neomercantilista (un paese che si struttura nella competizione piuttosto che nella cooperazione) che Bonn prima e Berlino poi hanno sempre tenuto. Si tratta di politiche che Scalfari, navigando nella politica da moltissimi anni, dovrebbe conoscere. Ma probabilmente c’è più gusto a svendere il proprio nome per legittimare politiche pericolose, in grado di terremotare un paese. Essere ciarlatani è prima di tutto un piacere e uno stato d’animo. Poi, per il fondatore di Repubblica valgono le parole di Pessoa: “l’unico senso intimo delle cose è che esse non hanno nessun senso intimo”. Evidentemente, di questo motto, Scalfari se ne approfitta.

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