Cosentino, l’ex Prefetto e la governance del capitalismo armato
I reati ipotizzati dalla Procura della Repubblica sono diversi: estorsione, concussione, illecita concorrenza con violenza o minaccia, calunnia, favoreggiamento personale, riciclaggio, con l’aggravante del metodo mafioso. Una macchina da guerra collaudata che per anni ha retto, e continua a reggere sostenuta da sempre nuovi attori, le sorti di vaste aree del Paese, influenzando le vite delle comunità. Tuttavia non è a partire dalle lotte che, negli anni, hanno visto le comunità contrapporsi direttamente agli interessi di questo capitalismo armato per cercare di fermarlo prima che i suoi effetti nefasti potessero concretizzarsi (come quella contro la realizzazione della centrale turbogas di Sparanise sponsorizzata dai Cosentino e dal colosso HERA. – Su questo vedi anche qui Ndr –) che è scattata la reazione dello Stato. Piuttosto da contrasti interni alle compagini imprenditoriali locali, dalla necessità di tutelare il mercato. Ma procediamo per gadi.
L’indagine parte nel 2011 in seguito alle denuncie di un imprenditore, Luigi Gallo, titolare di una stazione di servizio in costruzione a Villa di Briano, da sempre roccaforte dei clan. Tutto nasce dalla pratica di autorizzazione ottenuta da Gallo dal comune di Villa di Briano per l’apertura di un impianto di carburante, la quale però precludeva la possibilità per i fratelli Cosentino di averne una simile dal confinante comune di Casal di Principe, per ragioni legate alla mancanza della distanza minima di 5km richiesta dalla normativa dell’epoca. I fratelli Cosentino iniziano così una serie di pressioni su diversi dirigenti dell’utc di Casal di Principe imponendogli il rilascio, seppur illecito, all’Agip petroli (società partner dei Cosentino) di un’autorizzazione edilizia (le successive varianti in corso d’opera e l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto), al fine di indurre Luigi Gallo a recedere dalla sua iniziativa imprenditoriale. Le minacce nei confronti dell’imprenditore sono andate avanti, anche quando, con la liberalizzazione del settore della distribuzione di carburanti, l’apertura di nuovi impianti non poteva più essere bloccata per via amministrativa attraverso il meccanismo del rispetto delle distanze minime. Giovanni e Nicola Cosentino, mediante minacce dirette ed indirette, “attraverso l’utilizzazione strumentale del rapporto preferenziale e di sostanziale assoggettamento” da essi instaurato con i funzionari e rappresentanti di zona della Kuwait Petroleum Italia, in più occasioni, minacciavano e intimidivano Gallo, “condizionandolo nella realizzazione della propria attività economica”. Secondo la Procura: “Le indagini hanno consentito di accertare, l’esistenza di analoghi episodi così da evidenziare un vero e proprio ‘sistema’ criminoso capace di incidere profondamente sul regolare andamento del mercato ed hanno soprattutto evidenziato una illecita posizione di vantaggio, in cui si trovavano ad operare le ditte riconducibili alla famiglia Cosentino”. La Procura scopre la violenza di una incessante ‘accumulazione originaria’.
In pratica, lo schema seguito per imporre all’imprenditore Luigi Gallo l’assoggettamento ai voleri ed agli interessi dei Cosentino era in realtà espressione di una metodologia rodata ed affinata negli anni, utilizzata sistematicamente ed imperniata da un lato, sui consolidati rapporti camorristici tra la famiglia ed i clan e, dall’altro, dalla notevole influenza che l’ex parlamentare Nicola poteva esercitare tanto su semplici impiegati comunali, quanto su alti dirigenti della Pubblica Amministrazione e dello Stato. Alla Aversana petroli, colosso della famiglia Cosentino, e alle imprese ad essa collegate erano garantite pratiche amministrative sempre veloci e prive di ostacoli burocratici ed il potere politico e criminale del big di Forza Italia, frutto di un rapporto stabile con il clan dei casalesi, insieme alla possibilità di negoziare direttamente con i giganti internazionali del petrolio, in primis con la Kuwai Petroleum Italia (Q8), hanno fatto il resto. Un sistema delinquenziale che tale sarebbe rimasto se non avesse goduto del sostegno diretto di alte cariche istituzionali, come l’ex Prefetto di Caserta Maria Elena Stasi, anch’essa coinvolta nell’indagine. Quest’ultima avrebbe, insieme a Nicola Cosentino, convocato il sindaco di Villa di Briano nell’ufficio del prefetto di Caserta, ordinandogli di rimuovere dall’incarico un tecnico comunale, colpevole sia di avere contribuito al rilascio della autorizzazione a Lugi Gallo che di avere resistito alle pressioni esercitate per revocarla, pena azioni ritorsive dei Cosentino e della prefettura contro l’amministrazione comunale di Villa di Briano.
Un sistema che ha annichilito la vita del territorio, precludendo l’esercizio di tanto sbandierati diritti democratici che per molti non sono mai esistiti se non sulla carta. Montagne di denaro che hanno comprato mani che hanno stretto altre mani, che hanno sostenuto campagne elettorali e che continuano a farlo per imporre a comunità, spesso disgregate e socialmente disarticolate, un modello di sviluppo onnivoro ed insopportabile. Quello stesso modello che ha regalato una centrale turbogas all’Agro Caleno e che vorrebbe imporgliene un’altra a biogas, in nome degli stessi principi e delle stesse logiche.
Ma non è questo quello che conta per la Procura, ai fini dell’indagine in corso ciò che è rilevante è la “situazione di notevole svantaggio per le iniziative private provenienti da altri imprenditori del settore i quali, o sono stati costretti a rinunciare alla propria impresa o sono stati costretti a realizzarla in partnership con gli stessi Cosentino”. Questioni di concorrenza sleale. D’altronde i reati possono essere perseguiti solo dopo essere stati compiuti (una regola generale che sempre più spesso viene meno quando si tratta di movimenti sociali), e non potrà essere l’intervento della Procura, con buona pace dei soliti legalitaristi, a risarcire, ove mai fosse possibile, le comunità per il disastro subito né a poter modificare gli assetti di potere al fine di impedire che questo sistema assurga a paradigma di governace del territorio. Nell’Agro Caleno, ad esempio, un’altra campagna elettorale per le comunali si sta per svolgere all’ombra di queste trame di potere, con sullo sfondo l’impianto a biogas dell’imprenditore marcianisano Iavazzi, astro nascente del business dei rifiuti nell’era post-Cosentino, e la promessa di qualche posto di lavoro. Ai movimenti di lotta il compito storico di far saltare il banco, di piegare il piano degli interessi della controparte, sottraendo terreno a chi gioca con la miseria e la precarietà per alimentare il proprio potere.
Dall’inchiesta riemergono con chiarezza temi da sempre denunciati dai movimenti, primo fra tutti la collusione tra poteri dello stato e imprenditoria criminale, ma anche le attività di riciclaggio del denaro sporco alle quali è dedito Giovanni Cosentino, fratello di Nicola e noto nell’Agro Caleno per essere direttamente coinvolto nella realizzazione della centrale turbogas da cui ha tratto ingenti guadagni a spese della collettività. Scenari insomma, alquanto familiari per chi vive in provincia di Caserta e che è urgente iniziare ad affrontare politicamente, senza lasciarsi sedurre dall’illusione che questo sistema sia incapace di sostituire i protagonisti per poter continuare a girare il solito film. Lo stesso Cosentino, a dispetto dalle dichiarazioni e dall’immagine di politico tramontato che sembrava voler contribuire a diffondere, è rimasto sempre attivo politicamente, intervenendo anche durante la detenzione a tutela degli interessi economici del proprio sodalizio, lasciando intuire che il tintinnio di manette difficilmente può modificare, dalla radice, un consolidato quanto barbaro modello politico-economico-sociale.
@teleprop, dall’Agro Caleno Zona Ribelle
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