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È Brexit: l’Unione Europea comincia a perdere pezzi

Nel giorno del voto abbiamo fatto qualche considerazioni in un editoriale, alla luce dei risultati proviamo a fare qualche ulteriore osservazione, parziale e provvisoria.

Si tratta di un colpo pesante per il progetto dell’Unione Europea a trazione tedesca sul fronte politico. Le spinte centrifughe (per lo più di destra) che hanno percorso l’Europa in questi ultimi anni si trovano rinforzate dal risultato di questo referendum e spingeranno sull’insofferenza vero l’Unione Europea presente nelle classi popolari di molti paesi membri.

La Gran Bretagna ora potrà perseguire una propria strategia geopolitica, probabilmente più orientata a rinsaldare i legami nel Commonwealth e verso la Cina. Per l’UE si tratta di perdere anche il paradiso fiscale della city londinese, snodo fondamentale per i capitali finanziari. Per Londra invece si tratterà attrarre flussi di denaro lungo altre direttrici, per esempio la city è già la prima destinazione per gli investimenti cinesi in Europa.

I confini. A noi non piacciono i confini questo è sicuro. Per questo la critica in nome della libertà di movimento alla BrExit suona ipocrita e centrata unicamente sulla condizione di cittadini europei. Tanto più che non sarà un confine invalicabile. Sii dimentica che per migliaia di persone in cerca di una speranza per il futuro quel confine è sempre stato chiuso, perché si rimuove la lotta, gli scontri con la polizia e le notti al freddo delle migliaia di persone che a Calais chiedevano di poter raggiungere la Gran Bretagna. L’Unione Europea sposta semplicemente i confini, disumani e violenti, a Idomeni o nel Mediterraneo e su quei fronti stanno già facendo molti più morti di quanti ne dovranno mai subire i cittadini europei per andare in Gran Bretagna.

Il voto di classe. È intrecciato ad una certa omogeneità territoriale, perciò la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno votato in maggioranza per il “Remain” mentre Inghilterra e Galles per il “Leave”. Eppure le proiezioni per reddito sono altrettanto esplicite: i voti a favore della BrExit arrivano in gran parte dalle classi popolari. Infatti questi strati sociali hanno subito impoverimento crescente, disoccupazione e condizioni di vita in peggioramento. Difficile negare che le politiche imposte da un’Unione Europea fondata sugli interessi dei grandi capitali finanziari non abbiano giocato un ruolo (e lo vediamo anche in Italia). Tuttavia anche in Gran Bretagna La partita è stata giocata da destra.

Quindi occorre sfatare un altro mito. In questa situazione di crisi non è vero che si aggrappa alle certezze. O meglio: ci si aggrappa chi ha ancora qualcosa da perdere e le divisioni classe giocano un ruolo importante. Ma tra le classi popolari è sempre più desiderabile il cosiddetto “salto nel buio”, nella speranza che qualcosa cambi. Se lo status quo è un presente di miseria, disoccupazione e povertà allora essere contro l’esistente, anche a fronte dell’ignoto, appare decisamente più allettante.

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