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Fuoco contro fuoco

È evidente, è riportato ogni giorno dai media di ogni genere.
È diventata cosa assai frequente parlare di incendi. Sia nell’ambito rurale che nelle città.

di Biodiversidad. Sustento y culturas, traduzione di ECOR Network

Gli incendi boschivi stanno aumentando di frequenza, ma si stanno anche intensificando. Che cosa sta accadendo? Fin dall’inizio c’è chi risponde: è il cambiamento climatico, sono gli aumenti smisurati della temperatura. È la siccità, la mancanza d’acqua, che cresce e sembra impossessarsi del pianeta. Ma si segnala anche la mano di uomini e donne. Sono gruppi imprenditoriali o poteri forti regionali, avidi di terra, a dare impulso alla frontiera agricola e ad accaparrarsi le terre, per far crescere le loro piantagioni di banane, mango, ananas, agave, ma ora soprattutto avocado o ortaggi in serre che sempre più  aumentano di numero. Queste persone non hanno alcuna remora nell’appiccare incendi senza considerare i possibili squilibri, la perdita di vite umane, la distruzione di case, fattorie, allevamenti. Né si preoccupano della distruzione della fauna selvatica: animali, piante, funghi, microrganismi.

E sicuramente sono tutte le cause summenzionate, che sono anche interconnesse tra loro e che generano circoli viziosi, allevamenti industriali, effetto serra della produzione e dei trasporti. Il sistema capitalista industriale, non c’è alcun dubbio. Così come non ci sono dubbi, che le percentuali di incendi dolosi siano elevate in qualsiasi parte del mondo.

Per chi provoca gli incendi non conta nulla. Anche quelli di noi che hanno sofferto per gli incendi, si rendono conto che nulla ha importanza per loro. Il fuoco brucia non solo la foresta, o la terra, ma anche l’agire di chi cerca il controllo di tutto, senza che ci sia una ragione logica, né tanto meno la giustizia.

All’inizio del 2022, l’UNEP [United Nations Environment Programme] già metteva in guardia, affermando nel suo report Fronteras 2022: ruido, llamas y desequilibrios: temas emergentes de preocupación ambiental che “gli incendi boschivi si stanno verificando con maggiore gravità e frequenza”. L’organismo delle Nazioni Unite indicava anche, come motivo di preoccupazione, l’aumento del rumore (o inquinamento acustico come viene ora chiamato) e le interruzioni in determinati momenti delle fasi del ciclo di vita nei sistemi naturali, i cosiddetti “squilibri fenologici”, ovverosia i disturbi nei cicli ricorrenti all’interno dei quali le specie interagiscono. Quando le condizioni vengono interrotte da eventi improvvisi e inaspettati, queste interazioni causano alterazioni poiché “le piante e gli animali negli ecosistemi terrestri, acquatici e marini usano la temperatura, la lunghezza del giorno o la pioggia come segnali di quando dispiegare la foglia, fiorire, fruttificare, riprodursi, nidificare, impollinare, migrare o trasformarsi”. Tutto questo viene seriamente danneggiato dagli incendi, soprattutto se sono dolosi.

Stando così le cose, le inusuali connessioni con altri fenomeni possono “innescare tempeste elettriche, che potrebbero aggravare gli incendi attraverso una velocità anomala del vento che può a sua volta causare più fulmini e quindi generare nuovi incendi” in una spirale incendiaria inarrestabile.

Secondo il rapporto, tra il 2002 e il 2016, sono stati bruciati in media 423 milioni di ettari di superficie terrestre, pari alle dimensioni dell’Unione Europea. Il rapporto afferma che “il 67% dell’area globale bruciata da tutti i tipi di incendi, inclusi gli incendi boschivi, si trovava nel continente africano”.

Qualcosa di molto interessante nel rapporto è che l’UNEP accetta che il cambiamento dell’uso del suolo sia un altro fattore di rischio, compreso il disboscamento con finalità di commercio e la deforestazione per fattorie, pascoli ed espansione delle città. Il report riconosce anche che “un’altra causa della proliferazione degli incendi boschivi è l’aggressiva soppressione aggressiva del fuoco naturale, essenziale in alcuni sistemi della Natura per limitare la quantità di fogliame morto infiammabile, nonché le inadeguate politiche di gestione del fuoco che precludono le pratiche tradizionali di gestione del fuoco, secondo gli usi e i saperi indigeni”.

Ma l’allarme si diffonde, ed è per questo che nel dicembre 2019 “il Tribunale Internazionale per i Diritti della Natura (TIDN) ha ascoltato e ammesso il caso degli incendi forestali in ​​Bolivia, come parte del caso Amazzonia, in Santiago del Cile. Il 13 gennaio 2020 ha emesso una sentenza, in cui ha chiesto alle autorità nazionali di abrogare alcune disposizioni di legge che “hanno incoraggiato e facilitato i roghi” registrati tra luglio e novembre 2018″.

“Durante tre giorni, i giudici Nancy Yáñez (Cile), Felicio Pontes (Brasile) e Patricia Gualinga (Ecuador) hanno ascoltato circa 15 interventi di rappresentanti delle popolazioni indigene, attivisti, vigili del fuoco volontari, funzionari delle aree protette, del governo di Santa Cruz, dei municipi e membri dei comitati di gestione. La Corte ha stabilito che gli incendi verificatisi nel 2019 nella Chiquitania, in Amazzonia e nel Chaco boliviano sono stati un ecocidio causato dalla politica dello Stato e dal settore dell’agrobusiness, e ha sottolineato che le leggi che promuovono gli incendi e il saccheggio delle foreste devono essere abrogate”.

Di recente, nel Tribunale Permanente dei Popoli, nella sua sessione di El Cerrado, l’accusa presentata per il Capitolo Brasile, ha evidenziato alcune cause: “Un elemento associato all’aumento della deforestazione sono gli incendi boschivi: 10.000 nel 2019 e 22.000 nel 2020. Cosa che non sempre fa notizia, sono le dinamiche conflittuali e criminali che sono l’epicentro degli incendi boschivi e che il fuoco è spesso utilizzato come strumento di controllo del territorio da chi vuole disboscare per l’accaparramento di terre. […] Il fuoco viene utilizzato per consolidare l’accaparramento di terre, per coprire l’invasione di terre pubbliche, il crimine ambientale (disboscamento illegale) e il disboscamento finalizzato, facendo apparire dei terreni come impiegati per uso agricolo o che servono da pascolo o, in alcune regioni, campi da monocoltivazione.

I dati confermano che gli incendi si stanno diffondendo e ora stanno bruciando quasi il doppio della copertura arborea rispetto a vent’anni fa. Nel 2022, gli incendi boschivi hanno bruciato 3 milioni di ettari in più rispetto al 2001. Secondo il World Resources Institute, “il 2021 è stato uno degli anni peggiori per gli incendi boschivi dall’inizio del 21° secolo, causando una perdita di copertura arborea di 9,3 milioni di ettari a livello mondiale (più di un terzo di tutta la perdita di copertura arborea di quell’anno).

È vero che oggi le ondate di caldo estremo hanno una probabilità 5 volte maggiore di verificarsi, causando siccità e un ambiente secco, favorendo incendi che, a loro volta, innescano facilmente circoli viziosi inarrestabili.

Solo in Messico, per citare un esempio tra i tanti in America Latina, tra gennaio e marzo 2022 si sono verificati in media 18 incendi al giorno, per un totale di 1.497, di cui il 42,42% per attività illecite e il 12,09% per cause ignote.

In questo numero di Biodiversità abbiamo deciso di condividere le esperienze tra Argentina, Brasile, Bolivia, Cile, Ecuador, Messico, Paraguay e altre aree continentali, indagando le cause e cercando proposte di protezione e prevenzione.

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