
Horror Italia. Enrico Letta e le zombie bank, il Sole 24 ore ed il governo Frankenstein

La zombie bank italiana per eccellenza sembra essere il Monte dei Paschi che è, oramai è luogo comune, di fondi pubblici è costata nel 2012 quanto il gettito dell’Imu. Monte che ha visto le proprie azioni in ascesa nei giorni della fiducia del governo Letta per un preciso motivo: si è scommesso che la zombie bank starebbe stata tenuta il vita dal nuovo esecutivo per evitare un crack del sistema bancario italiano. Ma è solo il Monte dei Paschi a rischiare il crack, magari trascinando con sé il resto del sistema? La situazione appare più complessa se si guarda all’ultimo rapporto Moody’s sull’Italia. Rapporto che è stato citato, senza critiche, dal Sole 24 ore nonostante suonasse a morto non solo nei confronti del Monte dei Paschi ma dell’intero sistema bancario italiano. Moody’s infatti sostiene che le banche italiane si occupano più di detenere ingenti stock di credito che di sostenere l’economia, perdendo contatto con l’economia reale, allo stesso tempo di avere una sottocapitalizzazione tale da renderle vulnerabili ad ulteriori schock finanziari. Entrambi i fenomeni si chiamano sottocapitalizzazione, appunto, e più prosaicamente eccesso di titoli di stato in pancia che impedisce un rapporto con l’economia reale (essendo più redditizia l’operazione di acquisto e collocamento di titoli di stato). La combinazione di questi fenomeni produce, secondo gli analisti, i non performing loans ovvero crediti di banche che non riescono a ripagare capitali ed interessi dovuti ai creditori. Mettendo in crisi sia il sistema del credito che quello dell’economia.
Il primo grosso elemento di crisi sistemica del capitalismo italiano resta quindi stabilmente radicato nella rete bancaria nazionale. Una crisi del prestito e della circolazione economica di moneta spesso e volentieri sottovalutata rispetto ad analisi che ritengono, a torto, questo mondo del credito subordinato rispetto a quello della decisione politica Una crisi del prestito e della circolazione della moneta che avviene aspirando liquidità pubblica, da ogni dove, senza ripagare e riprodurre capitali. Se ne sono accorti Moody’s, il Financial Times ma anche Enrico Letta che è andato a Berlino, da Angela Merkel, prima di tutto a parlare del problema delle banche italiane e del loro salvataggio. E prima di Letta se ne è accorto Giorgio Napolitano che, non a caso, ha messo Saccomanni, direttore della Banca d’Italia, al ministero chiave dell’Economia. Ministero che così assume un accento prevalentemente bancario servendo cosi’, all’istante, tutti coloro che hanno parlato di governo “delle larghe intese” per affrontare i problemi economici ed occupazionali del paese.
La verità è un’altra: a cinque anni  dall’esplosione di Lehman Brothers il sistema bancario europeo, con in  testa Deutsche Bank che pare detenere il 10% dei titoli tossici del  pianeta, e quello italiano producono voragini di debiti che sembrano non  avere fine. E proprio per questo il viaggio di Letta a Berlino è andato  male.
 La richiesta di allentamento del rigore nei conti pubblici,  per promuovere il mondo delle banche italiane come asse privilegiato  della “ripartenza”, si è pubblicamente infranta contro il muro dei “no”  tedeschi.  Ma non solo. Se si considerano le analisi del Wall Street  Journal Deutschland, i tedeschi sono rimasti sorpresi. Dai toni morbidi  che Letta ha usato sulla questione dell’ allentamento del “rigore”, ben  diversi da quelli usati in parlamento a Roma ad uso delle telecamere.  Insomma, se si seguono gli analisti tedeschi siamo a Letta che usa i  toni duri a Roma e Parigi e quelli morbidi a Berlino. Segno che c’è la  possibilità che Letta voglia tenersi il “rigore”, alla faccia di chi  l’ha votato per “senso di responsabilità”, come moneta di scambio per  magari ottenere un salvataggio reale di tutte le zombie bank italiane  entro il nuovo sistema europeo di vigilanza bancaria. Ma, sfortuna di  Letta, questi non sono tempi in cui la Germania fa sconti od è in grado  di aiutare, dal punto di vista capitalistico, l’Italia. Proprio Yalman  Onaran e  Sheila Bair in Zombie Banks (Bloomerg Books, 2011) dedicano  infatti il quarto capitolo alla Germania. Parlando di “untouchable  Zombie” delle banche tedesche, anche quelle locali, gonfie di titoli  tossici, attualmente fuori dall’accordo europeo sulla vigilanza  bancaria. Il “no” all’Italia anche e soprattutto su questo piano  bancario, per adesso ben esplicito da Berlino, fa capire che, mentre  tiene alta la retorica sulla crescita e tace sulle banche, il governo  Letta al momento non trova vie d’uscita favorite dai rapporti  continentali.
Già ma che governo è l’esecutivo Letta? Il Sole 24 ore ha parlato di governo Frankenstein, giudizio non proprio lusinghiero da parte del quotidiano di Confindustria. In questo governo c’è di tutto: c’è Saccomanni, direttamente “in touch” con Napolitano e Monti sul rigore dei conti; c’è l’ipoteca anti-rigore di Berlusconi, c’è l’atlantismo della Bonino, ci sono una serie di ministri ufficialmente più attenti al sociale e meno rigoristi e persino due ciellini. Oltre che Alfano a garanzia degli interessi di Berlusconi con l’ex integerrimo antiberlusconiano Franceschini passato nelle fila dei garanti dell’accordo con il cavaliere. Le differenti esigenze di politica economica possono paralizzare questo governo. Se le banche italiane restano zombie e se la “crescita” rimane slogan da recitare davanti ai corazzieri del Quirinale è evidente che l’esplosione politica, al governo Pd-Pdl, è assicurata. La crisi delle banche europee, la contrazione del Pil dell’eurozona, la recessione prevista anche per il 2014 dovrebbero macinare seriamente i piani di Letta e di Napolitano. Piano che altro non è che composto da dei classici, salvare i capitali prodotti con i capitali e rilanciare quelli da lavoro, in un tempo in cui l’efficacia di questa classicità è tutta in discussione.
Quanto alla razionalità politica delle masse, stretta tra indifferenza, livore contro il lusso in cui vivono le istituzioni e miriadi di pratiche non riducibili a sintesi nè rappresentabili come linee di fuga dal capitalismo, non sembra per adesso la sua stagione. Inutile negare il problema se si vuol fare politica di massa davvero.
 Redazione Senza Soste
2 maggio 2013
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