InfoAut
Immagine di copertina per il post

Il più grande sciopero della storia passato inosservato

Lo scorso 2 settembre in India si è tenuto «il più grande sciopero della storia», secondo la descrizione divulgata dalle sigle sindacali locali, secondo cui ad incrociare le braccia sarebbero stati 180 milioni di lavoratori del settore pubblico, in rotta con l’amministrazione Modi su aumenti del salario minimo e investimenti privati stranieri nel settore pubblico. Uno scontro che, in termini assoluti, può sembrar epocale, ma che considerando le peculiarità del tessuto lavorativo indiano – disastroso – non dà pienamente l’idea di quanta strada ci sia da fare per i diritti dei lavoratori.

Nonostante la stampa indiana abbia paventato un pericolo «paralisi» del paese, lo sciopero nazionale di venerdì ha causato disagi relativamente esigui: esclusi alcuni episodi violenti in Bengala occidentale e Assam, e un’adesione quasi totale dei lavoratori del pubblico del Kerala, il resto del paese ha fatto i conti con una giornata di disagio limitato nel trasporto pubblico, nelle banche, nella sanità pubblica.

Quasi tutti principali sindacati indiani hanno aderito a una protesta incentrata sulle richieste di aumento dei salari minimi (lo stato offre 12000 rupie al mese – 160 euro – , i sindacati ne vogliono 18mila – 241), l’estensione di pensione minima e previdenza sociale a tutti i lavoratori e il blocco degli investimenti diretti stranieri nei settori pubblici «strategici» (ferrovie e difesa su tutti». Unica sigla a disertare lo sciopero la Bhartiya Mazdoor Sangh, legata all’organizzazione ultrahindu extraparlamentare Rashtriya Swayamsevak Sangh (da dove provengono numerosi esponenti del Bjp, tra cui lo stesso primo ministro Modi).

Qua e là sulla stampa occidentale ci si è lamentati di una copertura quasi inesistente, a livello internazionale, di quest’ultimo All India Bandh (bandh=chiuso, in hindi), replica di un medesimo sciopero che si era tenuto precisamente un anno fa. Per dare una misura di come le cose funzionino in India basti pensare che l’offerta dell’esecutivo Modi a pochi giorni dallo sciopero era stata di aprire un tavolo delle trattative per venire incontro alle richieste salariali e di previdenza sociale dei sindacati, accolta dai lavoratori delle ferrovie, che apriranno un dialogo a parte, e rifiutata da tutti gli altri. In aggiunta, il ministero delle finanze ha parlato di «bonus» dovuti ai lavoratori che, ha promesso, ora saranno pagati.

Così, dopo un giorno di braccia incrociate, si è tornato alla normalità. Che, per i lavoratori in India, significa disastro.

Jayati Ghosh, economista della Jawaharlal Nehru University e tra le più stimate al mondo, hadichiarato al Guardian: «Meno del quattro per cento dei lavoratori in India sono coperti da tutele sindacali, e anche quelli stanno vedendo le proprie protezioni restringersi sempre di più. Il sentimento generale è che il governo non stia prendendo di mira la povertà, ma i poveri, e che ci sia una reale diminuzione della spesa per i servizi pubblici essenziali».

In aggiunta, è utile ricordare come le condizioni di lavoro in India siano, ad oggi, assolutamente disperanti. Ne avevo parlato qualche tempo fa con Elisabetta Basile, professoressa di economia applicata alla Sapienza di Roma, in tema «lavoro informale». Un insieme di manovalanza che comprende la quasi totalità dei lavoratori del settore privato (dove la sindacalizzazione è pressoché inesistente e quindi, lo scorso 2 settembre, non hanno scioperato). Basile lo spiega meglio:

«Il ter­mine “lavoro infor­male” indica il rap­porto di impiego in cui i lavo­ra­tori sono occu­pati in una atti­vità pro­dut­tiva, senza che ven­gano assi­cu­rati loro diritti e tutele. In India il feno­meno ha dimen­sioni gigan­te­sche, si cal­cola che i lavo­ra­tori infor­mali siano il 90 per cento della popo­la­zione attiva, grosso modo 400 milioni di per­sone. Senza ferie, senza riposo set­ti­ma­nale, pagati spesso a cot­timo e senza sicu­rezza sul – e del – lavoro, ogni anno pro­du­cono il 50 per cento del Pil indiano.
Qual­cosa di simile a ciò che in Ita­lia chia­miamo “lavoro nero”, anche se nel con­te­sto indiano il ter­mine indica il lavoro “non regi­strato” piut­to­sto che il lavoro nasco­sto. Non c’è nulla di clan­de­stino nel lavoro infor­male indiano che è siste­ma­ti­ca­mente sti­mato e aggiunto alla quota di lavoro for­male. Senza que­sto tipo di lavoro, l’India non potrebbe mai van­tare i tassi di cre­scita ai quali ci ha abituati».

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ex Ilva: il riarmo divora la politica industriale (e la transizione ecologica)

Tutti i nodi vengono al pettine. Il governo sovranista con la sua manovrina accantona risorse per acquistare armi e manda alle ortiche quasiasi politica industriale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Restare a galla insieme in un mondo difficile: Bilancio 2024 delle questioni del lavoro in Cina (Parte 2). 

Proseguiamo la traduzione in lingua italiana di questi preziosi contributi sul contesto delle lotte in Cina nel 2024, tradotti in inglese dal collettivo Chuang.  Consapevoli delle profonde differenze tra il nostro contesto e quello cinese, a sua volta molto difficile da restituire come un intero, alcuni dati e considerazioni che vengono avanzati nel testo sembrano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Rompere la pace dentro territori, fabbrica e università della guerra

Partiamo da qui, da questa inquietudine mai risolta e sempre irriducibile che accompagna la forma di vita militante, l’unica postura da cui tentare di agguantare Kairòs, il tempo delle opportunità che possiamo cogliere solo se ci mettiamo in gioco. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Teoria del partito

I prezzi sono più alti. Le estati sono più calde. Il vento è più forte, i salari più bassi, e gli incendi divampano più facilmente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il Segretario di tutte le guerre

a visione che Hegseth porta dentro l’amministrazione Trump è quella di un’America che può tornare «grande» solo riconoscendo la guerra come sua condizione naturale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il significato dell’ascesa cinese

Riprendiamo e traduciamo da marxist.com questa interessante analisi di Kenny Wallace sul significato dell’ascesa cinese.  Buona lettura! Questa nazione, che appena due decenni fa era ancora immersa nel sottosviluppo, è oggi impegnata in una titanica rivalità con gli Stati Uniti, nella quale riesce a mantenere la propria posizione. Nel frattempo, l’imperialismo americano, di gran lunga […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump all’attacco dell’America Latina con la scusa della “guerra alla droga”

La tensione nei Caraibi ed in America Latina si fa sempre più alta. Alcune note per comprendere quanto sta succedendo.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Gaza, un futuro di controllo della AI che ci riguarda

Se andiamo a leggere i piani di controllo dell’ordine pubblico prefigurati per la nuova amministrazione di Gaza, vediamo come questi convergano sulla previsione di un modello di sicurezza basato sull’integrazione di Intelligenza Artificiale (IA), robotica avanzata e sorveglianza aerea.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Un opuscolo su riarmo, genocidio e logistica della guerra

Ripubblichiamo un opuscolo realizzato dall’assemblea cittadina torinese STOP RIARMO.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Free Shahin! Appello alla mobilitazione

Apprendiamo con grande preoccupazione del mandato di rimpatrio emanato dal ministro Piantedosi su richiesta della deputata Montaruli nei confronti di Mohamed Shahin, compagno, amico e fratello.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Quando il popolo si organizza, il sistema vacilla

L’ultimo periodo di lotte ha mostrato che il potere trema solo quando il popolo smette di obbedire.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Ramy: a un anno dall’inseguimento mortale dei carabinieri Milano non dimentica

A Milano lunedì 24 novembre, si ricorda Ramy Elgaml, giovane ucciso al termine di un inseguimento di ben 8 km da parte dei carabinieri tra viale Ripamonti e via Quaranta, un anno fa; schianto che portò anche al ferimento, grave, di un altro giovane, Fares Bouzidi.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Mohamed Shahin libero subito!

Ripubblichiamo e diffondiamo il comunicato uscito dal coordinamento cittadino Torino per Gaza a seguito della notizia dell’arresto di Mohamed Shahin, imam di una delle moschee di Torino che ha partecipato alle mobilitazioni per la Palestina.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bombardamenti israeliani contro il Libano: 5 morti, tra cui l’Alto comandante di Hezbollah, Haytham Ali Tabatabaei

Beirut-InfoPal. Il ministero della Salute Pubblica libanese ha diffuso il bilancio ufficiale dell’attacco israeliano senza precedenti contro un’area residenziale alla periferia sud di Beirut, domenica 23 novembre: cinque morti e 28 feriti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso il 28 novembre: i comitati sardi chiamano alla mobilitazione

Diffondiamo l’appello uscito dalla rete Pratobello24 che invita tutti i comitati che lottano contro la speculazione energetica a unirsi allo sciopero e alla mobilitazione del 28 novembre.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Il caso di Ahmad Salem, in carcere da 6 mesi per aver chiamato alla mobilitazione contro il genocidio

Ahmad Salem è un giovane palestinese di 24 anni, nato e cresciuto nel campo profughi palestinese al-Baddawi in Libano, arrivato in Italia in cerca di protezione internazionale e che dopo il suo arrivo, si è recato a Campobasso per presentare richiesta di asilo politico.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Non ci sarebbe mai stata una fase due, il cessate il fuoco era la strategia

Il cessate il fuoco, come i negoziati, sono diventati un altro campo di battaglia in cui Tel Aviv temporeggia e Washington ne scrive l’esito.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cile: le grandi possibilità del nazi Kast di essere presidente

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile di ieri sono terminate in modo triste e prevedibile.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bologna: corteo “Show Israel Red Card” contro la partita della vergogna tra Virtus e Maccabi Tel Aviv

Ieri, venerdì 21 novembre, corteo a Bologna contro la partita della vergogna, quella di basket tra Virtus e Maccabi Tel Aviv prevista alle 20.30 al PalaDozza.