InfoAut
Immagine di copertina per il post

Iniziata la fase B?

Sembra ufficiale: secondo Bloomberg la prosecuzione dei cali sulle borse mondiali – i più consistenti dalla crisi dei debiti sovrani del 2011 – segna inequivocabilmente il passaggio da toro a orso, da un mercato ascendente a uno in discesa di cui non si riesce a prevedere l’atterraggio. Controprove principali: corsa all’oro come bene rifugio (faccia nascosta della moneta creata con un click del computer); acquisti a valanga di titoli di stato Usa, tedeschi, inglesi come “porti sicuri” per il risparmio anche a costo di rendimenti negativi e del gonfiamento di una nuova bolla; assicurazioni sui rischi di default (cds) in netto rialzo.

C’è di più. Fin qui il crollo dei titoli, soprattutto bancari ed energetici, veniva messo in riferimento con il ribasso del prezzo del petrolio, lo scoppio delle bolle speculative e il rallentamento dell’economia cinesi, le difficoltà delle economie emergenti colpite da ingenti fughe di capitali e svalutazioni valutarie, nonché con il pur modesto aumento dei tassi statunitensi da parte della Federal Reserve (la banca centrale). Tutto vero. Ora però viene fuori che il problema di fondo sono i profitti in calo di buona parte della maggiori corporation mondiali – ma con epicentro proprio negli States! – con prospettive ancora più fosche dato il trend negativo di investimenti e ordinativi. Con l’aggravante di livelli di indebitamento -supportati in questi anni dalle politiche monetarie “facili” delle banche centrali- che ora diventano difficili da reggere sia per le imprese sia per le banche che devono cancellare dai bilanci sempre più crediti inesigibili. Il che porta a ulteriori vendite di titoli in un circolo vizioso che si autoalimenta. Non è affatto tutta speculazione, dunque.
Janet Yellen, boss della Federal Reserve, ha fatto una mezza ammissione nei giorni scorsi sui “rischi di recessione” negli Stati Uniti, mentre la sua politica monetaria diventa sempre più incerta tra propositi di rialzo dei tassi di interesse (oggi ai minimi storici: Zirp) e ambigui annunci di passi indietro se la situazione economica dovesse peggiorare. Intanto, la mossa disperata della Banca Centrale del Giappone che ha portato i tassi di interesse in territorio negativo (Nirp) è nata già morta, mentre la Bce di Draghi si trova in grosse difficoltà visto che il suo Quantitative Easing (cfr. Draghi’s Drug) non ha potuto evitare il tracollo delle banche europee.

Insomma, le politiche monetarie delle banche centrali sono agli sgoccioli quanto a (già decrescente) efficacia. Il momento della verità sembra farsi più vicino: salvare con emissione di moneta e quindi ulteriore indebitamento la montagna di debiti su cui è seduta l’economia globale -la ricetta anti-crisi dopo il 2008- ha provvisoriamente tenuto ma non può reggere per sempre. Il cavallo, la ripresa di investimenti, non ha bevuto nonostante fiumi d’acqua a disposizione, anzi si sono create bolle speculative come e più di prima. E ora i “mercati”, stretti tra inflazione degli asset finanziari e deflazione reale, hanno iniziato a chiedere indietro i soldi. Dopo il lungo rinvio si ripresenta lo spettro di una crisi non di liquidità ma di vera e propria insolvenza.
Se questo quadro verrà confermato nei prossimi mesi, il punto non è se avremo meccanicamente un nuovo 2008 (con la Deutsche Bank al posto della Lehman?) ma come a questa svolta ci arriva l’economia globale, nel suo insieme e nelle sue articolazioni. Quel che è certo è che ci arriva con meno munizioni essendo i bilanci statali già sovraccarichi dei salvataggi di questi anni e, come detto, avendo le banche centrali dilatato al limite gli interventi monetari. Inoltre, se nel 2008-9 la Cina ha potuto fungere da ancora di salvataggio grazie ai margini per politiche espansive, oggi sembra essere parte del problema più che della soluzione – questo al di là delle letture unilaterali e/o esagerazioni sulla crisi in corso (cfr. Crash tutto cinese?). Ancora, non solo il quadro geopolitico è decisamente più esplosivo in un Medio Oriente da sempre termometro delle tensioni internazionali, ma crescono le tensioni fra Washington e i tentativi cinese e russo di costruirsi un circuito economico e finanziario più autonomo dal predominio del dollaro e della finanza nordamericana.

È in questo quadro di contrasti e tensioni che andrebbe inserito questo passaggio della crisi. Gli Usa rispetto al 2008 sono messi relativamente meglio degli altri, avendo maggiormente accorciato la leva finanziaria di banche e fondi, anche se non hanno risolto nessuno dei problemi di fondo. Il punto è che si stanno creando le condizioni favorevoli per un più agevole scarico della crisi innanzitutto sui paesi emergenti (indebitati a breve in dollari e non a caso al centro di una fuga di capitali: la stessa America Latina rischia di ridiventare riserva di caccia dei capitali yankee), nonché su Russia (manovre geopolitiche e finanziarie per far cadere il prezzo del petrolio) e Cina (anche qui fuga di capitali, svalutazione monetaria e perdita di riserve). Ma anche su un’Europa sempre più sfilacciata.
Ciò non toglie che per Washington ci sono almeno due incognite rilevanti. La prima riguarda la strategia della Fed. Un aumento dei tassi di interesse sarebbe opportuno per tutta una serie di ragioni: non restare a corto di munizioni in caso di recessione, contenere le bolle debitizie ricreatesi dopo il 2008, richiamare risorse verso il dollaro per contrastare i tentativi di de-dollarizzazione cinesi, russi, iraniani, ma soprattutto provare a controllare la svalorizzazione di capitali oramai non più rinviabile scaricandola sugli altri soggetti, “alleati” e avversari. Solo che i contraccolpi negativi di ciò, dal probabile rafforzamento del trend deflattivo ai fallimenti di imprese  con volatilizzazione dei risparmi e caduta di occupazione e consumi, difficilmente si limiterebbero all’esterno dato l’intreccio oramai inestricabile del mercato mondiale. Non è facile tornare a un’economia del debito meno instabile e precaria (perorata dai dirigenti della Banca dei Regolamenti Internazionali). Eppure, senza bruciare una parte della montagna di capitale fittizio che risucchia risorse e impedisce qualsiasi rilancio dell’accumulazione, il timore che si diffonde oltreoceano è quello di una “stagnazione secolare”.

In secondo luogo, la strategia Usa di un nuovo contenimento anti-cinese e anti-russo è una corsa contro il tempo, a evitare un’eccessiva autonomizzazione delle due potenze. La stessa svalorizzazione di capitali che si darà deve poter essere scaricata anche sulla Cina se si vuole preservare il predominio occidentale. Ciò spiega perché il livello delle provocazioni viene spinto da Washington sempre più avanti (dall’Ucraina alla Siria, ai mari dell’Asia Orientale). Ma spiega anche certi azzardi come la guerra economica sul prezzo del petrolio che sta mettendo a rischio l’Arabia Saudita e lo stesso circuito dei petrodollari, un meccanismo essenziale questo, insieme alla subordinazione dell’officina del mondo, al predominio della finanza a stelle e strisce. Al tempo stesso, la fretta viene anche da come si stanno mettendo le cose sul fronte interno che, come sta evidenziando la stessa campagna presidenziale, forse la più dura da quella del ’68, è sempre più polarizzato e a rischio di esplosioni sociali in un futuro non troppo remoto. Se Obama ha fallito nel rivitalizzare per un rilancio dell’Impero il fronte interno “progressista”, il prossimo presidente, democratico o repubblicano, dovrà passare all’offensiva facendo leva sulla difesa nazional-“sociale” dell’american people.

Se le cose stanno così, a questo giro l’Europa rischia grosso. Non solo per il trilione di crediti deteriorati (un quinto e più italici, suggeriscono i… gufi) a fronte di una ripresa che si allontana. Ma per le crescenti divisioni che una Germania indebolita da ripetuti “fuochi amici” (affare Snowden, Ucraina, ricatto sui profughi siriani con polarizzazione interna e indebolimento di Merkel, scandalo Volkswagen, ora la DB…) sempre meno riesce a contenere. Borghesie meschine in concorrenza reciproca pronte a fare gli utili idioti dello zio d’America e un proletariato passivo e sempre più chiuso su dimensioni nazionali e subnazionali, completano il quadro desolante. Renzi -tanto vuoto di sostanza quanto buon galleggiatore che approfitta delle nullità che lo circondano- l’ha capito e ha iniziato a pigiare il tasto antitedesco. Unica strada che gli resta visto che non solo non è migliorata affatto la situazione del capitalismo italico (il jobs act non ha creato occupazione ma solo regalato soldi e potere d’arbitrio a imprenditori incapaci di investire mentre la sottocapitalizzazione e il clientelismo politico-familiare delle banche è sotto gli occhi di tutti) ma la crisi che avanza spazzerà via gli escamotage di bilancio fin qui usati per continuare a campare e metterà a serio rischio i risparmi del “ceto medio” e dunque quel welfare familistico che ha attutito fin qui i colpi del declassamento sociale e internazionale.

Sono appunto i nodi che, con ancora maggiore drammaticità, si presenteranno in questa fase. Uno: la ripresa dei toni anti-tedeschi, buoni per tutti i palati, di destra e di sinistra, europeisti e anti-europeisti; non che Berlino non se li meriti ma il piccolo problema è che servono a coprire le responsabilità nazionali/ste e i giochi di Washington. Ma far capire questo è senza speranza, dovremo passarci attraverso. Due: è iniziata la tosatura in grande dei risparmi dei ceti medi occidentali (le misere vicende bancarie italiche ne sono solo un piccolo segnale), il che in prima battuta darà luogo a reazioni confusissime “nazional-sociali” dentro le quali, a date condizioni, si può però riaprire un discorso di classe a patto di sapervi vedere i nodi di fondo di un capitalismo sempre più distruttivo e sempre che il proletariato non continui a dormire. Ne verrà ridisegnata sia la nuova composizione sociale del lavoro sia la soggettività delle lotte (movimenti diversissimi come il No Tav e i forconi potrebbero essere in qualche modo un’anticipazione di dinamiche a venire assai più esplosive). Terzo: ritorna in forza il tema guerra dell’Occidente contro… terroristi (mostri buoni per tutte le stagioni) e soprattutto “dittatori” che attentano alle nostre “libertà”. La Libia è vicina: si tratterà di tornare sul tema, vecchio ma sempre nuovo, di cosa è l’imperialismo.

14 febbraio 2016

 

Qui di seguito, una chiacchierata con Raffaele Sciortino ai microfoni di Radio Blackout di una decina di giorni fa

{mp3remote}http://www.infoaut.org/images/global_crisis/raf_global_crisis_gen2016_part1.mp3{/mp3remote}

{mp3remote}http://www.infoaut.org/images/global_crisis/raf_global_crisis_gen2016_part2.mp3{/mp3remote}

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

crisidollaroeuroeuropaguerramediorienterussiastati uniti

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Geopolitica e lotta di classe nella crisi di sistema

0. Si apre un tempo di incertezza, che non fa ancora epoca. Per conquistarne l’altezza, occorre rovesciare il punto di vista. E cogliere, nell’incertezza del tempo, il tempo delle opportunità. da Kamo Modena 1. «La fabbrica della guerra». Abbiamo voluto chiamare così un ciclo di incontri dedicati a guardare in faccia, da diverse angolature e […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Intervista esclusiva all’Accademia della Modernità Democratica e Foza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del Partito di Unione Democratica (PYD)

Abbiamo avuto l’occasione di realizzare questa intervista all’Accademia della Modernità Democratica con al suo interno un contributo (citato tra virgolette) di Forza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del PYD..

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Tecnotrumpismo. Dalla Groenlandia al caso DeepSeek

Trump è diventato il referente politico delle Big Tech e non è una congiuntura.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Contro le guerre, per una lotta comune -Incontro con Said Bouamama

Il 18 gennaio 2025 si è tenuto un incontro pubblico al Cecchi Point – organizzato dal collettivo Ujamaa, lo Spazio Popolare Neruda e Infoaut – con Said Bouamama, sociologo e storico militante antirazzista franco-algerino.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Trump tra guerra e pace

Quali prospettive apre il ritorno del Tycoon alla Casa Bianca? La pace in Ucraina è più vicina oppure il 2025 sarà un nuovo anno di guerra?

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La politica al tramonto (d’Occidente)

Anton Jager; Iperpolitica. Politicizzazione senza politica; Nero Edizioni; Roma 2024; 15€ 158 pp. di Jack Orlando, da Carmilla Tre proiettili alle spalle e Brian Thompson, il CEO della United Healthcare, cade freddato a terra.Non si fa in tempo a avere l’identità dell’attentatore che già inizia il vociare di internet.Sui social si brinda alla morte del capo […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Non c’è una via diversa dallo sperimentare

Intervista a Franco Piperno tratta da Gli operaisti (DeriveApprodi, 2005) da Machina Continuamo con la pubblicazione dei materiali per ricordare Franco Piperno. Qui una sua lunga e dettagliata intervista uscita nel volume Gli operaisti (DeriveApprodi, 2005), curato da Guido Borio, Francesca Pozzi e Gigi Roggero, in cui si parla, tra le altre cose, della sua […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana

Nei racconti di Tolkien i Palantir sono le pietre veggenti e vedenti presenti nel Signore degli Anelli il cui nome significa “coloro che vedono lontano”. di Nlp da Codice Rosso In linea con il testo “Magical Capitalism”, di Moeran e De Waal Malefyt, che vede il magico delle narrazioni come un potente strumento di valorizzazione del brand […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Alle radici dell’”offerta di jihadismo” – intervista a Saïd Bouamama

Ripubblichiamo questa intervista di qualche anno fa, realizzata qualche mese dopo gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, per fornire un elemento di approfondimento in vista dell’incontro che si terrà a Torino con il militante e sociologo Saïd Bouamama, il quale ha partecipato ai movimenti antirazzisti in Francia e alle lotte legate all’immigrazione. In particolare, il tema qui affrontato risulta molto attuale nell’ottica di affrontare la questione del razzismo e del neocolonialismo a partire dalla materialità delle condizioni dei quartieri popolari nella crisi sociale della nostra epoca.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Autonomia differenziata: rompere la solidarietà per liberare ancora la ferocia del mercato

Quando si parla di Autonomia Differenziata il rischio è quello di credere che dietro questa formulazione si nasconda nient’altro che il secessionismo leghista della prima ora agghindato in chiave “riformista”. In realtà quanto abbiamo di fronte è ben più complesso ed attuale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Trump ribalta Zelensky facendo dissolvere la falsa coscienza dal capitalismo “liberale”

Terre rare, materie prime, il dollaro come valuta di riferimento, porte spalancate ai capitali americani e i risparmi nazionali dritti dritti nei portafogli di società Usa. In meno di una riga di post, il neo-presidente, attaccando l’omologo ucraino, ha riassunto la dottrina che gli Stati Uniti hanno seguito per anni. L’Europa balbetta, proponendo solo nuova […]

Immagine di copertina per il post
Culture

La terra promessa di Sion non è per i Giusti

“Mi addormentai così, oppresso dal cupo destino che sembrava incombere su di noi. Pensavo a Brigham Young, che nella mia fantasia di bambino aveva assunto le dimensioni di un gigantesco essere malvagio, un diavolo vero e proprio, con tanto di corna e di coda.” (Jack London, Il vagabondo delle stelle – 1915) di Sandro Moiso, […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Repubblica Democratica del Congo: l’esportazione di coltan alla base del conflitto in Kivu

Nei giorni scorsi il movimento armato M23 ha conquistato la provincia del Kivu e la sua capitale Goma dalle forze governative congolesi, che si sono ritirate disordinatamente davanti all’avanzata di un gruppo ribelle che, sebbene combatta da 30 anni, si è presentato questa volta con armamenti moderni e massicciamente equipaggiato di tecnologia di ultima generazione.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

L’energia non è una merce: per uscire dal fossile non serve il nucleare, per la transizione energetica bastano le rinnovabili ma senza speculazione

Scriviamo questi appunti in merito al tema dell’energia nucleare per due motivi: abbiamo di fronte a noi il rischio di un suo effettivo ritorno gestito da mani incompetenti, antidemocratiche e senza scrupoli, come dimostrano le dichiarazioni del Ministro Pichetto Fratin e il suo disegno di legge..

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Protezionismo Usa, riarmo in Europa

In uno scenario in cui le parole d’ordine in Europa per fronteggiare la narrazione dei dazi americani in arrivo sono riarmo e energia, analizziamo alcuni aspetti dello scenario globale. La presidenza di Trump è stata inaugurata dal cessate il fuoco a Gaza, su dei termini di un accordo sostanzialmente uguale a quello rifiutato da Netanyahu […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Tramonto liberale sulla voragine

Qualcosa tramonta, chissà se sarà l’ora di un risveglio?