Intervista a due internazionalisti tedeschi in Rojava
Pubblichiamo l’intervista di un compagno di Infoaut attualmente in Rojava a due internazionalisti tedeschi. Buona lettura.
In questi tre mesi nella Federazione della Siria del Nord ho avuto il piacere di incontrare diverse persone con le quali ho scambiato idee, analisi e progetti. Voglio condividere una breve, ma molto interessante intervista fra due compagni di Radikal Linke / Berlin below.
Quali sono le ragioni che vi hanno portato ad intraprendere questa esperienza nella Federazione della Siria del Nord?
A: La nostra organizzazione ‘Radical Linke / Berlin’ sin dalla sua fondazione è sempre stata solidale con il PKK e con tutti i movimenti rivoluzionari del Kurdistan. Anche prima della resistenza di Kobane abbiamo iniziato a rapportarci insieme al movimento kurdo in Germania in una dimensione pratica. Per esempio, abbiamo organizzato manifestazioni o eventi insieme e abbiamo costruito legami politici solidi. L’anno scorso alcuni compagni sono venuti in Rojava e adesso noi siamo qui con lo scopo di imparare, migliorare noi stessi e sviluppare le nostre lotte: qui abbiamo anche letto di più sull’ideologia di Abdullah Öcalan e discusso di essa. Pensiamo che ci siano diverse idee che possono essere di grande ispirazione e punto di partenza per il nostro agire quotidiano. Stiamo elaborando una critica piuttosto forte sul lavoro degli ultimi 20 anni dei gruppi della sinistra rivoluzionaria in Germania, questo include anche la nostra stessa pratica in differenti gruppi nel passato e anche quella attuale dopo la nostra fondazione. Queste critiche si riferiscono all’approccio con la società, la comprensione di cosa sia una rivoluzione, il ruolo dei rivoluzionari e molto altro ancora. Per queste queste ragioni è abbastanza naturale che noi, ora, ci troviamo qui e siamo fiduciosi che altri compagni nei prossimi anni verranno per imparare e dare supporto, ciascuno con le loro capacità, ma un altro motivo che ci ha condotto in questa rivoluzione è che vediamo questo posto come una possibilità per l’Europa per un nuovo internazionalismo. Molti internazionali da tutto il mondo, ma specialmente europei, guardano con interesse a questa rivoluzione, vengono qua per partecipare e trovare risposte ai problemi coi quali, in Europa, tutti ci dobbiamo confrontare o dai quali troviamo ispirazione. Abbiamo la possibilità di discutere e, fiduciosamente, trovare un modo comune di coordinare le nostre lotte.
G: la nostra organizzazione è veramente eterogenea, ci sono sia giovani compagni sia alcuni più anziani che hanno già preso parte ad altre lotte internazionaliste, con le quali hanno profondi legami come per esempio in Palestina e in America Latina. Sicuramente la nostra presenza in Rojava è anche una tradizione di internazionalismo e perciò, alla fine, è anche il risultato del lavoro internazionalista del passato.
Voi avete iniziato questa esperienza con diverse aspettative riguardanti la vostra organizzazione ma anche con l’aspirazione di un coordinamento delle lotte in Europa. Quindi voglio chiedervi quali risposte, fino ad ora, avete trovato in questa rivoluzione è quali sono gli aspetti più importanti da approfondire?
G: Una cosa che puoi vedere chiaramente qui in Rojava e ovunque nel Kurdistan è l’importanza dell’organizzazione. Ciò vuol dire essere organizzati in ogni parte della vita: l’organizzazione delle donne, della gioventù, dell’autodifesa, dell’educazione, un elevato livello di organizzazione della società è stato raggiunto in tutti gli aspetti della vita quotidiana, risultato di anni e anni di lotta basato sul ‘kadro work’ (lavoro dei militanti) e che permette a questa rivoluzione di instaurare un nuovo sistema democratico dentro questa società feudale. Senza dubbio c’è il tema della liberazione delle donne che è una delle basi fondamentali di questa rivoluzione, personalmente penso che in Europa non sia connesso in maniera così forte e centrale con la società, purché ci siano gruppi femministi che, tuttavia, attualmente non giocano un ruolo di avanguardia nelle lotte come avviene qua. Uno dei ruoli più interessanti e importanti è giocato dalla struttura autonoma della gioventù, la quale è in grado di prendere le proprie decisioni senza essere dipendente da qualcun altro ed è la parte della struttura generale maggiormente focalizzata sulla rivolta, il cambiamento è sulla spinta in avanti della linea rivoluzionaria.
A proposito dei metodi che abbiamo trovato sorprendentemente efficaci, c’è l’uso che il movimento fa del concetto di critica e autocritica: valorizza tutto nella società ad un livello più alto perché è compiuto ovunque. Nonostante questa sia una kadro revolution (rivoluzione condotta da militanti politici), posso dire che il processo decisionale procede dal basso verso l’alto, perché la posizione dei quadri non è più elevata rispetto a quella delle persone comuni, anzi costoro sono un esempio di totale abnegazione delle proprie prospettive personali in favore di quelle della società. Stando qua ho capito che se vuoi comprendere profondamente questo processo rivoluzionario non è abbastanza essere focalizzati solamente sugli aspetti teorici, ma devi vederlo per poterlo sentire. Quando vedi le rovine di Kobane, dove l’ultima linea difensiva stava combattendo Daesh per così tanto tempo, con grande sforzo e con così tanti Sehid (martiri), senti che questa connessione con la propria terra e con la propria società sono la forza motrice di questa rivoluzione. La lotta e gli straordinari risultati della rivoluzione delle donne contro migliaia di anni di mentalità patriarcale in medio-oriente sono qualcosa che nessun libro ti può spiegare, il profondo rispetto per gli Sehid che elimina ogni autocompiacimento e personalismo è la base che unisce tutti i membri della società e la sua trasformazione.
A: Durante il nostro viaggio per il Rojava siamo stati fortunati ad essere ospiti di diverse famiglie e , parlando con loro, abbiamo potuto percepire la reale connessione con la rivoluzione che riflette i suoi valori nella società, per esempio noi eravamo in una famiglia dove la madre ci disse che eravamo i suoi figli , che sua madre era anche la nostra. Io ho percepito che quella non era una formula di cortesia, ma lo spirito di comunità che pervade queste persone così tanto che, anche se ci saranno delle sconfitte militari, la società sicuramente è pronta per non fare un passo indietro e combattere per questi valori fino alla fine.
G: Ovviamente ci sono errori, contraddizioni e difficoltà, ma come rivoluzionari internazionalisti non dobbiamo approcciarci a questa rivoluzione come spettatori critici, ma piuttosto percepirla come nostra e metterci in gioco con le nostre abilità per aiutarne la costruzione. Qui siamo chiamati espressamente dai compagni per criticare in maniera costruttiva e per lavorare insieme per superare queste difficoltà.
Perciò avete acquisito molte conoscenze da questa esperienza, ma secondo voi qual é la prospettiva per il futuro delle vostre lotte una volta tornati a Berlino?
A: sicuramente torneremo a casa con molte conoscenze che abbiamo intenzione di mettere in pratica.
Come realtà organizzata abbiamo intrapreso un lavoro nei quartieri nel tentativo di organizzarli tramite un metodo comunitario: ciò dà la possibilità alla gente del posto di poter decidere su ciò che avviene nei propri spazi e luoghi e di poter cogliere il ruolo della comunità e migliorarla. Per questo tipo di prospettiva, l’esperienza che stiamo vivendo in questi luoghi ci sta insegnando molto.
Questo approccio non è qualcosa che qui non c’è mai stato. Esiste già e ci sono molti esempi di resistenza ai quali ci possiamo anche ispirare. Ma dobbiamo anche ammettere che dovremmo impegnarci con maggior sforzo e serietà nel processo rivoluzionario se vogliamo essere presi sul serio dalla società. Io penso che costruire una forte prospettiva rivoluzionaria per la Germania, ma anche per l’Europa, sia il modo migliore per supportare questa rivoluzione, sicuramente possiamo venire qui e questo è un modo, probabilmente fino ad ora l’unico, per acquistare queste conoscenze, ma l’approccio generale deve essere quello di dar vita ad un movimento rivoluzionario in Europa perché, in fin dei conti, sono le bombe europee ad essere gettate sul Rojava e su altre rivoluzioni. Sono le armi europee e americane che qui uccidono le persone impegnate per sconfiggere l’imperialismo e il capitalismo.
G: un aspetto per me davvero importante da sviluppare, prendendo spunto dal movimento kurdo, è la nostra storia. Come gruppo abbiamo partecipato ad alcune manifestazioni commemorative, ma dobbiamo analizzare le nostre radici storiche per comprendere la societá di oggi, dovremmo anche combattere di più in difesa della nostra storia, per la memoria dei nostri martiri delle R.A.F, Bewengun 2 Juni, Revolution’re Zellen, ancora di altre persone e gruppi rivoluzionari ed essere attenti a non legittimare la storia della borghesia e dello stato. Se non conosciamo la nostra storia, la storia della resistenza, delle rivoluzioni e delle lotte, sarà difficile costruire la nostra stessa storia nel futuro. Un altro lavoro da prendere seriamente sono i cambiamenti della nostra personalità per diventare dei militanti. Solo sulla via di questo cambiamento potremo essere in grado di rigettare ogni influenza capitalista dentro noi, lottando senza contraddizioni. Se non stiamo lottando contro noi stessi in quanto individui condizionati da un contesto collettivo sarà difficile, o probabilmente impossibile, trovare un nuovo modo di vivere che ci possa fornire credibilità, che possa essere un esempio per influenzare la società e che sia in grado di auto-difendersi.
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