La ‘fregata’ per gli italiani
A piangere soldi e finanziamenti è l’ammiraglio Di Giorgi, quello che pare abbia avuto la possibilità di rendere una vita in Marina decisamente “pittoresca” qualora il dossier anonimo di trecento pagine redatto nei suoi confronti dovesse trovare conferma. Se non ora quando? Si sarà detto l’Ammiraglio, proprio alla luce della situazione libica e di un mediterraneo in tempesta, questione migranti e nuovi sbarchi compresi, ecco l’Ammiraglio farsi avanti chiedendo il rinnovo di una parte della Marina Militare italiana, spesa: 5,4 miliardi di euro.
Detto fatto, approvato dai parlamentari nell’inverno del 2014/2015, il piatto è servito. Peccato che quest’operazione sia stata fatta dipingendo il restyling proposto dall’ammiraglio con una pennellata di umanitarismo. Finanziamenti riguardanti unità navali che potessero essere di soccorso umanitario e protezione civile. I costi dell’operazione erano stati definiti acronisticamente “bassi”. Come sempre accade un gioco al ribasso fatto per non destare troppi sospetti, ma non appena si è avuto il parere favorevole da parte del parlamento ecco che i costi sono lievitati. Il menù parla di: Pattugliatori Polivalenti di Altura (PPA) euro 2.620.000.000, Unità anfibia multiruolo (LHD) euro 844.000.000, Unità d’Altura di Supporto Logistico (LSS) euro 325.000.000, Mezzi navali polifunzionali ad altissima velocità euro 40.000.000.
A circa un anno di distanza i conti e i progetti di questo piano vengono a galla, quello che colpisce non è tanto la distrazione dei politici (coscientemente voluta) nel votare un piano del tutto offuscato da documenti incompleti e palesemente in contrasto tra loro, ma il fatto che gli attori in gioco siano riusciti a utilizzare per l’ennesima volta quelle che sono le tasche del Ministero dell’Economia, in due parole: soldi nostri.
I documenti che allora furono presentati in Parlamento parlavano dell’acquisto di un’unità anfibia multiruolo per il concorso della difesa ad attività di soccorso umanitario da 844 milioni di euro (supporto alla Protezione Civile in operazioni di disaster relief o nel concorso in operazioni di evacuazione e/o assistenza umanitaria/calamità naturali e ricerca/soccorso) e di sei pattugliatori polivalenti di altura per la sorveglianza marittima tridimensionale del costo medio di 437 milioni (controllo flussi migratori, soccorsi in mare, tutela ambientale). Chiaramente il caso ha iniziato a emergere quando Fincantieri e Finmeccanica hanno iniziato a presentare i documenti con le iniziali cifre dettagliate, i costi avevano subito un iniziale e considerevole aumento. La nave anfibia umanitaria era diventata una portaerei per F- 35B, quindi di dimensioni importanti (245 metri), nessun rimpiazzo o evoluzione delle navi San Giorgio, San Marco e San Giusto o rimpiazzo della portaerei Garibaldi, come appunto fu’ raccontato al Parlamento, ma di nuova portaerei pare denominata “Trieste”. Nonostante che nel 2009 fosse stata acquistata una portaerei del valore di 1,5 miliardi di euro ecco pronta un’altra “fregata” per i cosi detti contribuenti. Tra l’altro la portaerei acquistata 7 anni fa’ non ha potuto fare molta “strada” visti i costi di mantenimento, ben 1,5 milioni di euro per una settimana di navigazione, venne infatti utilizzata solo per un paio di tour in America Latina, Medioriente e Africa, inizialmente si era anche detto che sarebbe stata utilizzata in Libia nel 2011, cose che non avvenne. Per quanto abbia potuto solcare i mari, non ha fatto altro che promuovere nei suoi pochi viaggi una sorta di fiera galleggiante delle armi made in Italy (spesata dai privati), venne anche utilizzata nel 2015 per alcuni mesi all’operazione Eunavfor Med ( contrasto al traffico di esseri umani in Mediterraneo centro-meridionale).
Anche per i pattugliatori “umanitari”, le documentazioni provano un’inversione di costi e utilizzo: aumentati da sei a sette, i pattugliatori diventarono fregate/ caccia torpedinieri lanciamissili da prima linea ( decisamente superiori in dimensioni e portata) i costi di partenza inizialmente furono di 437 milioni per poi arrivare inevitabilmente a 560 (dati Fincantieri 2015).
Sovradimensioni di mezzi e di conseguenza di costi non fermarono l’allora Parlamento neanche per un momento dall’approvare tali spese, aldilà dei dati imprecisi forniti alle aule di Camera e Senato per la richiesta di finanziamenti di tale portata, una volta scoperto l’arcano non si può certo dire che i politici si siano disperati per la presa in giro servita dall’allora Ministro della Difesa Pinotti e dall’ammiraglio De Giorgi. Tanto i costi di questi accordi come sempre sono scaricati sulla collettività che non comprende certo i responsabili di tali spese. Com’è provato che quello che arriva in parlamento non è niente di più che il frutto di accordi presi in tutt’altre sedi. Così che lo stesso ammiraglio De Giorgi, vista la possibilità di contare sulle maglie larghe del sistema, era pronto a chiedere un ulteriore legge che gli avrebbe permesso di accedere ad altri 5 miliardi di euro.
Sicuramente l’accantonamento di quest’ultimo progetto, viste le vicende giudiziarie che hanno coinvolto gli attori in campo (Poletti-De Giorgi), sarà riproposto non appena le acque si calmeranno. Le lacrime di coccodrillo che questi individui sono pronti a far scorrere per i loro interessi dovranno solo trovare altre facce presentabili e il gioco sarà fatto. Sempre che non si arrivi a una partecipazione dal basso per impedire tali sperperi di denaro pubblico sulla pelle di un Paese sempre più alla deriva, dove i poveri continuano ad aumentare segnando quota sette milioni. Persone costrette a rinunciare persino alle cure sanitarie, impossibilitate a sostenere una spesa inaspettata, permettersi un pasto a base di carne ogni tre giorni o mantenere una casa. Una situazione che chiederà il conto presto o tardi.
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