InfoAut
Immagine di copertina per il post

La Polizia catalana uccide a mezzanotte

Di weofp

Il 7 ottobre 2013 i giornali spagnoli pubblicano una notizia che, seppur drammatica, sembra destinata a perdersi nel nulla: «Muore un uomo dopo essere stato arrestato dai mossos d’esquadra». I Mossos d’Esquadra sono la polizia autonoma catalana, che risponde direttamente al governo catalano. Un po’ come se la Lombardia o il Veneto avessero le loro forze dell’ordine, separate dalla Polizia di Stato.

La notizia riportata è piuttosto breve. La notte tra il 5 e il 6 ottobre un uomo di 50 anni sta facendo una rissa con un altro in una strada del Raval, nella città vecchia di Barcelona. I vicini chiamano la polizia; quando i poliziotti arrivano trovano l’uomo ricoperto di sangue, «molto aggressivo» e deciso a non «abbandonare la sua attitudine violenta». Gli agenti dicono di essere stati costretti ad ammanettarlo. Una volta in manette, l’uomo perde conoscenza e successivamente muore in ospedale.

La storia sarebbe finita qui, se non fosse che vari testimoni iniziano a raccontare una versione dei fatti molto diversa. Da una prima versione, ancora molto influenzata dal racconto «ufficiale» della polizia, pare che l’uomo avesse accusato un vicino per la sparizione del suo cane, poi avesse tentato di aggredire la moglie del vicino e infine si fosse picchiato in strada con quest’ultimo. Dopo l’arrivo degli agenti la situazione era tornata tranquilla, anche se l’uomo «sanguinava dal naso e aveva gli occhi pesti», «era drogato e schiumava dalla bocca» e «sembrava un animale». Alcuni testimoni riferiscono che l’uomo abbia aggredito una poliziotta; altri che la poliziotta l’abbia colpito senza motivo. Dopo il “contatto” tra i due, gli altri agenti si erano avventati su di lui e avevano usato la forza per bloccarlo.

Per tre giorni non si conosce l’identità della vittima, che sarà rivelata solo la sera dell’8 ottobre. Si tratta di Juan Andrés Benítez, 50 anni, gay, fondatore dell’associazione catalana degli imprenditori gay e lesbiche nonché noto proprietario di due negozi di abbigliamento nel quartiere gay di Barcelona, il cosiddetto Gaixample. Lo si poteva trovare ogni giorno con il suo cane nel suo negozio all’angolo tra Carrer de Consell de Cent e Carrer Muntaner, cuore del quartiere.

La giudice Eva Moltó, della sezione numero 20 del tribunale di Barcelona, apre un fascicolo e affida le indagini alla polizia nazionale spagnola, per garantirne l’imparzialità. Una simile decisione non piace molto ai capi della polizia catalana, che pretendono che il caso venga affidato a loro.

Nel frattempo arriva un primo risultato dell’autopsia che non lascia molti dubbi: l’uomo è morto a causa di numerosi colpi inferti nella zona del cranio e della faccia – colpi che hanno provocato un arresto cardiaco e di conseguenza la morte, che viene ritenuta di «forma violenta e omicida».

La giudice iscrive nel registro degli indagati l’uomo coinvolto nella rissa con Benitez e inizia ad ascoltare i testimoni. Stando alle testimonianze, quando sono arrivati i mossos la rissa era già finita ed entrambi gli uomini erano calmi e tranquilli. Lo scontro con l’agente è avvenuto quando Benitez stava per andarsene via. E’ stato a quel punto che gli altri mossos si sono gettati su di lui picchiandolo selvaggiamente «per più di 10 minuti». Uno dei testimoni dichiara: «Racconto solo ora quello che è successo. Come potevo dire a un mosso quello che avevano fatto gli altri mossos e sperare che mi ascoltasse?»

Il 19 ottobre A. El Yazid – l’unico indagato per la morte di Benitez – dichiara davanti alla giudice che mentre era in casa aveva sentito Juan Andrés Benitez urlare contro sua moglie, era sceso in strada e lo aveva affrontato difendendosi dall’accusa di avergli rubato il cane. Dopo una breve rissa al termine della quale «Benítez aveva appena dei segni della lotta sulla faccia» era arrivata la polizia catalana e lui stesso aveva visto i mossos colpire Juan Andrés a calci e pugni.

Nel frattempo gli amici di Juan indicono le prime manifestazioni davanti al suo negozio e alla caserma dei mossos nella città vecchia. Il 23 ottobre arriva la svolta dell’intera vicenda: El País, l’unico quotidiano ad aver seguito assiduamente il caso sin dall’inizio, pubblica un video girato dai vicini che mostra inequivocabilmente il pestaggio degli agenti.

Il video finisce su tutti i giornali e notiziari spagnoli. Il Dipartimento dell’Interno del governo catalano si limita ad annunciare l’apertura formale di un’inchiesta interna e smentisce qualsiasi possibilità di sospensione dal servizio per gli agenti ritratti nel video. Tutti i partiti di opposizione chiedono le dimissioni immediate del capo della polizia catalana Manel Prat e del Consigliere dell’Interno (una specie di Ministro dell’Interno del governo catalano) Ramon Espadaler. Il voto parlamentare sulle dimissioni viene però respinto anche grazie ai voti di ERC (Sinistra Repubblicana per la Catalunya), partito alleato del governo di CiU (una coalizione di due partiti conservatori nazionalisti), che difende compatto la propria polizia.

I rapporti dei mossos, nel frattempo, rimarcano che Benitez «era molto alterato», «agiva in forma violenta offrendo una forte resistenza attiva», «colpiva e aggrediva gli agenti» e «continuava a dare colpi al suolo con la testa». Insomma, gli agenti dicono di essersi trovati davanti un drogato totalmente fuori controllo che era possibile fermare solo usando la forza. Il 29 ottobre la polizia spagnola consegna alla giudice la relazione sui video che smentisce la versione dei mossos: gli agenti colpirono Benitez sulla testa almeno 5 volte.

Nonostante i video e la relazione della polizia spagnola, per il ministro Ramon Espadaler non è evidente che i mossos abbiano agito in modo non conforme al protocollo o che l’intervento della polizia catalana abbia provocato la morte di Benitez. Qualche giorno dopo Espadaler torna alla carica prima accusando la polizia spagnola di aver redatto un documento pieno di errori, poi difendendo a spada tratta i mossos. Gli agenti naturalmente rimangono in servizio, poiché non sono indagati.

Il 5 novembre la giudice Eva Moltó proscioglie El Yazid e accusa otto agenti dei mossos d’esquadra di omicidio, tortura, minacce e ostruzione alla giustizia. Il governo catalano si vede dunque costretto a sospendere gli otto poliziotti, ma non rinuncia a difenderne l’operato. A 25 giorni dall’accaduto, l’indagine interna non ha nemmeno raccolto le dichiarazioni degli agenti.

I partiti dell’opposizione tornano a chiedere le dimissioni del capo della polizia Manel Prat, in passato già finito sotto accusa per il caso di Ester Quintana – una donna che ha perso un occhio durante le manifestazioni del 14 novembre 2012 per una pallottola di gomma sparata da un mosso mai identificato. Espadaler offre nuovamente tutto il suo appoggio a Prat e agli agenti, accusando la polizia spagnola di aver trascritto erroneamente la chiamata della vittima alla polizia municipale.

A quanto pare, esiste infatti una chiamata di Benitez alla guardia municipale in cui questi denuncia un furto e afferma di essersi picchiato con il presunto ladro. Nella trascrizione effettuata dalla polizia spagnola c’è scritto «si stanno fermando», mentre secondo i mossos e Espadaler la versione corretta sarebbe «sto sanguinando». Non solo, dunque, Benitez non si stava picchiando con l’altro uomo quando sono arrivati i mossos; ma è stato lui stesso a chiedere l’intervento della polizia.

Il giorno successivo, 6 novembre, la chiamata è resa pubblica: Benitez chiede l’intervento della polizia per denunciare un furto in casa; gli viene chiesto se stia bene e risponde con un po’ di fiatone che si sono picchiati e che «sta sanguinando» (secondo Espadaler e i mossos) o che «sta rimanendo qui» (secondo la polizia spagnola). Per i mossos, inoltre, Benitez fa un chiaro riferimento al suo essere drogato. Ormai la questione si è trasformato in uno scontro aperto tra polizia catalana e polizia spagnola, con il governo catalano che difende i mossos e accusa la polizia spagnola di voler screditare la polizia catalana.

(Il capo dei mossos, Manel Prat)

Il 7 novembre il capo dei mossos visita la stazione di polizia della Ciutat Vella per mostrare il suo appoggio agli agenti, difendendone il comportamento e chiedendo che venga rispettata la presunzione di innocenza degli imputati. Intanto ERC salva nuovamente Manel Prat in parlamento. L’8 novembre c’è la deposizione del personale dell’ambulanza. Secondo la testimonianza dei paramedici, Benitez era in arresto cardiaco e aveva la faccia pesta e piena di sangue.

A un mese dalla morte di Benitez la dinamica della vicenda si fa sempre più definita: Benitez ha uno scontro con un vicino marocchino che gli avrebbe rubato il cane; al termine del lieve scontro, Benitez stesso chiama la polizia per denunciare il furto; i mossos arrivano sul posto; una agente chiede a Benitez di identificarsi, e lui risponde di vivere lì di fronte e di avere i documenti in casa; per un motivo imprecisato si verifica un alterco tra Benitez e la mossa; gli altri agenti si gettano su di lui e passano tra i 7 e i 15  minuti tra l’inizio dell’arresto e la richiesta di assistenza all’ambulanza.

Secondo la versione della polizia catalana Benitez era drogato, e i colpi alla testa se li è provocati da solo durante la rissa precedente e picchiando la testa per terra in preda alla rabbia. Secondo tutti gli altri è stato pestato a morte dagli agenti. Il 12 novembre vengono pubblicati gli esiti della perizia tossicologica eseguita durante l’autopsia: Benitez aveva nell’organismo tracce «infime» di cocaina e ancora meno di alcol. Ma la versione dei mossos non cambia: Benitez era drogato e fuori di sé.

Lo scontro politico inizia a infuocarsi. C’è chi dichiara che la polizia catalana è male addestrata (del resto ha solo pochi anni di vita), chi descrive i mossos imputati come «poche mele marce che rovinano l’immagine di un intero corpo», chi difende i mossos, chi accusa i mossos di fascismo e nazionalismo.

Il 13 novembre è il giorno in cui i mossos imputati sono chiamati a deporre davanti alla giudice. Le «poche mele marce» che «non hanno nulla da rimproverarsi» si presentano in tribunale scortati da una ventina di colleghi, tutti quanti in borghese e vestiti in modo simile, di modo che risulti impossibile capire quali siano gli imputati. Tra quelli che sfilano in borghese c’è anche il capo commissario della stazione di polizia della città vecchia, ossia il responsabile gerarchico degli imputati.

(La sfilata in tribunale delle «mele marce».)

I nomi degli agenti imputati sono ancora sconosciuto al pubblico (mentre si conoscono quelli di tutti i testimoni). Gli agenti sono sospesi dal servizio ma non dalla paga, e lo stesso corpo di polizia catalana offre il proprio supporto legale agli otto imputati.

I mossos dichiarano all’unisono che Benitez era un drogato fuori controllo che li ha aggrediti e presi a morsi. Riferendosi a quest’ultima circostanza (completamente inventata), il segretario del sindacato della polizia catalana ha dichiarato che Benitez, essendo omosessuale, ha costretto gli agenti a curarsi con farmaci retrovirali. Dieci associazioni per i diritti gay hanno presentato denuncia per le affermazioni del sindacato.

Ad ogni modo, durante l’udienza i mossos accampano ogni possibile giustificazione per il loro operato: i colpi degli agenti erano «di distrazione»; la procedura di arresto è stata impeccabile; le grida che si sentono nel video sono di rabbia e non di dolore; gli agenti hanno cercato di tenere ferma la testa di Benitez, visto che continuava a dare testate al suolo. Un’agente arriva addirittura ad esibito una camicia di Benitez macchiata di sangue, come prova che la vittima stesse già sanguinando prima del pestaggio.

Dopo ben dodici ore di testimonianze, la giudice conferma tutte le accuse e ordina agli agenti di presentarsi in tribunale ogni 15 giorni, vista la gravità dei reati per cui sono imputati. Qualche giorno dopo arriva l’imputazione per un nono mosso, accusato di ostruzione alla giustizia per aver cancellato la macchia di sangue rimasta nel punto del pestaggio. La scusa è di averla pulita per motivi di igiene; l’accusa è di aver occultato la prova, spazzandola via senza nemmeno fare una foto o prenderne un campione.

La battaglia prosegue anche sul piano politico. Mentre il sindaco di Barcelona sostanzialmente se ne lava le mani, i commenti più ricorrenti sono i seguenti: «i mossos sono dei fascisti al soldo di un governo di corrotti», «i catalani si lamentano della polizia spagnola, ma i mossos sono peggio»; «se al posto dei mossos ci fosse stata la polizia spagnola, ora i politici catalani starebbero già minacciando la rivoluzione». C’è spazio anche per le teorie del complotto anti-catalane: i media e la polizia spagnola starebbero alimentando il caso per gettare discredito sulla polizia catalana e sulla causa dell’indipendentismo catalano.

mossos-2

Il nazionalismo catalano si schiera dunque compatto a difesa della sua polizia, che nel frattempo continua a infangare la figura e la memoria di Benitez, dipigendolo come un tossicodipente che collassa nelle stazioni delle metro, aggredisce i vicini e si mette a piangere nudo sul pianerottolo di casa.

Il 4 dicembre è stata indagata una decima poliziotta, con l’accusa di aver minacciato e costretto una testimone a cancellare le foto del pestaggio. A questo proposito è interessante notare come il governo spagnolo di Mariano Rajoy abbia recentemente presentato una proposta di legge che prevede multe fino a 600mila euro per chi «realizza e diffonde immagini di agenti di sicurezza nell’esercizio delle loro funzioni».

I tentativi di depistaggio, le calunnie e le menzogne non riusciranno a cancellare la realtà, che alla fine dei conti è molto semplice: la notte del 5 ottobre un cittadino ha chiamato la polizia, e invece di essere protetto è finito dritto all’obitorio.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana

Nei racconti di Tolkien i Palantir sono le pietre veggenti e vedenti presenti nel Signore degli Anelli il cui nome significa “coloro che vedono lontano”. di Nlp da Codice Rosso In linea con il testo “Magical Capitalism”, di Moeran e De Waal Malefyt, che vede il magico delle narrazioni come un potente strumento di valorizzazione del brand […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Alle radici dell’”offerta di jihadismo” – intervista a Saïd Bouamama

Ripubblichiamo questa intervista di qualche anno fa, realizzata qualche mese dopo gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, per fornire un elemento di approfondimento in vista dell’incontro che si terrà a Torino con il militante e sociologo Saïd Bouamama, il quale ha partecipato ai movimenti antirazzisti in Francia e alle lotte legate all’immigrazione. In particolare, il tema qui affrontato risulta molto attuale nell’ottica di affrontare la questione del razzismo e del neocolonialismo a partire dalla materialità delle condizioni dei quartieri popolari nella crisi sociale della nostra epoca.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Autonomia differenziata: rompere la solidarietà per liberare ancora la ferocia del mercato

Quando si parla di Autonomia Differenziata il rischio è quello di credere che dietro questa formulazione si nasconda nient’altro che il secessionismo leghista della prima ora agghindato in chiave “riformista”. In realtà quanto abbiamo di fronte è ben più complesso ed attuale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Culture

A.C.A.B.: la Val Susa secondo Netflix vs la realtà che viviamo

In Val Susa abbiamo avuto modo di vedere A.C.A.B., la serie prodotta dalla multinazionale americana Netflix e uscita ieri. da notav.info Eravamo curiosi di osservare come una fiction di tale portata avrebbe trattato la nostra terra e la nostra lotta. Quello che abbiamo visto non ci ha colpiti: la Val Susa, in questo caso, è […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Perù. Tamburi di guerra

Su Perù 21 (giornale peruviano, ndt), il 14 gennaio, un editorialista poco noto ha inserito un’“opinione” piuttosto bellicosa. In essa, Héctor Romaña – una penna di pedigree, forse – promuoveva l’intervento militare in Venezuela. di Gustavo Espinoza M., da Resumen Latinoamericano Potrebbe essere letto come il punto di vista di un analista disperato che non […]

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Non chiamateli incidenti, sono omicidi sul lavoro!

Si chiamava Francesco Stella, 38 anni, il primo morto sul lavoro in Italia nel 2025, precisamente il 3 gennaio. da Addùnati L’operaio, impiegato in un’azienda di profilati nell’area industriale di Lamezia Terme, è caduto da un’impalcatura alta sei metri sbattendo la testa. Francesco, suo malgrado, apre la lista di un nuovo anno che purtroppo non […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

La scuola dei sogni di Valditara: nazionalista, reazionaria, militarista. Annunciati i futuri programmi scolastici

La scuola di Valditara è fatta di programmi che ricordano altri periodi storici: le poesie imparate a memoria, la Bibbia in classe, la storia “italica” nel programma scolastico. Sono alcune delle indicazioni anticipate dal ministro dell’Istruzione e del Merito del governo Meloni, previste per l’anno scolastico 2026/27. Le nuove indicazioni redatte in commissione ministeriale per la futura riforma scolastica, tra le altre […]

Immagine di copertina per il post
Bisogni

In ricordo di Franco Piperno: una voce che continua a risuonare

Oggi, 17 gennaio, alle ore 18, Radio Ciroma aprirà i suoi microfoni per un momento speciale, dedicato alla memoria di Franco Piperno, uno dei suoi fondatori e figura ispiratrice per generazioni. da Radio Ciroma Sarà una trasmissione intessuta di ricordi, testimonianze e contributi di chi ha avuto il privilegio di condividere un tratto del cammino […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: facciamo il punto con Eliana Riva

“Cessate il fuoco”: è la notizia che da ieri sera poco dopo le 18 occupa le prime pagine di tutti i giornali, dopo la dichiarazione su Truth da parte di Donald Trump che si è intestato l’accordo tra Israele e Hamas.

Immagine di copertina per il post
Bisogni

Ciao Franco! Un ricordo di Claudio Dionesalvi

Lunedì notte se n’è andato Franco Piperno. Calabrese, militante, dirigente politico dell’autonomia, fondatore di Potere Operaio, esule, docente di fisica e amante tanto di ciò che si muove in terra quanto di quel che resta fisso in cielo. In diretta con il compagno Claudio Dionesalvi – un ricordo e qualche considerazione, alla luce della idee […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Cessate il fuoco(?) su Gaza

Imminente l’accordo di cessate il fuoco su Gaza e di scambio di prigionieri – con la mediazione di Usa, Qatar, Egitto – che dovrebbe prevedere nei primi 42 giorni il rilascio di una parte degli ostaggi e la liberazione di prigionieri politici palestinesi, mentre Israele terrà il controllo del corridoio Filadelfia tra Gaza ed Egitto […]