La ragnatela del traffico illecito ad Alessandria
Segnaliamo e riportiamo un’inchiesta curata da Alessandria in Movimento sullo scandalo scoppiato intorno alla gestione dei rifiuti nella provincia piemontese. Un contributo importante ed interessante che fa emergere la fitta rete di interessi che lega speculatori, impreditori e politici.
Un vero e proprio terremoto nel mondo della gestione dei rifiuti quello che l’11 Luglio scorso ha portato a 3 arresti e 26 indagati nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura di Brescia.
Le indagini riguardano Lombardia, Piemonte e Liguria. Il fulcro è il sistema organizzato dall’imprenditore bresciano Paolo Bonacina per smaltire rifiuti provenienti in prevalenza dal sud in alcune discariche del nord Italia attraverso il ben noto meccanismo della falsificazione dei codici CER: i rifiuti vengono portati all’impianto per lo smaltimento che costa una certa cifra, poniamo 70 euro a tonnellata, a chi li ha prodotti.
Si finge di svolgere il trattamento di vagliatura e stabilizzazione dei rifiuti, si cambia il codice e si porta il rifiuto tal quale ad un sito compiacente, discarica o inceneritore, che lo interra o lo brucia per, diciamo, 20 euro alla tonnellata.
La differenza di 50 euro a tonnellata è il guadagno illecito dell’operazione. Con palesi conseguenze per l’ambiente e per le aziende che lavorano onestamente.
Bonacina si serviva (tra le altre) della discarica Aral di Castelceriolo, il cui capo impianto, Giuseppe Esposito, è stato arrestato e si trova ora ai domiciliari.
Un altro arresto, finora trattato da tutti i media come più marginale, riguarda un dipendente della discarica Ecosavona di Vado Ligure, che però fa parte del gruppo Waste Italia, probabilmente il più grande attore italiano nel settore dei rifiuti che naviga in cattive acque, tra sequestri, inchieste e rischio fallimento. Al suo vertice è salito di recente l’ex presidente del CSM Michele Vietti.
Ma non è l’unico big del settore: sono indagati anche i vertici di A2A e Hera. Aziende che, non sfugge, da tempo avevano nel mirino l’acquisto della partecipata di Alessandria.
Così come non sfugge a nessuno che l’unico arrestato alessandrino, Esposito, è solo un tecnico dell’impianto e nulla ha a che fare con le cariche politiche di Aral. Fin dall’inizio, dunque, era più che legittimo pensare che l’inchiesta comprendesse anche personaggi ben più importanti. Il 13 Luglio se ne è avuta la conferma. Fulvio De Lucchi, presidente Aral, ed Ezio Guerci, consulente Aral e compagno dell’ex Sindaca Rita Rossa sono anch’essi indagati.
Guerci, in particolare, con la pesante accusa di aver ricevuto un Suv da 30000 euro in cambio dell’accordo per convincere la sua compagna di vita Rita Rossa a vendere poco meno della metà delle quote di Aral ad A2A.
Che il signor Bonacina da Brescia avesse a che fare con la nostra provincia, però, ce ne eravamo già accorti: come da routine, dopo un rapido controllo sui social (il suo profilo fb è stato rimosso ieri), abbiamo notato che ha diversi amici da queste parti. Riconoscete qualcuno?
Giuseppe Esposito, arrestato l’11 luglio.
Massimo Berutti, ex sindaco di Tortona.
Cesare Miraglia, ex assessore di Alessandria e assessore provinciale.
Valerio Bonanno, imprenditore dei rifiuti alessandrino coinvolto nell’inchiesta Triangolo, con un’interdittiva antimafia a causa dei contatti con aziende legate alla ‘ndrangheta come Franzosi e Ruberto. Aveva già in tasca un contratto con Cociv per ricevere nella Sap di Spinetta Marengo lo smarino del Terzo Valico prima dei suoi guai con il sistema giudiziario.
I rapporti di Bonacina con Esposito sono ormai chiari, quelli con un personaggio come Bonanno sono facilmente prevedibili, mentre gli altri dovrebbero spiegare il loro rapporto di amicizia con un bandito del genere. Miraglia, poi, negli ultimi anni ha attaccato duramente le ipotesi di privatizzazione delle partecipate, arrivando a dire già nel 2014 che era Guerci il deus ex machina della faccenda.
Gli rispose a stretto giro Rita Rossa, accusandolo di averle chiesto per sé la direzione di Aral. Normalmente un imprenditore di Brescia non segue un politico locale di Alessandria, a meno di non avere un buon motivo per farlo. Qualcuno vuole spiegare?
A quale livello si estendono le connivenze di Bonacina in Alessandria? Chi, tra Aral e Comune sapeva cosa stava succedendo?
Dopo anni di esposti e ombre sull’operato di Aral, tra la malagestione del sito di Castelceriolo e l’affaire della cava Guarasca di Spinetta, è legittimo pensare che tutti sapessero qual era l’andazzo.
Ora, carte alla mano, è tempo di smascherare il lato oscuro della gestione PD di Alessandria. Da una parte la città vetrina, il ponte, le zone pedonali, le piazze nuove, le inaugurazioni in pompa magna, l’immagine posticcia di una giunta attenta ad ambiente e cultura. Fuori dagli spalti, invece, cave del Terzo Valico, discarica di Sezzadio, il sobborgo di Spinetta accerchiato da Solvay, discarica, zona industriale, e speculazioni varie targate PD come il mega centro benessere Diamante (altra perla nel CV di De Lucchi). La Fraschetta non è dimenticata, anzi, è usata scientemente come contenitore dello schifo che ad Alessandria non trova spazio, è vittima di un consumo forsennato di suolo, martire di un’idea di progresso molto diversa da quella del centro, con le sue biciclettine e i suoi hashtag #alessandriasimuove.
Approfondiamo ora le figure dei due manager-consulenti di nomina politica intorno ai quali ruotano tutte le vicende alessandrine:
Ezio Guerci
Il curriculum chilometrico di Ezio Guerci ci dice molto del personaggio. La lunga esperienza da consulente per la pubblica amministrazione un po’ in tutta Italia, la carriera politica svolta in prima persona, cominciata da giovane nel PCI a metà anni ’70 e conclusa da vicesindaco nel 1993, al tempo di Tangentopoli. Un mandato da consigliere della Cassa di Risparmio di Alessandria. Anche pubblicazioni e docenze in università. Il fatto di non avere una laurea, poi, potrebbe in futuro aprirgli le porte del ministero dell’istruzione.
La politica deve aver contato molto nella sua vita professionale. La relazione con la Sindaca e Presidente della Provincia Rita Rossa, anche. Per non dire della fondazione creata con un altro big di Palazzo Rosso, il ragioniere capo Zaccone, l’uomo che è riuscito nell’impresa di passare indenne, inamovibile, tra giunte di centrodestra e centrosinistra.
Insomma, tra partito e sentimenti, storie di uomini posizionati sempre al posto giusto, sempre in sella, sempre con un contratto di consulenza in tasca da questo o quell’altro ente pubblico. Una “cricca” trasversale di burocrati e politici che comanda Alessandria e forse in virtù della sua natura potrà continuare a farlo anche se il PD ha perso le elezioni. D’altra parte, con il ritorno della corte dei miracoli che solo 5 anni fa ha portato la città al dissesto, la questione morale non è in cima alle priorità.
Nello specifico, la procura di Brescia accusa Guerci di aver accettato un Suv Fiat Freemont da 30000 euro in cambio del suo interessamento per la vendita di quote di Aral al colosso milanese A2A. Ovviamente, non avendo lui incarichi politici o manageriali né in Comune né in Aral, l’operazione l’avrebbe dovuta portare avanti la consorte Rita Rossa.
Guerci, intervistato dai media alessandrini, rifiuta categoricamente l’accusa di traffico di influenza sostenendo di aver veramente svolto un’attività di consulenza per Bonacina e di aver sostenuto lui le spese dell’automobile incriminata. Fatto sta che i soldi da Bonacina sono arrivati e la macchina pure.
Ed anche l’incontro tra il Sindaco di Alessandria e il presidente di A2A ci fu, e fu confermato dallo stesso Sindaco, come venne scritto in un articolo del 13 ottobre 2015.
L’ex sindaco Rossa, invece, fa di più: sostiene che la sua giunta non abbia mai voluto privatizzare Aral, anzi di volerla far confluire in Amag.
Ciò contrasta clamorosamente, però, oltre che con l’incontro di cui sopra, anche con gli atti del consiglio comunale del 21 dicembre 2016, quando è stato approvato il passaggio del 51% di Aral ad Amag e la privatizzazione delle quote restanti. Operazione voluta dalla giunta e commentata favorevolmente dal ragioniere capo Zaccone e dal presidente di Aral De Lucchi.
La vendita ai privati di quote di Aral di proprietà del Comune di Alessandria, quindi, è stata decisa eccome. L’avvicinarsi delle elezioni, poi, ha indotto i vertici della partecipata a rimandare la gara europea, ed ora la sconfitta del PD e l’inchiesta pongono Aral in attesa degli indirizzi della nuova giunta di centrodestra.
Fulvio De Lucchi
L’altro attore importante delle vicende alessandrine è Fulvio De Lucchi, manager di lungo corso in Aral e libero professionista in qualità di consulente in molti altri ambiti, proprio come Guerci.
Nel curriculum di De Lucchi presente nella banca dati del Comune di Novi Ligure, dopo la laurea in ingegneria chimica nel ’75, troviamo una lunga lista di specializzazioni nel campo dell’ambiente e dei rifiuti. Un po’ come per Guerci, la sua carriera da libero professionista si sviluppa di pari passo all’attività di accademia ed alle collaborazioni con gli enti pubblici della nostra provincia: dopo un breve mandato da consigliere dell’AMGA (l’acquedotto novese poi diventato Acos), dal 1994 è membro del Comitato Tecnico per l’Ambiente della Provincia di Alessandria, occupandosi delle autorizzazioni a numerosi impianti di trattamento rifiuti.
Alcuni dei quali finiti spesso nelle pagine di cronaca: la Intekna di Castellazzo, finita nel 2003 nell’inchiesta “pesciolino d’oro” sul traffico di rifiuti insieme alle aziende di ‘ndrangheta di Franco Sofio e Gino Mamone, la SAP di Bonanno, di cui abbiamo parlato in precedenza, la Grassano di Predosa che, dopo l’unione con la vicina Riccoboni è protagonista dell’affaire della discarica di Sezzadio.
Della famigerata Eco.Ge. Di Gino Mamone De Lucchi è stato anche consulente privato nel 2012, per la gestione della bonifica della cava di amianto di Balangero, quella che riforniva l’Eternit di Casale. Ricordiamo che Mamone fu indagato per lo smaltimento illecito, tra le altre cose, anche di amianto. Ma il suo curriculum criminale non gli ha impedito di lavorare in un sito di interesse nazionale come quello di Balangero.
Fulvio De Lucchi, inoltre, alterna la sua posizione di consulente di aziende private con le cariche nei vari consorzi di gestione dei rifiuti che si sono succeduti negli ultimi vent’anni fino alla denominazione Aral. Attraversa, probabilmente gestendole in prima persona, tutte queste fasi. Da qui l’agghiacciante pensiero che i reati che la procura di Brescia scopre nel 2014 fossero, in realtà, una prassi consolidata da tanti anni. Come suggerito in questi giorni, sarebbe un’ipotesi devastante dal punto di vista ambientale, ma anche economico. Perché stiamo parlando di dover rifare la caratterizzazione dei siti su cui hanno lavorato gli indagati, probabilmente doverli bonificare e, forse, pagare i danni a chi ha affidato i suoi rifiuti ad Aral.
Ora, la duplice veste di manager di discariche pubbliche e consulente privato di aziende che propongono discariche, non può che farci porre molte domande.
Diamo per scontato che sia una posizione quantomeno inopportuna, così come diamo per scontato che sia una condizione necessaria e irrinunciabile per gente che ha costruito una carriera con le consorterie private all’interno della cosa pubblica.
Per esempio, come definire la recente consulenza di De Lucchi per la Riccoboni sulla discarica di Sezzadio? A voler essere gentili chiamiamolo conflitto di interessi, ma proprio a voler essere gentili.
Se poi ci aggiungiamo che è pure amministratore di una discarica pubblica, che potrebbe essere concorrente di quella privata, non è più un conflitto, è un cubo di interessi.
Sempre proseguendo con quest’esercizio: e se sulla discarica di Sezzadio le cose fossero un po’ più complesse? Se un qualche accordo con Aral fosse parte del rapporto di lavoro privato di De Lucchi con Riccoboni? Sono solo alcune delle tante domande a cui i Comitati della Valle Bormida chiedono giustamente risposte.
Di certo avere in mano le carte dell’inchiesta (forse nei prossimi giorni) faciliterebbe non poco il compito di sbrogliare questa fitta rete di interessi. Aiuterebbe anche a capire fin dove si estende questa “ragnatela”, sembra che il cda di Aral non sarà il solo a dover rassegnare le dimissioni. Anche i dirigenti della società che gestisce i rifiuti di Novi Ligure e Tortona, SRT, a quanto pare sono coinvolti. Starà alla magistratura dare le risposte di carattere giudiziario, ma ciò che più interessa a noi è come questa vicenda abbia ancora una volta scoperchiato un sistema ben noto e collaudato. Una trama di interessi che lega autorevolissimi esponenti politici con in tasca la tessera del Partito Democratico, funzionari pubblici ed esponenti dell’imprenditoria. Tutti seduti appassionatamente al banchetto della gestione dei rifiuti, delle discariche, delle cave e del Terzo Valico. Così come è interessante chiedersi a cosa siano serviti i supposti proventi illeciti del banchetto di Aral.
A gonfiare i conti correnti dei singoli personaggi coinvolti?
A risanare i conti disastrati dell’azienda per renderla appetibile sul mercato in previsione della vendita delle quote?
A gonfiare la tesoreria di qualche partito?
Chissà se nei prossimi giorni avremo le risposte a queste domande…
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