L’ipocrisia genera cattiva coscienza. La risposta di Davide Grasso a Giancarlo Caselli
La lettera che ho indirizzato al pubblico del Salone del Libro ha causato qualche polemica, soprattutto sui giornali. Meno male, pensate se si fosse prodotta qualche riflessione… I giornalisti si sono schierati come un sol uomo, come avviene di regola in questo paese, scatenando l’ennesima canea isterica contro il movimento No Tav. Mi hanno dato surrettiziamente del “terrorista” strumentalizzando una mia frase (che rivendico fino in fondo) ma, che a loro piaccia o no, esisteranno sempre molti modi di concepire e conoscere la storia e i suoi protagonisti, soprattutto quando ricoprono posizioni di potere. Cesare Martinetti, direttore della pagina culturale de La Stampa, chiede a chi è nato prima di me di aiutarmi a comprendere la storia (quella delle verità assolute raccontate dalla busiarda, naturalmente); ma io non accetto lezioni da chi ha fatto del conformismo intellettuale la cifra della sua esistenza, e coltiverò le mie conoscenze lontano anni luce dalle sue semplificazioni interessate, che non potrei non considerare prive di qualsiasi onestà intellettuale. Ciononostante, non darò qui un’ulteriore possibilità a lui o ad altri di fingere che il mio messaggio non fosse completamente indirizzato al presente, e all’unico problema politico di cui qui è il caso: l’opposizione popolare all’Alta velocità, che voi avete voluto rimuovere, come sempre, dai vostri resoconti scandalistici.
Ho portato e porto il discorso su un piano politico, l’unico che mi interessi. Ho cercato di spiegare perché tanta gente è così indignata rispetto a ciò che avviene nel cantiere del Tav e fuori da esso, negli uffici delle aziende coinvolte, nelle sedi dei partiti coinvolti, nelle redazioni dei giornali collusi con quelle imprenditorie o con quei partiti. Ho cercato di portare l’attenzione sul fatto che una vallata intera sta per essere distrutta contro la volontà non soltanto della sua popolazione, ma di tantissime persone che non vi abitano, ma la difendono per ragioni affettive, ambientali, morali. La ragione di questa distruzione non sta in un interesse superiore, ma nel malaffare, nella sua trasversalità ai governi di ieri e di oggi, nell’inciucio imprenditoriale e gangsteristico che giustifica su mille piani – in ultimo anche quello parlamentare – l’inciucio politico. Ho ricordato che la battaglia contro un movimento popolare è oggi portata avanti anche e soprattutto nelle stanze della procura e nelle caserme dei carabinieri, ciò che assume un fondamentale rilievo politico.
Né la stampa né Giancarlo Caselli, che pure si è sentito in dovere di lanciarmi qualche strale, hanno naturalmente risposto su questi punti, e la ragione è semplice: a queste domande non sanno cosa rispondere, e preferiscono gridare alla “giustificazione del terrorismo” o lanciare complesse indagini su un fumogeno acceso, uno striscione aperto, o sulla moviola di un ammanettamento. Antonio Padellaro, direttore del Fatto, sostiene che quelli come me – gli “estremisti”, dal suo punto di vista – sono un problema persino per il Movimento No Tav. Padellaro è stato da sempre campione in consigli non richiesti, e non si smentisce, credendo ancora che in Val Susa simili analisi siano considerate interessanti. Il movimento, tuttavia, non è ciò che pensano Caselli, i suoi astuti poliziotti e i coraggiosi giornalisti che giustificano i suoi arresti di studenti, consiglieri comunali e barbieri: non è la precaria alleanza tra tendenze ideologiche, più o meno “eversive”. Capisco quanto sia difficile per voi abbandonare certi schemi, ma è necessario lo sforzo di uscire dal proprio “album di famiglia” per capire il mondo grande e complesso in cui viviamo: siamo un insieme di persone che si confrontano paese per paese, sanciscono insieme i progetti, e magari confermano, come in un’assemblea di pochi giorni fa, che gli attacchi al cantiere sono legittimi, perché è il cantiere ad essere illegittimo (oltre che illegale; ma la differenza tra legalità e legittimità è ormai patrimonio acquisito tra di noi).
Ora io capisco che per voi a quell’assemblea c’erano soltanto una manica di Black Bloc, né la vostra ignoranza mi turberebbe, se voi – giornalisti, magistrati – non foste attori politici a tutti gli effetti di questa vicenda, che potrà sottrarre 23 miliardi di euro alle scuole, agli ospedali, alle pensioni, agli esodati e ai cassintegrati. Potete anche coltivare una visione astratta e un po’ fanatica della realtà, dove soltanto la legge vigente può salvarci dal baratro, e i movimenti sociali devono condannarsi all’impotenza e all’inazione, ma noi che non abbiamo un centesimo e possediamo ben poco se non i luoghi che amiamo e gli ideali per cui lottiamo, non possiamo che vederla diversamente. Direte che sono “populista”, ultima delle etichette per liquidare chi evidenzia contraddizioni troppo evidenti, ma dopo che Caselli non ha resistito a darmi del berlusconiano (quasi la sua toga inseguisse il dissenso politico non a Torino, ma a Mosca; vediamo se Martinetti capisce la battuta, visto che è uno storico!), mi limito a chiedere: non è che tutte queste classificazioni (Black Bloc, terroristi, berlusconiani di ritorno, ecc.) servono soltanto a mascherare la vostra cattiva coscienza, il vostro imbarazzo per trovarvi platealmente dalla parte sbagliata circa l’opposizione al Tav?
Perché su questo, voi, signori del credersi assolti e dell’essere sempre più coinvolti, dovete rispondere: perché bisogna demonizzare, insultare e arrestare per permettere questa distruzione interessata della Val di Susa? Non vi servirà snocciolare nomi di morti del passato, cercando di coprire la verità alla luce del sole di un movimento che non ha mai ucciso nessuno, e semmai fa i conti con violenze sempre più brutali e pericolose da parte delle forze dell’ordine; né vi servirà trincerarvi dietro l’immagine eterea del magistrato senza macchia, se è vero che la macchia lasciata dall’operazione contro i No Tav, ormai, non gliela toglierà nessuno. Ed è di questo che stiamo parlando, non di mafia, né di “terrorismo”; semmai, di oppositori alle mafie (di stato) trattati come nemici pubblici e come terroristi. La vostra ipocrisia profonda, il vostro uso e abuso dei concetti non impedirà alle persone intelligenti di comprendere che c’è del marcio in questa unanimità dell’informazione nello schierarsi ogni volta con violenza contro chi non accetta il vostro punto di vista; e questo anche quando la bassezza dei vostri metodi comunicativi non esita a seminare confusione per impedire l’approfondimento, e vi induce ad approfittare della vostra posizione per mettere a tacere chi non ha altre armi se non il proprio pensiero e la propria appartenenza, figli di percorsi di resistenza che avete cercato senza successo di annichilire.
Davide Grasso
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