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New York, la polizia contesta il sindaco e arresta i teenager che la minacciano su facebook

Eppure, mentre non si placano le manifestazioni contro la brutalità poliziesca, sono centinaia anche i casi di minacce alla polizia – proprio a partire dall’uccisione dei due agenti a Brooklyn. È quanto riferisce la polizia stessa, dicendo che ogni singolo caso sta richiedendo indagini al dipartimento. Telefonate anonime sono state effettuate presso diversi commissariati, in alcun casi chiedendo di poter parlare con l’agente Ramos (l’agente di cui si svolgevano oggi i funerali). In altre occasioni le telefonate fanno esplicito riferimento a nuove uccisioni, o gli anonimi si presentano con il nome l’uccisore, che si era suicidato subito dopo il duplice omicidio. La polizia appare preoccupata, tuttavia, soprattutto che l’odio non diventi ulteriormente virale su facebook, e ha già effettuato a tal fine diversi arresti: Devon Coley, 18 anni, è stato arrestato per aver postato su facebook un disegno in cui un uomo puntava una pistola dentro un’auto della polizia; è in carcere con l’accusa di “minacce terroristiche”. Stessa accusa e arresto per Yasin Shearin, 16 anni, che ha pubblicato sul suo profilo un fumetto con una pistola puntata alla tempia di un poliziotto e ha scritto sul suo status: “Let’s kill the cops”.

Il clima creato dalla polizia di New York, dopo la duplice uccisione, è dei peggiori. Elvin Payamps, 38 anni, è stato arrestato su segnalazione di un passate che lo ha sentito parlare al telefono con un’altra persona dicendo di voler “uccidere poliziotti” e di avere armi a disposizione. Jose Maldonado, 26 anni, è stato arrestato poche ore fa proprio a Bedford per un altro status contro la polizia su un social network. Lo stesso sindaco Bill De Blasio, che sta fronteggiando un’inedita contestazione da parte della polizia della sua città e deve recuperare consensi, ha “implorato” pubblicamente la cittadinanza di segnalare alle autorità qualsiasi comportamento sospetto e qualsiasi messaggio sui social network che possa essere considerato una minaccia verso la polizia. La polizia ha aumentato le misure di sicurezza in particolare attorno ai due commissariati di Bedford, un quartiere in cui dice di temere nuovi attacchi, eventualmente da parte di gruppi organizzati di ex detenuti. Il clima è quello della caccia alle streghe, e il NYPD sembra intenzionato a giocare la carte di quanto accaduto a Brooklyn per scaraventare un’ondata di terrore preventivo sulla comunità afroamericana.

Intanto, i fatti delle ultime settimane – dalle assoluzione di agenti killer all’uccisione di agenti per strada – hanno provocato crepe nell’apparato istituzionale. Diverse associazioni e sindacati di polizia si sono espressi contro De Blasio, accusato di aver “le mani sporche di sangue” per aver inizialmente simpatizzato per alcuni contenti delle proteste contro la brutalità poliziesca. Alcuni poliziotti hanno pagato uno striscione contro di lui in coda a un aeroplano in volo sulla città. Già nel giorno dell’uccisione dei due agenti nel quartiere nero di Bedford (situato accanto a Bushwick, l’area urbana con la maggiore concentrazione afroamericana negli Stati Uniti), i poliziotti avevano mostrato nel modo più netto la loro avversione al sindaco, voltandogli platealmente le spalle al suo ingresso in sala stampa. Un sindacato di polizia, inoltre, aveva chiesto a De Blasio di non partecipare ai funerali del primo dei due poliziotti (il secondo avrà luogo tra qualche giorno).

L’origine di questo contrasto è nelle dichiarazioni del sindaco dopo che l’autorità giudiziaria, alcune settimane fa, aveva stabilito il non luogo a procedere contro il poliziotto (bianco) che aveva ucciso Eric Garner (nero) nel distretto newyorkese di Staten Island. Un assassinio tanto più delicato perché filmato da un astante e diffuso immediatamente sul web: Garner viene circondato, quindi assalito violentemente all’improvviso dopo aver detto “lasciatemi fare il mio lavoro” (vendeva sigarette senza licenza) e soffocato fino alla morte dopo aver ripetutamente urlato “Can’t breath, can’t breath!” (non riesco a respirare). La decisione dei giudici neanche di assolvere, ma addirittura di non sottoporre l’assassino a un processo, ha scatenato la reazione tanto della comunità nera di New York quanto quella del movimento che negli Stati Uniti è nato quest’estate contro le violenze della polizia (dopo che un altro ragazzo nero, Michael Brown, era stato ucciso da un poliziotto bianco a Ferguson, Missouri).

Bill De Blasio, in questo contesto incandescente, aveva deciso di inserirsi nel solco aperto da Barack Obama dopo i fatti di quest’estate: condanna delle violenze durante le proteste, inviti alla calma, difesa della polizia come istituzione, e critiche, sia pur appena accennate o implicite, alle decisioni dell’autorità giudiziaria che impediscono alle vittime di vedere i propri carnefici sotto processo. Il sindaco ha quindi tenuto un discorso in cui ha detto di temere per suo figlio Dante (che è nero) ogni volta che non torna a casa puntuale la sera, e non soltanto a causa del crimine cittadino, ma anche a causa della polizia; e ha aggiunto che lui e sua moglie hanno sempre detto al figlio di “fare attenzione” quando avesse incrociato uomini in divisa. Lo stesso Obama non aveva potuto evitare di commentare il pronunciamento del gran Jury in favore dell’assassino di Garner dicendo che “il senso comune tra molte persone in America è di non essere trattati in modo giusto dalla legge”.

Quando, pochi giorni dopo, il 21 dicembre, un ventottenne nero proveniente da Baltimora, Ismaaiyl Brinsley, ha fatto fuoco a freddo contro due poliziotti di pattuglia a Brooklyn (aveva scritto su fb: “Oggi stendo un lenzuolo su due maiali, hanno fatto fuori uno di noi, facciamone fuori due dei loro”) l’intero corpo di polizia newyorkese si è sollevato contro il sindaco, accusandolo di essere indirettamente responsabile dell’accaduto con i suoi “discorsi incendiari”. Alla veglia che si è tenuta nella giornata di ieri, 26 dicembre, in una chiesa del distretto dei Queens (cui hanno partecipato centinaia di poliziotti in uniforme) il sindaco è giunto in serata, in sordina, e si è trattenuto poco per evitare contestazioni. Il presidente Obama non ha presenziato. Il tutto mentre gli appelli alla calma e all’interruzione delle manifestazioni di protesta contro la polizia, rivolti da Obama e soprattutto da De Blasio (che aveva chiesto di non manifestare contro il NYPD almeno fino ai funerali dei due agenti) non hanno sortito effetto: la sera stessa dell’attacco contro i due agenti duemila persone hanno occupato il popolare centro commerciale Mall of America, a Manhattan.

Il giorno successivo duecento persone hanno protestato per l’ennesima decisione di un giudice di non processare un poliziotto: si tratta, stavolta, dell’uomo che ha ucciso, a Milwakee, un altro ragazzo nero, Dontre Hamilton. I manifestanti hanno occupato un’arteria centrale del traffico urbano (la pratica del blocco stradale, severamente proibita dalle autorità e raramente praticata in passata, è diventata in questi mesi una prassi molto diffusa nel movimento) e in un’ottantina sono stati arrestati, non senza violenze e plateali pestaggi. Quarantott’ore più tardi, in un sobborgo di Saint Louis, Missouri, non lontano da Ferguson (dove tutto è iniziato quest’estate) un poliziotto bianco si è avvicinato a Antonio Martin, 18 anni, nero, chiedendogli di perquisirlo. Al diniego del ragazzo, ha puntato la pistola e ha sparato, uccidendolo. Le proteste dei residenti e della madre attorno agli agenti che circondavano al corpo del ragazzo (che è stato lasciato due ore agonizzante sull’asfalto, senza soccorsi) sono state nuovamente disperse con la violenza.

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