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Ordine pubblico e movimenti: che partita si gioca intorno alla piazza del 25 marzo?

Ci dicono i giornali che l’allerta è massima. Il Mattino, Romatoday, Il Messagero riportano all’unisono una velina della Questura: nessun travisamento, niente caschi, migliaia di carabinieri e finanzieri a terra per le vie di Roma e nei punti nevralgici della città a sorvegliare i cortei e a far rispettare i divieti, sistemi di registrazione all’avanguardia. Un’attenzione che non sorprende ma che denota un’attenzione particolare da parte del Ministero dell’interno su una giornata di contestazione quasi fisiologica al netto dell’antipatia suscitata dall’UE in tutto il paese. Poi i brogliacci polizieschi sulla stampa confermano e danno seguito a quanto già anticipato dal decreto sicurezza Minniti: fermi preventivi e arresti in differita. Ovviamente col silenzio assenso dei paladini della “libertà di espressione”.

Sappiamo bene che un processo di normalizzazione dello spazio della piazza va avanti ormai da decenni. I cortei devono essere una sfilata dell’opinione, un petizione gigante, un happening colorato. Non possono essere luogo in cui prende corpo il dissenso che attraversa il paese. L’operazione paura che precede ogni corteo è parte integrante di una gestione politica dell’ordine pubblico il cui obiettivo è esattamente la de-politicizzazione del conflitto e quindi l’impotenza politica del “cittadino”.

A parte l’enfasi, quindi, nessuna grande novità?

Secondo noi, c’è dell’altro. Ci sembra che la natura dell’operazione di dissuasione mediatica dalla partecipazione agli appuntamenti di contestazione al vertice si integra questa volta al tentativo di un effettivo cambio di passo nelle tecniche di contenimento del dissenso e del conflitto sociale: il 25 marzo si tenterà un rilancio e un’integrazione europea anche – e soprattutto – nella gestione di polizia. L’incontro di venerdì scorso tra Marco Minniti e il commissario alla sicurezza dell’Unione Europea Julian King pone il sigillo a questa operazione.

Leggendo tra righe dei comunicati stampa  della questura, ripresi a pappagallo dai giornali, emerge la volontà d’imporre una “gestione europea” della piazza, in cui il lo scontro è una variabile che dev’essere contenuta, isolata e depoliticizzata più che repressa. Annullare l’anomalia italiana che tenta di accompagnare alle pratiche conflittuali una loro intelligibilità pubblica, schiacciare la possibilità di una contaminazione e quindi di un riconoscimento sociale tra pratiche di piazza e rabbia diffusa nel paese, costruire i cortei come spazio marginale, luogo di paura dove si aggirano senza volto slegati dal malessere che attraversa la penisola.

In questo senso la variazione del percorso del corteo convocato in piazza della Repubblica imposta dalla questura di Roma rappresenta bene un strategia in cui l’ordine pubblico è già strumento di lotta politica per mettere a tacere una nemicità che fa paura non per ciò che è ma per ciò che potrebbe rappresentare. Il nuovo concentramento in piazza di Porta San Paolo espelle di fatto dal centro città uno dei cortei di contestazione al summit più significativi della giornata, se non altro quello dove il campo della contestazione al vertice ha assunto le parole d’ordine più forti, relegandolo a un percorso tra lungotevere e muraglioni, lontano dalle zone del vertice e della città.

La posta in palio nella giornata del 25 marzo, insomma, parallela a quella di uno spot per il rilancio delle istituzioni politiche del progetto europeo, è quella di una riduzione e un addomesticamento delle forme del dissenso a questa Europa e in particolare dei movimenti che vi si oppongono. Qui la forma è sostanza, il lato tecnico è politico. La gestione dell’ordine pubblico, il 25 marzo, non sarà un mezzo ma un fine. Il rilancio dell’Unione Europea, annunciato da Gentiloni come obiettivo di questo vertice, non può che poggiare sull’annichilimento del conflitto sociale e delle opzioni antagoniste che lo interpretano. Una conditio sine qua non dura ma ambivalente: anche un’inimicizia irriducibile a questa Unione Europea non può che sorgere sulla non addomesticabilità delle forme dell’ostilità da rivolgergli contro.

La portata della partita è chiara, a noi di saperla giocare fino in fondo!

Ci vediamo alle ore 14:30 in Piazza San Paolo a Roma

VEDI ANCHE

Verso il 25 marzo e il G7 di Taormina: alla ricerca del bandolo della matassa

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