Orlando. Ce la faremo, per una volta, a parlare di omofobia?
L’America da stanotte (ieri sera, ora italiana) lavora per coprire le vere ragioni della sparatoria di massa, forse la peggiore della storia degli States. Omar Seddique Mateen, cittadino americano figlio di rifugiati afghani, ha aperto il fuoco al Pulse, locale gay di Orlando, dove ha ucciso 50 persone, ferendone 53. Dopo alcune ore, barricato dentro il locale, la polizia lo ha ferito e poi ucciso.
“Matrice jihadista” urlano i giornali di tutto l’occidente, lo stragista era iscritto al Partito democratico ed anche nella lista nera dei simpatizzanti dell’Isis del Fbi, che indagò su di lui due volte tra il 2013 e il 2014 per possibili legami con il terrorismo. Una rivendicazione dell’Isis: “uno dei nostri”, hanno fatto sapere attraverso Amaq, l’agenzia di stampa del Califfato. Non esiste prova, ma poco importa ai giornalisti, di un contributo in termini di pianificazione e organizzazione da parte di Daesh, in un attacco compiuto con armi da fuoco acquistate legalmente negli ultimi giorni: una pistola e un fucile. Per il padre all’origine della tragedia ci sarebbe stato un bacio tra due omosessuali: “Mateen ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato”.
L’America lavora per coprire, per non raccontare la violenza della propria omo-trasfobia. Una strage mossa dall’odio, ora definita dai media statunitensi “atto di terrorismo”, perché appunto l’uomo armato era musulmano. In quell’angolo di mondo, chiunque compie semplicemente degli atti (siano essi crimini d’odio, autodifesa, rivoluzioni, servizio militare, qualsiasi cosa) mentre ogni atto violento compiuto da un musulmano si riflette in maniera uniforme su un’intera, enorme ed eterogenea collettività: i musulmani compiono solamente “terrorismo”. Questa strage è ora a disposizione della politica iper-violenta statunitense (interna ed estera), campagne contro il boicotaggio di Israele (perché, ovviamente, essendo “l’unica democrazia del medioriente, baluardo della difesa LGBT in terra di barbari, madre del turismo gay friendly di Tel Aviv, etc.” Israele non può essere indicato come matrice della massiccia violazione dei diritti e delle vite di migliaia di Palestinesi ogni giorno). A cavalcare la tragedia si lancia Donald Trump, insospettabile paladino della comunità gay dopo anni di dichiarazioni contro l’equiparazione del matrimonio tra persone eterosessuali e quello tra persone omosessuali, che chiede le dimissioni di Obama, colpevole di essere troppo politically correct poiché non ha usato le parole Islam radicale nella dichiarazione di cordoglio. Non solo Trump, ma anche i nostrani cavalcatori di odio si stanno muovendo per dare il peggio di se (Mario Adinolfi e Matteo Salvini in testa).
L’America forse si ricorderà, e poi cercherà di dimenticare molto in fretta, che a poco o nulla serve la legalizzazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso lanciato come grande evento di consenso di fine mandato dal presidente Obama esattamente un anno fa, in un paese dove in questo momento i servizi sanitari di emergenza di Orlando chiedono con urgenza che la gente doni sangue per aiutare i soccorsi ai feriti sopravvissuti, ma dove, ad un uomo che abbia fatto sesso con un’altro uomo nell’ultimo anno, è legalmente vietato di donare sangue per una legge federale iper-omofoba, approvata nel 1985 sull’onda della paranoia che legava HIV e “stile di vita omosessuale”. Qualcuno invocherà, molto probabilmente, qualche restrizione nell’accesso alle armi, per lo meno per i cittadini non-bianchi, senza neanche interrogarsi sulla cultura trasversale che fai dei gay un bersaglio ovunque nel mondo. Gli Stati Uniti non si ricorderanno oggi della violenza omo-transfobica che si consuma nelle proprie famiglie tradizionali, e che costringe migliaia di adolescenti a diventare senza fissa dimora (le statistiche dicono che circa il 40% dei senzatetto USA sono giovani LGBT scappati dalle famiglie)
Repubblica.it stamattina titola “Due piste, terrorismo o atto omofobo”. Ci sono pochi dubbi su quale sarà la scelta da parte della narrazione mainstream, giornali ed investigatori insieme.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.