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OXI : qualche parola aspettando il day after

Se le iene delle redazioni nostrane si leccavano i baffi nei giorni scorsi sperando in un paese lacerato a scannarsi davanti alle file dei bancomat, raramente una consultazione elettorale ha avuto esito così netto: gli ultimi dati parlano di due votanti su tre che si sono espressi contro il nuovo piano d’austerità proposto dall’UE.

Il dato macroscopico è che gli appelli alla responsabilità e le ingiunzioni alla paura sono sempre meno efficaci quando la crisi comincia a spolpare anche gli ultimi residui di un presente che si può difficilmente pensare più insopportabile.

Se il risultato generale è evidente, interessante è fare qualche considerazione sulla composizione del voto. Non per astratti feticci politologici ma perché, per chi nella parabola di Syriza non vede tanto un’indicazione di percorso politico quanto un segnale di fase, è importante capire non solo cosa ma anche chi quelle urne hanno espresso.

Se in questi giorni, per chiunque avesse orecchie per sentire, era evidente la frattura di classe che caratterizzava le intenzioni di voto – solo i ricchi, d’altra parte, possono ancora considerare come opzione fisicamente, ancor prima che politicamente, possibile un sì a nuovi tagli – il dato impressionante del referendum greco è sulla ripartizione anagrafica dei votanti. Sono i giovani che hanno fatto vincere l’OXI. Quasi il 70% dei 18-34 anni ha votato contro il piano UE percentuale che scende al 49% per 35-55 e si limita al meno del 40% per i più di 55 anni.

Un dato che ci parla della necessità di non schiacciare il dato sociale su una lettura piatta della classe e tentare invece di coglierne la composizione frastagliata e le ambivalenze. Da una parte, un fatto che rivela una difformità oggettiva tra chi ancora beneficia in maniera residuale del fu stato sociale (il settore delle pensioni è stato proporzionalmente tra i meno toccati dai tagli dell’austerità greca…) e/o di risparmio accumulato (magari sotto forma immobiliare) con chi invece dal sistema politico non ha mai avuto nulla. Dall’altra ci parla di uno scarto soggettivo che conferma che l’attivazione sociale contro si dà sempre in specifici settori di classe, tra chi è più pronto a rischiare, e ci ribadisce l’imprescindibilità delle soggettività giovanili come motore di cambiamento.

Dicevamo alla vigilia del voto quanto l’azione politica di Tsipras&Co sia stata tutta su scala europea, lasciando inalterati i rapporti interni di distribuzione della ricchezza e di forza tra le classi. Una sorta di battaglia d’unità nazionale, giocata sostanzialmente sulla verticalità della pacata ma ferma contrapposizione con l’Unione europea e che ha mostrato tutti i suoi limiti in questi mesi di sfibranti pacche sulle spalle a Bruxelles. In questo senso è importante costatare fino a che punto riportare le contraddizioni all’interno della società e riproporre, anche solo nella forma referendaria, polarizzazioni latenti permetta di dare nuova forza a ipotesi di rottura consentendo la sola accelerazione oggi realistica, quella che fa saltare il tavolo delle trattative con un’Europa irriformabile.

Il voto greco, d’altra parte, è un plebiscito contro l’ideologia. Al netto della propaganda che ha fatto di Varoufakis a corto giro un idealista, un populista e un irresponsabile, si è visto benissimo che gli estremisti sono tutti dall’altra parte. Le suggestioni mediatiche sono certo forti ma quando l’immagine del bambino viziato si scontra con la dura materialità di chi per quanto si guarda tra le mani non riesce più a ricordarsi d’aver mai avuto granchè, avanza insistente l’idea che il debito non possiamo averlo contratto noi. Voto contro l’ottuso dogmatismo neo-liberale, quindi. Ma che rivela anche la miopia di chi, per rigidità ideologiche, non ha voluto cogliere la portata del referendum, vedendoci un inganno politicante sempre uguale a sé stesso.

Il tempo del rifiuto, avevamo scritto qualche giorno prima del referendum. E il voto greco ci dice che non sono certo i traballanti quanto irrealistici programmi elettorali o le astratte ipotesi costituenti per una nuova Europa che sono capaci di coagulare forze ma la capacità di esprimere chiaramente un NO.

Tspiras nelle prime dichiarazioni si è subito voluto rassicurante, cercando di limitare la portata di un rifiuto di cui il governo greco fa fatica a valutare le proporzioni, tanto a livello di volontà “popolare”  quanto nei suoi effetti sulle trattative con la controparte creditrice. Ma le voci che si levavano stanotte da piazza Syntagma come  la reazione di chiusura di tutto lo spettro politico tedesco ci parlano di un NO che potrebbe rivelarsi difficilmente mediabile nel quadro dell’Unione europea…

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