Palestina, l’altro volto della repressione: la polizia dell’ANP
Da Aida Camp le interviste a due militanti del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina che hanno subito l’arresto e la detenzione.
Nel corso degli ultimi due mesi, i militanti del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina del campo profughi di Aida hanno subito una massiccia campagna di repressione per mano della polizia palestinese e dell’occupante sionista. Sono stati compiuti 13 arresti da parte della polizia palestinese e 3 dall’esercito israeliano.
Si tratta di una situazione estremamente grave che bisogna denunciare dal momento che vorrebbe, nelle intenzioni, indebolire la lotta e la resistenza dei compagni e della popolazione palestinese. I compagni però dichiarano che la loro resistenza non si ferma e mai si fermerà e che tanti più compagni sono arrestati tanti più sono quelli fuori, per le strade e nei campi profughi che continuano la lotta e portano avanti azioni concrete di resistenza.
Nelle testimonianze che seguono i due militanti hanno sottolineato l’esigenza di voler condividere il loro vissuto affinchè si sappia quello che tutti i giorni si consuma in Palestina e quali sono le problematiche e le prospettive future di resistenza all’occupazione militare e alla repressione politica interna. Hanno denunciato il collaborazionismo dell’Autorità Nazionale Palestinese con il nemico sionista. L’asservimento dell’ANP a Israele permette all’Autorità palestinese di detenere il controllo e di esercitare le sue politiche repressive nella West Bank. Gli arresti, infatti, sono motivati da ragioni politiche e l’ANP vorrebbe ostacolare la forte presenza del Fronte Popolare, principalmente all’interno dei campi profughi.
A fronte di questa doppia occupazione che la Palestina vive, interna e esterna, i compagni credono e sono convinti che l’unica possibile arma a disposizione contro l’occupazione militare sia la lotta per una Palestina unita territorialmente e politicamente sotto un’unica bandiera: la resistenza.
M. 24 ANNI, CAMPO PROFUGHI DI AIDA
P: Quando e come e’ avvenuto il tuo arresto? Quali sono state le ragioni per cui ti hanno arrestato?
M: Avevo appena 15 anni quando sono stato arrestato e ho trascorso in carcere 2 anni e 6 mesi. Sono arrivati i militari israeliani di notte in casa mia. Erano in una cinquantina tra quelli che hanno fatto irruzione all’interno della casa e gli altri che hanno pattugliato l’esterno e il campo profughi. Sono entrati in casa per prendere me. Mio padre ha urlato loro dicendo che non potevano arrestare un minorenne e senza documenti. Loro, seduta stante, mi hanno preparato un documento e fatto una fotografia e hanno deriso mio padre. Non mi e’ stata comunicata la ragione del mio arresto.
Solo alcuni giorni dopo aver subito le prime torture sono stato trasferito in carcere e interrogato di nuovo da 5 ufficiali dell’esercito i quali mi hanno mostrato un video in cui ero stato ripreso personalmente durante una delle manifestazioni che abbiamo organizzato contro la costruzione del muro di separazione. Io sono stato arrestato solo perchè membro del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina e dico questo con convinzione e certezza perché nel video che mi hanno fatto vedere, ero ripreso solo io e la telecamera mi seguiva e si muoveva sui miei passi. Inoltre, loro vogliono controllare le nostre azioni e i nostri movimenti in quanto membri del Fronte Popolare che e’ l’unico gruppo palestinese di resistenza libero e non asservito e complice di nessuno.
P: Come siete organizzati voi del Fronte Popolare all’interno del carcere e come continuate la resistenza all’interno del carcere?
M: In carcere ero in cella con altri compagni del Fronte. In cella eravamo in dodici e c’era un capo, così lo chiamavamo, il quale coordinava le assemblee e le riunioni che organizzavamo. Nelle carceri israeliane, ogni membro appartenente a ciascun gruppo politico vive la reclusione con altri membri del proprio gruppo. In questo modo e’ possibile continuare a fare politica e non sentirsi fuori dalla resistenza.
Il Fronte, all’interno del carcere, ha sempre cercato di favorire il coordinamento con gli altri detenuti appartenenti ad altre fazioni e gruppi politici in modo da portare avanti delle lotte più forti all’esterno. Durante la seconda Intifada la resistenza all’esterno e’ stata pianificata dal carcere e dai compagni del Fronte. Le rivendicazioni che vengono inviate all’esterno riguardano il tipo di azioni da fare, soprattutto per chi o cosa manifestare e scendere in piazza ad esprimere il dissenso.
I membri e militanti del Fronte sono quelli che conoscono una detenzione molto più lunga rispetto agli altri prigionieri politici e i trattamenti sono diversi. Nel nostro caso, in particolare, il giudice che si occupa delle nostre condanne e’ la figlia di Zeevi, l’ex ministro del Turismo della destra israeliana, ucciso dal Fronte Popolare. E’ ovvio che la sua e’ una vendetta personale contro noi giovani del Fronte. Le condanne, il tempo di reclusione e l’estensione delle pene vengono decise da lei senza nemmeno accertarsi se abbiamo commesso qualcosa o meno. Le basta solo sapere che siamo membri del Fronte Popolare per darci quanti più mesi possibili in carcere e la maggior parte delle volte le condanne si allungano di sei mesi in sei mesi. Noi non siamo tenuti mai a sapere quanto sarà lunga la nostra detenzione se non quando stanno per scadere i primi 6 mesi che lei poi rinnova sempre.
P: Tu sei stato arrestato dagli israeliani. Puoi darci la tua opinione circa questo violento giro di vite da parte della polizia dell’ANP contro i membri del Fronte Popolare e come vivi tu personalmente questa situazione.
M: Dal mio punto di vista meglio 10 anni in carceri israeliane che un solo giorno nelle carceri palestinesi. Quando sei detenuto dagli israeliani, sai che sono il nemico, gli occupanti, rappresentano quello per cui tu combatti ogni giorno e se ci sono problemi con le guardie non esiti a reagire e a prendere posizioni, anche violente se serve. Invece, quando sei nelle carceri palestinesi, il dolore e’ grande perché e’ uno della tua gente che ti sta facendo del male, e’ uno che dovrebbe combattere al tuo fianco per liberare la Palestina, non punirti perché cerchi di combattere l’occupazione.
La polizia palestinese dell’ANP viene addestrata dal generale Dayton. E’americano ed e’ stato mandato qua dagli americani in base ad un accordo tra Israele e ANP per aumentare le misure repressive sulla nostra terra. Senza i detenuti politici in Palestina non ci sono vere azioni politiche di resistenza e questo lo sanno tutti, sia gli israeliani che i palestinesi. Per questo, i controlli adesso sono diventati molto più pesanti e non permettono il contatto fisico durante i colloqui, quando vengono concessi. I militari israeliani ascoltano tutto e presiedono ad ogni nostro colloquio.
M. 25 ANNI CAMPO PROFUGHI DI AIDA DA POCHI GIORNI LIBERO
P: Quando e come e’ avvenuto il tuo arresto? Quali sono state le ragioni per cui ti hanno arrestato?
M: Sono stato arrestato quando avevo 16 anni dalla polizia palestinese. Ho trascorso 30 giorni nelle carceri palestinesi. Quando mi hanno arrestato non mi hanno detto il perchè, ma soltanto nei giorni successivi, durante gli interrogatori mi hanno spiegato le ragioni della mia detenzione. Dicevano che avevano ricevuto una soffiata secondo la quale stavo preparando una bomba da fare esplodere in Israele e uccidere dei civili israeliani. Io non so dove abbiano preso questa informazione. Fatto sta che io non avevo programmato nulla di tutto questo e non c’era nessuna prova oggettiva e reale che potesse provare questa accusa.
Io sono membro del Fronte Popolare del campo profughi di Aida ed e’ questa la ragione per cui mi hanno arrestato, non la bomba. Sono stato arrestato di domenica notte. La polizia palestinese mi ha detto che avevano saputo che il lunedì mattina sarebbero arrivati gli israeliani ed e’ per questo che hanno cercato di arrivare prima loro così da non farmi andare nelle carceri israeliane.
Dopo 30 giorni mi hanno fatto uscire. Era sera. Sono arrivato a casa e dopo un’ora sono arrivati i militari israeliani che mi hanno arrestato di nuovo. Dopo l’irruzione in casa e la perquisizione, mi hanno portato fuori, in strada. E’ arrivato un palestinese dei servizi segreti israeliani col volto coperto e appena mi ha visto ha fatto cenno ai militari israeliani che avevano preso la persona giusta. Gli israeliani si sono abbracciati dicendosi che avevano fortunatamente catturato un terrorista che voleva uccidere dei civili innocenti.
P: Hai provato la detenzione da parte della polizia palestinese e della polizia israeliana. Quali sono le tue impressioni e che tipo di detenzione hai subito?
M: Quando gli israeliani mi hanno arrestato, sono stato chiuso in una camera buia per 8 giorni durante i quali non ho visto ne’ sentito nessuno. Dopo, mi hanno trasferito e sono iniziati gli interrogatori. Dopo un mese mi hanno chiesto di firmare un documento scritto in ebraico con cui confermavo le accuse che mi stavano muovendo, ma io mi sono rifiutato di firmare. Così,mi hanno trasferito di nuovo in un altro carcere israeliano e sono stato rinchiuso in una cella buia di 1 metro per 1.80.
Ogni notte, mentre dormivo, loro arrivavano per picchiarmi e interrogarmi. Dopo tre giorni c’é stato un altro interrogatorio per costringermi a firmare e io ho rifiutato. Mi hanno lasciato due mesi senza interrogarmi e poi hanno ricominciato con le minacce e a costringermi a firmare. Durante uno dei vari interrogatori sono stato picchiato, la mia faccia e’ stata sbattuta contro il tavolo dove c’era un contenitore con dell’inchiostro dentro. Mi sono rotto il naso e perdevo sangue. Hanno preso la mia faccia sporca di sangue e inchiostro e l’hanno sbattuta di nuovo contro il foglio che volevano che firmassi. Si sono macchiati tutti i miei files e a causa di questo mi hanno aggiunto altri 6 mesi da scontare perché i documenti erano sporchi e dovevano rifare tutto dall’inizio. Questi 6 mesi sono stati convalidati dai giudici. Dopo questi 6 mesi, altri 6 mesi e altri 6 ancora.
Poi sono uscito, finalmente. Sono arrivato al checkpoint che dovevo passare per ritornare al campo, a casa mia, quando mi hanno arrestato di nuovo perchè il soldato di guardia al checkpoint non appena ha visto i miei documenti, mi ha fatto riportare in carcere. Ho trascorso dentro altri 3 mesi.
C’é una cosa che voglio dire e che e’ molto grave. La polizia palestinese ha inviato i miei files e i documenti che riguardavano me agli israeliani i quali non avevano nessuna informazione su di me. Ed e’ per questo che un palestinese dei servizi segreti e’ venuto per riconoscermi. Mi hanno fatto arrestare dagli israeliani perché sono un membro del Fronte Popolare e quindi una persona scomoda e non gradita all’ANP e per questo hanno passato i miei dati agli israeliani per farmi catturare di nuovo e tenermi lontano dal campo e dalla mia gente. Quando mi hanno rilasciato i palestinesi e’ stata solo una finta perché avevano già programmato di farmi arrestare dagli israeliani. Da quando sono stato liberato, sono stato arrestato altre 3 volte dalla polizia palestinese, ma per pochi giorni. Sono uscito appena pochi giorni fa dopo averne trascorsi 3 in carcere. Mi hanno notificato che il 9 c’è un altro interrogatorio in cui si deciderà se entrerò di nuovo in cella o sarò libero.
Come ha detto il compagno prima, meglio il carcere israeliano rispetto a quello palestinese per le stesse ragioni che ha già spiegato.
Vorrei solo aggiungere che, mentre nel carcere israeliano le celle sono organizzate per appartenenza politica, in quello palestinese viene praticata una particolare forma di tortura. Nelle celle si sta con detenuti comuni, quindi gente che è stata accusata di omicidi, spaccio di droga, furti e cose del genere. Non ti lasciano vedere, parlare e sapere degli altri compagni che sono dentro. Fanno così per rendere forte il livello di isolamento dal nostro gruppo e per dissuaderci a non prendere più contatti con gli altri compagni una volta fuori. Ma non ci riusciranno mai, perché noi la resistenza non la fermeremo mai.
AIDA CAMP, 8 GIUGNO 2013
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