“Roma fa schifo”, i Carminati e i palazzinari
Erano gli anni 50, gli anni del famoso sacco di Rebecchini, sindaco democristiano che sfruttando i fondi per la ricostruzione ha cementificato Roma dal mare alla campagna lasciando migliaia di romani nelle baracche e Tambroni dichiarava alla camera che nelle borgate abitavano “oziosi di mestiere”, “pregiudicati violenti per occupazione”, “spregevoli sfruttatori di donne” e “prostitute”.
I giornali dell’epoca raccontavano i nostri quartieri come oggi Tonelli racconta gli insediamenti rom: abusivi, prepotenti, illegali. Il messaggero scriveva della “disonorevole casbah che circonda Roma” con le stessa parole con cui Tonelli parla dei venditori ambulanti e proseguiva con “attorno alla Roma civile fatta di gente che vive e lavora onestamente, v’è una Roma Barbara, un anello di criminalità e anarchia sociale che desta preoccupazione”. Sembra di leggere Roma fa schifo sulle occupazioni abitative.
Allora si era clandestini da una regione all’altra, non c’erano i c.i.e. ma l’inclusione nel mercato del lavoro passava già per l’acquisizione della cittadinanza e già allora gran parte dei proletari venivano costretti da questo al lavoro nero e all’alloggio di fortuna per anni . Brutti, sporchi e cattivi sintetizzerà Ettore Scola. La continuità nella marginalizzazione del sottoproletariato è in alcuni casi addirittura geografica: casilino 900 passerà tra gli anni 80 e 90 dall’ospitare calabresi, abruzzesi e lucani ad ospitare migranti dall’est europa e rom. Nelle stesse baracche, sulle stesse strade sterrate.
Ma se negli anni 50 accanto alla stampa embedeed trovavano spazio le inchieste dell’espresso e gli articoli di Cederna contro la speculazione, le visite nelle borgate degli scrittori e il neorealismo cinematografico. Oggi la sinistra è Tonelli, opinion maker di riferimento, interprete di un sentimento diffuso. Incensato da repubblica che lo definisce il “nuovo pasquino”. Candidato dal pd.
Accostarlo a Salvini, Carminati e ai palazzinari è per noi un fatto di memoria. Alemanno ha vinto quando la sinistra a Roma ha deciso di sdoganare il razzismo, quando Veltroni ha deciso di fare l’imprenditore della paura scagliandosi contro i rumeni.
Opporsi a Salvini vuol dire venire in piazza Vittorio il 28 e adoperarsi ogni giorno perchè il razzismo e la paura non abbiano cittadinanza nei nostri quartieri.
A un quarantenne che fa carriera sulla paura della povertà preferiremo sempre un trentenne che parla da sedicenne.
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