Sapete cos’è una schismogenesi? Ne stai vivendo una grossa in Catalogna
Nell’ambito del dibattito politico sulla crisi catalana, sui risvolti interni allo stato spagnolo e alla dimensione europea, traduciamo questo articolo apparso su nuvol.com di José Maria Camps, docente di antropologia sociale e giornalista molto affermato al di là dei Pirenei.
In questo testo possiamo cogliere alcuni concetti importanti di riflessione a largo respiro sulla questione catalana e sulle due parti contendenti, qui considerate come apparati complessivi piuttosto che nella loro intersezionalità di classe, a partire dal concetto di schismogenesi, usato per rappresentare la cronicità di conflitti sociali, politici ed emotivi. Buona lettura.
Ciò che sta succedendo in Catalogna si può definire come un processo di schismogenesi. Per chi non la conosce, questa parola è stata coniata 80 anni fa dall’antropologo e teorico della comunicazione Gregory Bateson ed è un concetto che descrive e analizza i conflitti cronici che hanno un aumento considerevole di aggressività reciproca tra le due parti contrapposte. Secondo questo concetto questi processi sono graduali e sostenuti nel tempo, di modo che giunge un momento nel quale non è chiaro quando è iniziato tutto e abitualmente le parti si accusano a vicenda di essere gli iniziatori e gli unici responsabili del conflitto. E lo fanno adducendo e ingigantendo dettagli e parti che gli danno ragione, e minimizzano l’importanza dei fatti e delle argomentazioni equivalenti di cui si serve la controparte. Dovuto alla gradualità, succede che, fin quando il processo non è avanzato, le persone che vi sono coinvolte non arrivino ad essere coscienti né della gravità che ha raggiunto il conflitto né del cambio profondo che stanno patendo come soggetti a causa di questa escalation di aggressività. Usare il concetto di schismogenesi permette di stabilire che molti tipi di conflitti individuali e collettivi gravi cominciano così – per esempio le separazioni matrimoniali o anche le guerre, soprattutto quelle civili.
“Noi” e “Loro”
In questi processi, l”altro” è convertito in una ossessione, e succedono cose e si arriva a situazioni che i rsoggetti consideravano impossibili, inimmaginabili. Le motivazioni, per quante analisi si facciano a posteriori, molto spesso non hanno spiegazione razionale possibile – perché ciò che più definisce il processo di schismogenesi è la rialimentazione che trova ciascuna parte in ciò che fa e dice l’altro, e che porta a reagire, in una catena azione-reazione ogni volta più aggressiva e più puramente emotiva. È qui che stiamo: ci sono due legittimità, quella spagnola centralista e quella catalana indipendentista. Queste due legittimità hanno natura e ricorrenza differenti, però in questi momenti son vissute entrambe come pienamente legittime dalle persone dei due gruppi umani coesi tra loro. Ciò, chiaramente, è molto problematico perché sta succedendo in un unico spazio politico, nel quale c’è una unica legalità vigente. In questa dinamica si sono configurati due paradigmi opposti che si negano la legittimità a vicenda e che impossibilitano stabilire del tutto la comunicazione. Il peggio di tutto ciò è che gli effettivi di una o dell’altra parte hanno ogni volta meno rispetto di quella contraria, perché ne considerano illegittime la loro posizione e le loro credenze, cosa che comporta una disumanizzazione sempre più cruenta dell’ “altro”. Questa polarizzazione finisce col coinvolgere tutti, che si vedono ogni volta di più obbligati a posizionarsi a favore di una delle parti. E il risultato ce lo abbiamo davanti ogni giorni da anni, nell’azione politica e giudiziaria, come negli spazi pubblici, nei tg, nei giornali, nei dibattiti, in strada, nelle conversazioni, a tutto tondo. E negli ultimi mesi e nelle ultime settimane il conflitto si è andato estendendo, passando da essere politico a civile, e ora è sul punto di tracimare del tutto.
Il conflitto non ha cessato di acuirsi
L’approfondirsi di questa schismogenesi ha beneficiato la destra spagnola aggregata attorno al Partido Popular: negli ultimi due anni, ammesso che il PP abbia perso nelle elezioni del 2016 buona parte del supporto cittadino che aveva, gli effetti politici della schismogenesi lo hanno facilitato nel mantenere il controllo del potere esecutivo e anche del discorso della parte spagnola del conflitto. Però ha anche aiutato a far crescere l’egemonia dell’ indipendentismo in Catalogna, secondo la dinamica dell’escalation progressiva e della radicalizzazione che la schismogenesi comporta.
Ora, quando il conflitto è già parecchio maturo e la schismogenesi già avanzata, il governo di Mariano Rajoy sembra avev approntato una via simile a quella che nei Paesi Baschi poco più di un decennio fa ha portato all’espulsione della sinistra abertzale dalla politica istituzionale. Però le differenze con il caso basco sono molto grandi, e molto probabilmente non si potrà raggiungere un tale effetto: in Catalogna non c’è stata, né ci fu, la violenza dell’ETA, e il supporto cittadino all’indipendentismo sorpassa di molto quello che aveva la sinistra abertzale in Euskadi.
E’ una schismogenesi compelmentare o simmetrica?
Gregory Bateson ha coniato il concetto di Schismogenesi definendone due varianti; la complentare e qualla asimmetrica. Nel primo caso, le due parti si scontrano da due posizioni diseguali, e l’acuirsi del conflitto rinforza il ruolo dominante della più forte e il ruolo dominante della debole. In questa variante si può parlare, pertanto, di due ruoli chiaramente distinti, con una parte che si rivendica tutto il tempo come egemonica e un’altra che, poco o tanto, assume la sua stessa subalternità.
Pertanto, la dinamica risultante rende a un rafforzamento della complementarità tra i due ruoli, di modo che se ci sono momenti in cui il conflitto sembra scatenarsi, è certo che esso stesso si ricondurrà alla stabilità. E’ uno schema concettuale che si può applicare a molte situazioni umane: per esempio, i casi di alterchi lavorativi o a scuola, o anche le relazioni conflittuali di una coppia dentro uno schema maschilista. Il fatto che alcune finiscano come finiscano, con la donna uccisa, non toglie che nella stragrande maggioranza si possano mantenere rapporti stabili nel corso del tempo.
Nella schismogenesi simmetrica, invece, i ruoli delle due parti sono equivalenti, di modo che il conflitto ha più tendenza a scatenarsi, in una dinamica d’escalation bellica progressiva, affinché una delle due parti accetti un ruolo subalterno. Questo concetto è molto utile per analizzare l’origine delle guerre, civili, o tra paesi. Precisamente Bateson lo concepisce soffermandosi sui processi pre-bellici in corso nell’ Europa degli anni ’30.
Il conflitto che ci riguarda appartiene chiaramente ad una schismogenesi complementare nella quale il ruolo dominante ha la idea egemonica di una Spagna unitaria e più o meno omogenea, e il ruolo subalterno ostenta l’idea di una Catalogna con voce politica propria e pienamente sovrana, che sia indipendente o meno.
L’intenzione dell’ indipendentismo è che che il conflitto si converta in simmetrico, però la parte centralista sta forzando la situazione perchè resti come complementare. E perciò reagisce secondo questo schema: si tratta di dettare le regole del gioco al subalterno, e perciò attiva meccanismi che si applicano in queste situazioni, che sono il sistema giudiziario e le misure di sicurezza.
Fantasie da un lato e dall’altro
Ci troviamo, dunque, due bandoli che or ora si appellano agli stessi grandi principi – democrazia, uguaglianza, libertà ecc, ma con significati reali opposti. Ed è opportuno rimarcare che tutte e queste due parti basano questi concetti così illuminati e trascendentali su fantasie poco rigorose. Per la parte independentista la fantasia è basata sul credere che l’indipendenza sarebbe un cammino relativamente facile per la semplice ragione che era evidente che Catalogna ha diritto all’autodeterminazione, e le istituzioni centrali dello stato lo devono riconoscere costi quel che costi.
Su questa idea si sono basati alcuni dei concetti chiave dell’independentismo, che potremo qualificare come eufemistici: il diritto a decidere, il rimettersi alle urne, la “disconnesione”, il vogliamo votare e voteremo, ecc.. Non sto affermando che si siano usati per mescolare le carte o ingannare qualcuno – probabilmente quelli che li hanno promossi si sono autoconvinti – però tutto ciò ha messo da parte che, in realtà, l’intenzione andasse molto più in là di esprimere un voto semplice, che implicava, di fatto, cambiare aspetti essenziali dell’architettura istituzionale e legale della Catalogna, e non solo “disconnettere” le istituzioni autonomiste esistenti e punto. E’ evidente che l’amministrazione centrale avrebbe opposto tutta, TUTTA la resistenza possibile a tutto ciò. Per la parte centralista la fantasia si basa sul credere che l’indipendentismo sia come una sorta di malattia virale che si è diffusa nei catani e che l’unica cosa che c’è da fare è applicare il trattamento indicato e curarli. Apparentemente non sembrano coscienti della loro responsabilità in questa situazione, del fatto che molti catalani si sono impegnati nell’indipendentismo come una reazione alla ricentralizzazione dello stato che comporta il suo programma, né tantomeno che il “trattamento” l’unica cosa che farà sarà aggravare la situazione e molto possibilmente farà precipitare in una uscita molto traumatica della Catalogna dallo Stato Spagnolo.
Trascendenza relativa
In ultima istanza, sarebbe buono dire ad alta voce che la trascendenza della situazione non è assoluta, ma che si può relativizzare abbastanza. Cioé, che la vita dei catalani non migliorerà sicuramente in maniera radicale se effettivamente la Catalogna si converte in uno stato indipendente. Non sarà sicuramente tutto rose e fiori e toccherà continuare a sforzarsi giorno dopo giorno per conseguire dei risultati che possa essere realmente soddisfacenti.
Né tantomeno la Spagna si “romperà” se la Catalogna si indipendentizza, semplicemente si farà più piccola. E probabilmente avrà l’opportunità di ripensarsi e anche i leaders che la controllano dovranno chiedersi il perché, di fronte a una crisi come quella attuale, han reagito con criteri simili a quelli che 100 anni fa hanno portato la Spagna alla perdita di Cuba e delle Filippine.
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