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“Storming Brain”: report dei workshop

Riportiamo in sintesi il report dei workshop che si sono svolti l’11 dicembre all’interno della giornata “Storming Brain”. Qui invece potete trovare alcune note sul Simposio organizzato nella stessa giornata.

1) Ecosistemi e impatto dell’uomo
Al workshop di ecologia siamo partiti dai temi di studio del professor Ferrari che si occupa di ecologia del paesaggio (studio del paesaggio come macro ecosistema composto da diversi sistemi più piccoli comunicanti, interdipendenti e in grado di coevolvere e coadattarsi, ognuno con una sua specifica scala di osservazione). Ogni ecosistema è osservabile sia dal punto di vista del sistema stesso, sia dal punto di vista umano. Quello che più ci interessava è lo studio di come l’uomo, dal momento in cui scopre la convenienza della coltivazione rispetto alla raccolta, è stato in grado di interagire, modificare, indirizzare evolutivamente l’ambiente secondo le proprie esigenze che dal bisogno primario, nella società urbanizzata si è tradotto in sfruttamento capitalistico delle risorse. 
L’uomo è diventato quindi determinante evolutiva di un paesaggio naturale, fino a renderlo completamente antropizzato (paesaggio culturale) come nei paesaggi urbani e metropolitani. 
Anche le zone agricole, in quest’ottica, fanno parte di un habitat umano che perde ogni capacità autoregolativa tipica della natura; i campi coltivati spesso perdono capacità fertili e di autorisanamento per via del modo in cui vengono trattati, vengono introdotte specie alloctone infestanti o non in grado di sopravvivere da sole. Questo porta ad un impatto ambientale negativo di entità rilevante a livello di inquinamento, distruzione di biodiversità e erosione mineraria. 
Ci è sembrato, a questo punto, importante affiancare allo sguardo di Ferrari, ossia uno spunto intellettuale/accademico, il punto di vista di chi il territorio lo vive e instaura rapporti mutualistici del rispetto dell’ecosistema in cui viviamo e slegandosi da logiche capitalistiche tipiche dell’agricoltura contemporanea, come Campi Aperti. In definitiva abbiamo immaginato di poter promuovere due momenti di discussione:
Il primo, come si evince da quanto scritto, verterebbe attorno ad un confronto tra il professor Ferrari e l’associazione Campi Aperti;
Il secondo ci piacerebbe organizzarlo più indirizzato sull’impatto ambientale delle grandi opere, affiancando anche in questo caso un sapere più “scientifico” (immaginando un ecologo esperto di questi temi) e un sapere più “territoriale”, riferendoci a quella componente sociale che, per esempio in Val Susa, ha visto coi propri occhi le modificazioni ecosistemiche portate da una grande opera.

2) Migrazioni e lavoro: trasformazioni, forme organizzative, disciplinamento
Il fenomeno migratorio che interessa da decenni il nostro paese tende a cristallizzarsi sempre di più nella realtà dei nostri territori: nelle metropoli, nelle scuole, sui posti di lavoro. Parlare di migrazione significa quindi ancora parlare di bisogni e desideri, di masse in movimento, ma anche di inclusione differenziale e di livelli di sfruttamento sempre più diversificati e permeanti la nostra società. Da Nord a Sud il lavoro migrante e i modi in cui questo viene messo a valore è uno dei nodi in cui si ristruttura l’economia della crisi e il mondo del lavoro, in cui si producono nuove forme di disciplinamento e marginalità sociale. L’intenzione è quindi quella di costruire un seminario nella facoltà di giurisprudenza a cavallo tra sociologia delle migrazioni, della devianza e diritto del lavoro.
Nel primo incontro sarà interessante fare il punto su come i flussi migratori abbiano investito in questi anni i nostri territori e come si siano intrecciati con il mondo del lavoro, che peso abbiano nella geografia produttiva del nostro paese e come abbiano modificato le forme del lavoro stesso;
A partire da queste considerazioni nel secondo incontro sviscereremo una delle forme del lavoro e dello sfruttamento maggiormente investito dal fenomeno migratorio e modificatosi proprio per estrarre valore dal fenomeno stesso: l’attualità ci consegna come il fenomeno cooperativo sia il baricentro di settori produttivi che, tutt’altro che in crisi, fanno della manodopera ricattabile e sottopagata, oltre che della flessibilità del rapporto di impiego la propria fortuna;
Nell’ultimo incontro, una volta costruiti gli strumenti teorici per inquadrare il fenomeno cooperativo in termini generali e nelle sue potenzialità di disciplinamento, analizzeremo quali sono i casi di conflittualità nel settore cooperativo, a partire dalle lotte della logistica di questi anni, e come altri elementi repressivi e di disciplinamento, esterni al luogo di lavoro, si innestino all’interno di questo quadro.

3) Letteratura e conflitto
Lo scorso mercoledì 11 dicembre, durante la giornata seminariale Storming Brain, presso lo Spazio Z-32 in via Zamboni, abbiamo fatto un secondo incontro/ seminario per continuare a tenere aperto il dibattito intorno a domande non da poco, e cioè: dov’è una letteratura che parli a modo suo del conflitto sociale? Come deve o dovrebbe essere questa letteratura? Forse siamo noi che, oltre alle pietre, dobbiamo tirar su anche le penne? E’ stato con noi Valerio Evangelisti, scritto e compagno. A partire dalla sua esperienza politica e letteraria abbiamo discusso del problema uditorio/pubblico: come raggiungere più lettori e lettrici possibili? In che modo approfittare dell’editoria commerciale e allo stesso tempo perché credere in quella indipendente? Abbiamo poi tangenzialmente parlato del ruolo che svolse negli anni ’70 un approccio come quello di Balestrini, di quanto la sua produzione fosse interna al movimento. Abbiamo inoltre chiesto a Valerio perché, secondo lui, non c’è una letteratura in presa diretta sul conflitto sociale oggi in Italia, e siamo stati d’accordo nel credere che ciò che manca è soltanto l’iniziativa dei compagni e delle compagne stess*. 
Dunque abbiamo deciso di aprire un Blog, nel quale inserire contributi già noti di letteratura militante e che possa essere anche l’iniziale contenitore di narrazioni sperimentali della nostra quotidianità ribelle. Immaginiamo dunque un futuro incontro nel quale confrontarci a partire dal portato di queste prime discussioni e scritti. Per pubblicare sul blog inviare i propri lavori a letteratura.conflitto@gmail.com

4) Per un nuovo approccio ai temi della cura e della malattia
Dopo l’utilissimo seminario di mercoledì 4 dicembre, tenutosi allo spazio Z32 col professor Ardigò, ci siamo ritrovati una settimana dopo con un workshop all’interno dell’iniziativa Storming Brain. Abbiamo utilizzato questo momento per riflettere su diversi nodi che erano emersi nell’incontro col prof, valutando l’importanza della costruzione di una riflessione di parte sul tema della sanità, che da sempre è stato utilizzato nella cultura occidentale come strumento di riproduzione di dominio e alienazione sui corpi. È infatti evidente quanto l’approccio comune alla ricerca della salute sia di delega a una classe ristretta di specialisti che vengono formati da un sistema non neutro ma estremamente condizionato da meccanismi di lobby che curvano ricerche, saperi e pratiche rispondendo al loro tornaconto finanziario e mantenendo i rapporti neoliberisti di sfruttamento anche in questo settore. È invece necessario riflettere sulla negoziazione dell’approccio alla salute, ovvero la possibilità di ogni persona di partecipare come soggetto alla determinazione personale e individuale della propria salute che è un concetto che va volta per volta inserito in contesti personali, sociali, culturali, professionali… Inoltre, in questo momento di riorganizzazione del servizio sanitario sul territorio, che a causa dei tagli dell’austerity vede la chiusura di vari centri ospedalieri di provincia, vogliamo anche lavorare su una riflessione che vada oltre la dicotomia pubblico/privato e sulla problematica che emergono se ci si limita ad una semplice difesa di luoghi come gli ospedali, che non sono altro che i luoghi in cui l’approccio al malato detto prima continua a riprodursi e a rafforzarsi. In un momento di crisi abbiamo realmente la possibilità di chiederci se sono veramente gli ospedali di cui abbiamo bisogno o appunto sia possibile gettare le basi per costruire un servizio altro, che curi non soltanto i corpi ma lavori sul risolvere i determinanti di malattia intrinseci della società, come la povertà, il disagio, la non cultura consumistica. C’è tanto quindi di cui ragionare e ci sono tanti nuovi controsaperi da costruire, approfondire e condividere, quindi ci siamo lasciati confermando la volontà per il nuovo anno di costruire nuovi seminari, con lavoratori e studenti dell’area sanitaria e non, con la prospettiva anche di aprire percorsi d’inchiesta sul problema della salute nella zona universitaria e nei quartieri di Bologna. 

5) Per una storia critica e dal basso
Sulla scia di un primo appuntamento su una “Rivoluzionaria Storia Atlantica” che ha visto la partecipazione del prof. Raffaele Laudani, docente di Storia del pensiero politico presso l’UniBo, abbiamo cercato di abbandonare un approccio tradizionale della storia che vede gli stati e le grandi potenze come gli unici attori e propulsori degli avvenimenti, ma invece sviluppare una metodologia che sappia mettere al centro della nostra analisi i soggetti sociali in movimento e a partire da questo cercare di interpretare il fluire degli eventi storici a partire dal basso, dall’interno delle società umane. 
Il workshop di Storia dell’11 dicembre, all’interno della giornata di Storming Brain, si è mosso sulle corde di quei passaggi con la prospettiva di creare a partire dai primi mesi del 2014, un ciclo di seminari di approfondimento sul tema della “storia atlantica” o “world history”. 
Grazie alla presenza e al contributo prezioso di altri soggetti impegnati nella produzione di ricerca e critica storiografica dal basso come ad esempio “il Caso S” , la rivista “Zapruder” e assieme anche al contributo di dottorandi in storia dell’UniBo, si è cominciato a delineare quali possono essere gli aspetti della storia atlantica su cui muoverci lungo il semestre gennaio-luglio da “l’altra scoperta dell’America,” al mondo schiavile in rivolta fino al movimento abolizionista negli Stati Uniti. Il cantiere è ancora aperto e presto vedrà la luce un programma di incontri e iniziative a partire da nuovi momenti laboratoriali. 

6) Costruendo un lessico politico della crisi
Dopo i primi due appuntamenti sul tema della crisi che hanno visto la partecipazione del Prof. Cammarano con il seminario intitolato “La crisi: storia, concetti e prospettive” e della Prof.ssa Baritono in “Crisi e Riproduzione Sociale”, il workshop di Scienze Politiche dell’11 dicembre, all’interno della giornata di Storming Brain, ha cercato di delineare il profilo dei prossimi incontri seminariali. Il tema centrale che si è scelto di portare avanti è quello del lessico della crisi, con quelli che riteniamo essere concetti in uso nel linguaggio comune ma che, a volte, non vengono presi in considerazione con il significato che meritano. Partendo, quindi, da riflessioni di carattere storico-politiche sui concetti vorremmo legarci all’attualità, mettendo in evidenza delle genealogie che mostrino l’evoluzione, le transizioni, le trasformazioni e la continuità entri i concetti che abbiamo individuato. In particolare, abbiamo rintracciato cinque appuntamenti, cercando di mettere a punto un calendario approssimativo:

 

-“I migranti pongono al centro dell’attenzione sotto scrutinio critico la questione del soggetto dotato di parola, e come oggetto di radicale (ri)appropriazione pongono domande essenziali sulla politica: chi parla? Chi conta? Chi appartiene? Chi può esprimersi politicamente? In poche parole: Chi può essere politico? É questo che assegna tanta radicalità all’affermazione secondo cui “nessun essere umano è illegale”. Le nostre tradizioni politiche esigono che qualcuno sia illegale. Affermare che nessuno è illegale significa mettere in discussione l’intera architettura della sovranità, i suoi confini,le sue sue serrature e le sue porte, le sue gerarchie interne” (S. MEZZADRA, Capitalismo, migrazioni e lotte sociali. Appunti per una teoria dell’autonomia delle migrazioni). La prima tematica che abbiamo scelto di trattare riguarda il concetto di meticciato, individuando il Prof. Sandro Mezzadra, docente di “Filosofia Politica” e di “Le frontiere della cittadinanza”, come relatore. Che cosa vuole dire vivere in una società meticcia? Che cosa significa volere una piazza meticcia? Dalla nascita del concetto in età coloniale, chiediamo al Professore una reinterpretazione in chiave contemporanea, con un focus particolare su quello che significa vivere in una società meticcia in tempo di crisi.

-“Nomi collettivi come popolo e società ma anche stirpe, nazione o nazionalità, ceto, classe hanno sempre occupato nel discorso politico una posizione ambigua e spesso incontrollabile, necessaria soprattutto a permettere la costituzione di una autorità sociale che renda valide ed efficaci le norme e ne sostenga l’ordinamento.” (M. Ricciardi, Linee storiche sul concetto di popolo). A partire dai suoi contributi, ci sembra interessante approfondire con il Prof. Ricciardi, docente di “Ideologia e legittimazione politica”e “Storia delle dottrine politiche”, quel concetto-contenitore che è la società, con tutte le inclinazioni che il termine genera (ad esempio i concetti di “sociale”, “socialità”). La società di tutto il popolo o la società come ordine? Come può essere definita la società di oggi? In tempi di crisi, come ci si pone davanti a questi concetti?

-“C’è dunque oggi un’urgenza, una sporgenza politica da afferrare. Un’urgenza politica ed etica che non possiamo permetterci di non assumere fino in fondo. Si restringe, infatti, quell’apertura di oscillazione fantasmatica che permetteva alla merce di impressionare, e quindi adattare alla sua logica, la soggettività. A partire dalla sollecitazione lacaniana a non cedere sul proprio desiderio e quindi a non giustificarci rispetto alla nostra relazione con il reale, occorre allora osare e forzare il bordo della beanza in modo da aprire uno squarcio, un’infedeltà al proprio fantasma, che rimetta in gioco la possibilità della produzione di una nuovo legame sociale, di una nuova danza della soggettività, di uno spazio-tempo comune che sostenga la prospettiva di un orizzonte soggettivo e di un nuovo regno della libertà basato sulle ricchezze delle nostre incommensurabili differenze.” (F.Chicchi, Sul rapporto tra soggettività e merce). Quando parliamo di soggettività che cosa intendiamo dire? E perché abbiamo smarrito la soggettività? Ne parliamo con il Prof. Chicchi, ricercatore di “Sociologia del lavoro” e “Sociologia economica”.

  -Il quarto tema che vorremmo approfondire è quello del conflitto. Abbiamo individuato due docenti che potrebbero trattare la tematica da due prospettive diverse: il Prof. Colombo, docente di “Sociologia del conflitto”, o il Prof. Giacomello, docente di “Studi Strategici”. Vorremmo focalizzare l’attenzione, in particolare, sul conflitto sociale, partendo dalle prospettive storiche delle teorie del conflitto e andando a collocare il tema nell’attualità della crisi, così da indagare sui soggetti e le modalità in cui si esplica o si potrebbe esplicare e sugli attori coinvolti: essi rispecchiano ancora la descrizione marxista o la composizione sociale del conflitto è mutata?

-L’ultimo incontro vorremmo strutturarlo secondo la modalità del simposio. Vorremmo incontrare tutti i professori che hanno partecipato ai seminari precedenti per analizzare, partendo dai vari lemmi, come le tematiche affrontate si intrecciano nel linguaggio comune andando a essere parte della crisi ma anche una risposta alla crisi stessa.

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