InfoAut
Immagine di copertina per il post

Tesi sull’età atomica

La guerra tornata in Europa ha riaperto, sul terreno ma anche nel nostro immaginario, scenari di distruzione con cui non avremmo più voluto fare i conti. Incautamente fiduciosi nella razionalità umana abbiamo a lungo ricacciato nell’impensabile il pericolo rappresentato dalla minaccia di una guerra nucleare. Ora, invece, torna a balenare insidioso un pensiero: che questa guerra possa essere l’ultima, che questa era – l’era della possibile autodistruzione completa del genere umano – vada a compiersi. Superare quella soglia che credevamo, non si sa a quale diritto, invalicabile, appare giorno dopo giorno un’opzione tra le altre.

Da Malamente Edizioni di Günther Anders

In aprile la Commissione europea ha attivato le “riserve strategiche”, nell’ordine di circa 550 milioni di euro, per fronteggiare prossime minacce di radiazioni nucleari (oltre che chimiche, biologiche e radiologiche). Pensare realisticamente all’eventualità, se non di un conflitto nucleare, comunque di azioni intenzionali che possano produrre fughe radioattive, non è più un tabù, tanto che si preparano personale e attrezzature per la decontaminazione.

Anche ponendo che nessun governante voglia effettivamente arrivare alla situazione in cui non ci saranno vincitori, non si può escludere l’intervento inaspettato del fattore “caso” – una mossa azzardata, un errore, un cortocircuito nelle decisioni – che può dare il via al primo colpo innescando una spirale di automatismi in cui la volontà dei singoli manovratori viene scavalcata dagli eventi e dalla necessità tecnica.

L’esistenza stessa delle armi di distruzione di massa, e il fatto che la bomba atomica non è un’ipotesi di scuola ma sia già stata usata, dovrebbe portarci a pensare seriamente alla condizione umana a partire dalla possibilità della sua estinzione. Sta a noi lottare affinché l’apocalisse non abbia luogo e per far questo ci vuole anche “il coraggio di aver paura”: quella paura adeguata all’enormità del pericolo, che è segno di consapevolezza, è strumento di conoscenza della realtà e come tale ci spinge a non rinchiuderci in disperata attesa ma a “uscire sulle piazze”.

Pubblichiamo a questo proposito un testo attorno al quale la riflessione non è mai abbastanza: le Tesi sull’età atomica, scritte dal filosofo Günther Anders nel 1960 (ne diamo una versione ridotta, il testo completo si può trovare in appendice al suo Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, 1961; Linea d’ombra, 1995).

Home Sweet Home III, Joe Webb, collage

1) Il 6 agosto 1945, giorno di Hiroshima, è cominciata una nuova era: l’era in cui possiamo trasformare in qualunque momento ogni luogo, anzi la terra intera, in un’altra Hiroshima. Da quel giorno siamo onnipotenti in modo negativo; ma, potendo essere distrutti ad ogni momento, ciò significa anche che da quel giorno siamo totalmente impotenti. Indipendentemente dalla sua lunghezza e dalla sua durata, quest’epoca è l’ultima: poiché la sua differenza specifica, la possibilità dell’autodistruzione del genere umano, non può aver fine che con la sua stessa fine.

2) La nostra vita si definisce quindi come “dilazione”; siamo quelli-che-esistono-ancora. Questo fatto ha trasformato il problema morale fondamentale: alla domanda “Come dobbiamo vivere?” si è sostituita quella: “Vivremo ancora?”. Alla domanda del “come” – per noi che viviamo in questa proroga – c’è una sola risposta: “Dobbiamo fare in modo che l’età finale, che potrebbe rovesciarsi ad ogni momento in fine dei tempi, non abbia mai fine; o che questo rovesciamento non abbia mai luogo”. Poiché crediamo alla possibilità di una “fine dei tempi”, possiamo dirci apocalittici; ma poiché lottiamo contro l’apocalisse da noi stessi creata, siamo (è un tipo che non c’è mai stato finora) “nemici dell’apocalisse”.

3) La tesi apparentemente plausibile che nell’attuale situazione politica ci sarebbero (fra l’altro) anche “armi atomiche”, è un inganno. Poiché la situazione attuale è determinata esclusivamente dall’esistenza di “armi atomiche”, è vero il contrario: che le cosiddette azioni politiche hanno luogo entro la situazione atomica.

4) Ciò contro cui lottiamo, non è questo o quell’avversario che potrebbe essere attaccato o liquidato con mezzi atomici, ma la situazione atomica in sé. Poiché questo nemico è nemico di tutti gli uomini, quelli che si sono considerati finora come nemici dovrebbero allearsi contro la minaccia comune. Organizzazioni e manifestazioni pacifiche da cui sono esclusi proprio quelli con cui si tratta di creare la pace, si risolvono in ipocrisia, presunzione compiaciuta e spreco di tempo.

5) Le nubi radioattive non badano alle pietre miliari, ai confini nazionali o alle “cortine”. Così, nell’età finale, non ci sono più distanze. Ognuno può colpire chiunque ed essere colpito da chiunque. Se non vogliamo restare moralmente indietro rispetto agli effetti dei nostri prodotti, dobbiamo fare in modo che l’orizzonte di ciò che ci riguarda, e cioè l’orizzonte della nostra responsabilità, coincida con l’orizzonte entro il quale possiamo colpire o essere colpiti; e cioè che diventi anch’esso globale. Non ci sono più che “vicini”.

6) Ciò che si tratta di ampliare, non è solo l’orizzonte spaziale della responsabilità per i nostri vicini, ma anche quello temporale. Poiché le nostre azioni odierne, per esempio le esplosioni sperimentali, toccano le generazioni venture, anch’esse rientrano nell’ambito del nostro presente. Tutto ciò che è “venturo” è già qui, presso di noi, poiché dipende da noi. C’è, oggi, un’“internazionale delle generazioni”, a cui appartengono già anche i nostri nipoti. Sono i nostri vicini nel tempo. Se diamo fuoco alla nostra casa odierna, il fuoco si appicca anche al futuro, e con la nostra cadono anche le case non ancora costruite di quelli che non sono ancora nati. E anche i nostri antenati appartengono a questa “internazionale”: poiché con la nostra fine perirebbero anch’essi, per la seconda volta (se così si può dire) e definitivamente. Anche adesso sono “solo stati”; ma con questa seconda morte sarebbero stati solo come se non fossero mai stati.

7) Ciò che conferisce il massimo di pericolosità al pericolo apocalittico in cui viviamo è il fatto che non siamo attrezzati alla sua stregua, che siamo incapaci di rappresentarci la catastrofe. Raffigurarci il non-essere (la morte, ad esempio, di una persona cara) è già di per sé abbastanza difficile; ma è un gioco da bambini rispetto al compito che dobbiamo assolvere come apocalittici consapevoli. Poiché questo nostro compito non consiste solo nel rappresentarci l’inesistenza di qualcosa di particolare, ma nel supporre inesistente questo contesto, e cioè il mondo stesso, o almeno il nostro mondo umano. Questa “astrazione totale” trascende le forze della nostra immaginazione naturale.

Nuclear Sweets, Annette von Stahl, collage

8) Ma poiché, come homines fabri, siamo capaci di tanto (siamo in grado di produrre il nulla totale), la capacità limitata della nostra immaginazione (la nostra “ottusità”) non deve imbarazzarci. Dobbiamo (almeno) tentare di rappresentarci anche il nulla. Ecco quindi il dilemma fondamentale della nostra epoca: “Noi siamo inferiori a noi stessi”, siamo incapaci di farci un’immagine di ciò che noi stessi abbiamo fatto. In questo senso siamo utopisti a rovescio: mentre gli utopisti non sanno produrre ciò che concepiscono, noi non sappiamo immaginare ciò che abbiamo prodotto. La frattura che divide l’umanità non passa, oggi, fra lo spirito e la carne, fra il dovere e l’inclinazione, ma fra la nostra capacità produttiva e la nostra capacità immaginativa.

9) Si può forse immaginare, sentire, o ci si può assumere la responsabilità dell’uccisione di una persona singola; ma non di quella di centomila. Quanto più grande è l’effetto possibile dell’agire, e tanto più è difficile concepirlo, sentirlo e poterne rispondere; quanto più grande lo “scarto”, tanto più debole il meccanismo inibitorio. Liquidare centomila persone premendo un tasto, è infinitamente più facile che ammazzare una sola persona. Al subliminare, noto dalla psicologia (lo stimolo troppo piccolo per provocare già una reazione), corrisponde il sopraliminare: ciò che è troppo grande per provocare ancora una reazione.

10) Nulla di più falso della frase cara alle persone di mezza cultura, per cui vivremmo già nell’“epoca dell’angoscia”. Questa tesi ci è inculcata dagli agenti ideologici di coloro che temono solo che noi si possa realizzare sul serio la vera paura, adeguata al pericolo. Noi viviamo piuttosto nell’epoca della minimizzazione e dell’inettitudine all’angoscia. L’imperativo di allargare la nostra immaginazione significa quindi in concreto che dobbiamo estendere e allargare la nostra paura. Va da sé che questa nostra angoscia deve essere di un tipo affatto speciale:

– Un’angoscia senza timore, poiché esclude la paura di quelli che potrebbero schernirci come paurosi.

– Un’angoscia vivificante, poiché invece di rinchiuderci nelle nostre stanze ci fa uscire sulle piazze.

– Un’angoscia amante, che ha paura per il mondo, e non solo di ciò che potrebbe capitarci.

11) L’imperativo di allargare la portata della nostra immaginazione e della nostra angoscia finché corrispondano a quella di ciò che possiamo produrre e provocare, si rivelerà continuamente irrealizzabile. Non dobbiamo lasciarci spaventare; il fallimento ripetuto non depone contro la ripetizione del tentativo. Anzi, ogni nuovo insuccesso è salutare, poiché ci mette in guardia contro il pericolo di continuare a produrre ciò che non possiamo immaginare.

12) Se il numero e gli effetti delle armi già oggi esistenti bastano a raggiungere il fine assurdo della distruzione del genere umano, l’aumento e miglioramento della produzione, che continuano ancora su larghissima scala, sono ancora più assurdi; e dimostrano che i produttori non si rendono conto, in definitiva, di che cosa hanno prodotto. Il comparativo – principio del progresso e della concorrenza – ha perduto ogni senso. Più morto che morto non è possibile diventare. Distruggere meglio di quanto già si possa, non sarà possibile neppure in seguito.

13) Sarebbe una leggerezza pensare che quelli che sono responsabili delle decisioni, grazie a posizioni di potere politico o militare comunque acquisite, sappiano immaginare l’inaudito meglio di noi semplici morituri. Assai più legittimo è il sospetto che ne siano affatto inconsapevoli. Ed essi lo provano dicendo che noi siamo incompetenti nel “campo dei problemi atomici e del riarmo”, e invitandoci a non immischiarci. Molti di loro si appellano alla competenza solo per mascherare il carattere antidemocratico del loro monopolio. Se la parola “democrazia” ha un senso, è proprio quello che abbiamo il diritto e il dovere di partecipare alle decisioni che concernono la res publica, che vanno, cioè, al di là della nostra competenza professionale e non ci riguardano come professionisti, ma come cittadini o come uomini. E un problema più pubblico della decisione sulla nostra sopravvivenza non c’è mai stato e non ci sarà mai. Rinunciando a “immischiarci”, mancheremmo anche al nostro dovere democratico.

Philipp Igumnov, collage 2015

14) La distruzione possibile dell’umanità appare come un’“azione”; e chi collabora ad essa come un individuo che agisce. È giusto? Sì e no; poiché ciò che un tempo accadeva come agire, ed era inteso come tale dall’agente, è stato sostituito da processi di altro tipo: dal lavorare e dall’azionare. Oggi si può avviare una serie di azionamenti successivi schiacciando un solo bottone; compreso, quindi, il massacro di milioni. Propriamente parlando non si fa nulla (anche se l’effetto di questo non-far-nulla è il nulla e l’annientamento). L’uomo che schiaccia il tasto (ammesso che sia ancora necessario) non si accorge più nemmeno di fare qualcosa; e poiché il luogo dell’azione e quello che la subisce non coincidono più, poiché la causa e l’effetto sono dissociati, non può vedere che cosa fa. È chiaro che solo chi arriva a immaginare l’effetto ha la possibilità della verità; la percezione non serve a nulla. Questo genere di mimetizzamento è senza precedenti: mentre prima i mimetizzamenti miravano a impedire alla vittima designata dell’azione, e cioè al nemico, di scorgere il pericolo imminente, oggi il mimetizzamento mira solo a impedire all’autore di sapere quello che fa. In questo senso anche l’autore è una vittima.

15) Finché l’agire si traveste ancora da “lavorare”, è pur sempre l’uomo ad essere attivo; anche se non sa che cosa fa lavorando, e cioè che agisce. La menzogna celebra il suo trionfo solo quando liquida anche quest’ultimo residuo: il che è già accaduto. Poiché l’agire si è trasferito dalle mani dell’uomo in tutt’altra sfera: in quella dei prodotti. Essi sono, per così dire, “azioni incarnate”. La bomba atomica (per il semplice fatto di esistere) è un ricatto costante: e nessuno potrà negare che il ricatto è un’azione. Qui la menzogna ha trovato la sua forma più menzognera: non ne sappiamo nulla, abbiamo le mani pulite, non c’entriamo. Poiché la semplice esistenza dei nostri prodotti è già un agire, la domanda consueta: che cosa dobbiamo fare dei nostri prodotti (se, ad esempio, dobbiamo usarli solo come “deterrenti”), è una questione secondaria, anzi fallace, in quanto omette che le cose, per il fatto stesso di esistere, hanno sempre agito.

16) La guerra atomica possibile sarà la più priva d’odio che si sia mai vista. Chi colpisce non odierà il nemico, poiché non potrà vederlo; e la vittima non odierà chi lo colpisce, poiché questi non sarà reperibile. Nulla di più macabro di questa mitezza (che non ha nulla a che fare con l’amore positivo). Certo l’odio sarà ritenuto indispensabile anche in questa guerra. Per alimentarlo, si indicheranno oggetti d’odio ben visibili e identificabili, “ebrei” di ogni tipo. Ma quest’odio non potrà entrare minimamente in rapporto con le azioni di guerra vere e proprie: e la schizofrenia della situazione si rivelerà anche in ciò, che odiare e colpire saranno rivolti a oggetti completamente diversi.

Non solo per quest’ultima tesi, ma per tutte quelle qui formulate, bisogna aggiungere che sono state scritte perché non risultino vere. Poiché esse potranno non avverarsi solo se terremo continuamente presente la loro alta probabilità, e se agiremo in conseguenza. Nulla di più terribile che aver ragione. Ma a quelli che, paralizzati dalla fosca probabilità della catastrofe, si perdono di coraggio, non resta altro che seguire, per amore degli uomini, la massima cinica: “Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!”.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

armiguerraGünther Andersnucleare

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Autonomia differenziata: rompere la solidarietà per liberare ancora la ferocia del mercato

Quando si parla di Autonomia Differenziata il rischio è quello di credere che dietro questa formulazione si nasconda nient’altro che il secessionismo leghista della prima ora agghindato in chiave “riformista”. In realtà quanto abbiamo di fronte è ben più complesso ed attuale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Guerra globale, una sola egemonia da garantire

Ich kenne Schritte die sehr nützen und werde euch vor Fehltritt schützen Und wer nicht tanzen will am Schluss weiß noch nicht dass er tanzen muss Io conosco passi che sono molto utili  e che vi proteggeranno dai passi falsi  e chi alla fine non vuole ballare  non sa ancora che deve ballare (Amerika – […]

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Operaio contaminato dal plutonio a Casaccia: per i responsabili diventa garanzia di sicurezza.

Al centro nucleare della Casaccia alle porte di Roma un operaio è stato contaminato dal plutonio presente nel sito; a renderlo noto è stata l’Agenzia di stampa per l’energia e le infrastrutture (Ageei) lo scorso venerdì.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Contro lo sgombero della Casa Rossa Occupata

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’indizione per il corteo che si terrà a Massa questo sabato 7 dicembre contro il rischio sgombero dello spazio della Casa Rossa Occupata

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Sciopero generale: l’opposizione al governo Meloni si fa nelle piazze

Qualcosa oggi è successa. Lo sciopero lanciato da CGIL e UIL ha parzialmente travalicato gli apparati sindacali ed ha aperto uno spazio di partecipazione, ancora politicamente frammentata, nella contrapposizione al governo Meloni. A fronte dell’eterno Aventino delle opposizioni istituzionali parti di società hanno occupato le piazze e questa è una buona notizia. Ci saranno sviluppi […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Entra ufficialmente in vigore il cessate il fuoco tra Libano e Israele

Riprendiamo l’articolo di InfoPal: Beirut. Il cessate il fuoco israeliano con il Libano è entrato ufficialmente in vigore mercoledì alle 4:00 del mattino (ora locale). Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato martedì sera che il suo governo ha approvato un accordo di cessate il fuoco con Hezbollah in Libano, dopo settimane di colloqui […]

Immagine di copertina per il post
Formazione

Leonardo occupata: costruire una prassi per boicottare la guerra

L’Intifada ha annunciato sin dall’inizio dell’anno accademico l’intenzione di proseguire con l’azione di boicottaggio contro Israele e i suoi alleati.